domenica 23 gennaio 2011

Comunicato-stampa


28 GENNAIO SCIOPERO GENERALE
LAVORATORI E STUDENTI IN PIAZZA
SALERNO ore 9,30
da Piazza Ferrovia a Piazza Cavour (Palazzo di Provincia)

Il 28 gennaio, insieme ai metalmeccanici, sciopereranno e manifesteranno tutte le categorie del lavoro dipendente pubblico e privato (ad eccezione dei trasporti urbani che sciopereranno il 26) e nella scuola e nelle Università, oltre a docenti, Ata e personale amministrativo, bloccheranno le attività gli studenti protagonisti della rivolta anti-Gelmini dei mesi scorsi. I COBAS hanno infatti esteso a tutti i lavoratori/trici lo sciopero che la Fiom aveva indetto per i soli metalmeccanici e che aveva inutilmente cercato di far  generalizzare anche dalla Cgil, che si è seccamente rifiutata per timore dell’estensione della lotta contro l’arroganza padronale e governativa.
E’ uno sciopero contro quel potere economico che ha trascinato l'Italia nella più grave crisi del dopoguerra, e che, invece di pagare per la sua opera distruttiva, cerca di smantellare ciò che resta delle conquiste dei salariati/e e dei settori popolari; contro il governo Berlusconi che, aggravando le politiche liberiste del precedente governo Prodi, ha cancellato centinaia di migliaia di posti di lavoro nelle fabbriche e nelle strutture pubbliche (a partire dalla scuola: 140 mila posti in meno ed espulsione in massa dei precari), imposto catastrofiche "riforme" della scuola e dell'Università, nel Pubblico Impiego bloccato i contratti e con il decreto Brunetta sequestrata la contrattazione e i diritti lavorativi e sindacali; contro un padronato parassitario e reazionario, che, guidato dal capo-banda Fiat Marchionne, va all’assalto di ciò che resta dei diritti dei salariati.  
Il 28 gennaio, nello sciopero e nelle manifestazioni, facciamo convergere il più ampio fronte sociale per battere gli Accordi-Vergogna, il liberismo padronale e governativo, la precarizzazione dilagante; per smascherare la finta “opposizione” parlamentare e i sindacati collaborazionisti; per riconquistare i posti di lavoro, il reddito, le pensioni, l’istruzione e le altre strutture sociali pubbliche, i beni comuni, la democrazia  nei luoghi di lavoro e nella società.
LA CRISI SIA PAGATA DA CHI L’HA PROVOCATA
CONFEDERAZIONE COBAS
C.S.A Asilo Politico
Radio Vostok
Rete Studenti Salerno
Sinistra Critica Salerno
PCL Salerno

venerdì 21 gennaio 2011

Domenica 23 gennaio 2011



-------------------------------------------------------------------------------------------------

comunicato stampa
Il 27 gennaio 2011 avrà luogo presso il Tribunale di Salerno la terza udienza contro quattro giovani legati a Casa Pound Campania accusati per apologia di fascismo, discriminazione razziale, vilipendio ai partigianifurto e devastazione del C.S.A. Asilo Politico.

Ma chi sono questi personaggi?

Questi “bravi ragazzi” erano già noti per diverse bravate: aver effettuato in manifestazioni pubbliche il saluto romano; “aver festeggiato” il 25 aprile 2007 impiccando dei fantocci al balcone del palazzo dell’ex pretura di Cava con appesi al collo cartelli con scritte contro i partigiani (come facevano i nazisti); aver devastato nella notte tra il 12 e 13 giugno il centro sociale Asilo Politico di Salerno dando fuoco a mobili e suppellettili, manomettendo l’impianto idrico e provocando l’allagamento dei locali, inneggiando ai NAR ed abbandonandosi a scritte oltraggiose; aver detenuto striscioni con svastiche e croci celtiche, materiale di propaganda antisemita e armi bianche, manganelli e fionde.

Ma cos’è Casa Pound?Casa Pound Italia è un’associazione di promozione sociale registrata, presente ed operante in tutte le regioni d’Italia dal 2008. Si definiscono i fascisti del terzo Millennio. Si ispirano al poeta americano Ezra Pound, intellettuale amato dalla destra. Il valore delle sue poesie è universalmente riconosciuto e fa passare in secondo piano il suo ruolo alla corte di Mussolini fino agli ultimi giorni di Salò, in una militanza mai abiurata.
La chiave, la strategia di questa organizzazione è l’omissione, la mimeticità, l’ambiguità: contenuti sociali, tradizione e buoni propositi che convivono con ideali da trogloditi, esaltazione della razza e con un’esplicita attitudine allo scontro fisico.
Per definizione un’associazione di promozione sociale deve svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati. Non ci risulta che la devastazione sia un attività sociale!?!
La forma associativa, grazie anche all’intervento di partiti di destra al potere, permette loro di poter accedere (e “vincere”) ai vari bandi sociali e culturali di comuni, provincia e regioni. A Salerno infatti grazie a questa copertura si sono guadagnati una sede comunale (a Torrione) nel quale “erogano servizi alla cittadinanza”. L’ultima iniziativa in programma è un concerto di autofinanziamento per le spese processuali dei camerati per il  processo del 27.Autofinanziamento!?!
Dopo aver devastato, incendiato, rubato in un Centro Sociale AUTOGESTITO, che da sempre si è dimostrato nei fatti, e non a parole, al fianco del popolo dei senza diritti, impegnato nelle lotte per il lavoro, per il diritto allo studio, per il diritto alla salute, per la casa; che si regge sull’Autofinanziamento e sul reale impegno dei Compagni, senza l’aiuto di signorotti e di compromessi; che con le proprie iniziative ridà voce alla memoria storica, e non cerca di cancellarla e offenderla; questi quattro servetti hanno il coraggio di chiedere un aiuto economico a seguito dei loro reati? Cioè invece di risarcire chi i danni li ha subiti, premiamo chi li ha fatti?
In vista del 27 Gennaio, giornata della memoria, e data del processo contro quattro esponenti di Casa Pound, il c.s.a. Asilo Politico ospiterà sul proprio palco Luca Persico, in arte O’ Zulù. Sempre presente nelle lotte antifasciste, nel sociale e soprattutto nei movimenti, porterà il suo contributo sabato 22 gennaio alle ore 22.30. La serata sarà momento di riflessione ed analisi sulle nuove strategie di lotta e sulla memoria. Interverrà anche il comitato per lo sciopero generale, attivo nelle varie lotte sociali, riproponendo l’unità dei movimenti per il diritto al lavoro, per la scuola e l’università pubblica, per la difesa dell’ambiente e dei beni comuni, rilanciando anche lo sciopero generale del 28 gennaio. Molto importante sarà la giornata del 23 gennaio, nella quale il Comitato (C.S.A AsiloPolitico, Radio Vostok, C.S.A. Bastian Contrari, Collettivo no Pasaràn, PCL, Sinistra Critica) proporrà uno Spettacolo Teatrale su vecchi e (non) nuovi fascismi e in apertura un Seminario tenuto dal professore Alfonso Amendola (UNISA) ‘Pasolini e il Mezzogiorno’ presso il Centro polifunzionale il Girasole Via massimo d’Azeglio n°1 Quartiere S.Eustachio.

sabato 15 gennaio 2011

Coordinamento Sciopero Generale



Ecco anche le prox iniziative:

calendario iniziative coordinamento sciopero generale
15 gennaio festa Bastian Contrari.Raccolta adesioni Sciopero.Volantinaggio.
17 gennaio "la vampa" Bastian Contrari

18 gennaio volantinaggio a Cava e a Salerno.
19 gennaio volantinaggio università.
20 gennaio trasmissione Radio Vostok con operai Fiom
21 gennaio volantinaggio e adesioni per sciopero a Cava e a Salerno

22 gennaio serata con zulù ad asilo politico Più interventi dal Palco.
23 gennaio spettacolo teatrale 
24 gennaio volantinaggio e adesioni per sciopero a Cava e a Salerno
25 gennaio volantinaggio e adesioni per sciopero a Cava e a Salerno
26 gennaio volantinaggio e adesioni per sciopero a Cava e a Salerno
27 processo contro casa pound ore 10.30
28 sciopero a napoli.


martedì 11 gennaio 2011

Comunicato-stampa Cobas

CONVOCATO LO SCIOPERO GENERALE PER IL 28 GENNAIO

Il potere economico e politico liberista, che ha trascinato l'Italia e parte del mondo nella piu' grave crisi del dopoguerra, invece di pagare per la sua opera distruttiva, cerca di smantellare cio' che resta delle conquiste sociali, politiche e sindacali dei salariati/e e dei settori popolari. Nell'ultimo biennio il governo Berlusconi, sulla scia del centrosinistra prodiano, ha cancellato centinaia di migliaia di posti di lavoro nelle fabbriche e nelle strutture pubbliche (a partire dalla scuola: 140 mila posti in meno ed espulsione in massa dei precari), ingigantito il precariato lavorativo e di vita, imposto catastrofiche "riforme" della scuola e dell'Universita', nel Pubblico Impiego bloccato i contratti e con il decreto Brunetta sequestrata la contrattazione e i diritti lavorativi e sindacali, come fatto a livello generale con il "collegato lavoro". In parallelo, il capo-banda Fiat Marchionne guida l'assalto di un padronato parassitario e aggressivamente reazionario contro cio' che resta dei diritti degli operai, sperimentando alla Fiat la riduzione dei lavoratori/trici a "neo-schiavi" dell'arbitrio padronale. In queste settimane, pero', il movimento antiliberista ha rialzato la testa e, grazie al forte contributo del movimento studentesco, in rivolta contro le umilianti "riforme" Gelmini, sta delineando un potenziale fronte sociale unito antipadronale e antigovernativo. L'accordo fascistoide che Marchionne, con il sostegno del governo, della sedicente "opposizione" parlamentare (con il PD in prima fila) e dei sindacati collaborazionisti Cisl e Uil, vuole imporre a Mirafiori - dopo quello infame di Pomigliano - puo' essere la goccia che fa traboccare il vaso. I COBAS stanno lavorando perche' l'accordo ignobile venga respinto dal NO referendario dei lavoratori/trici Fiat, ma ritengono anche decisivo che venga esteso a tutti i lavoratori/trici lo sciopero che la Fiom ha indetto per i metalmccanici il 28 gennaio. La richiesta Fiom alla Cgil di convocazione di uno sciopero generale non verra' mai accolta, perche' la Cgil condivide le politiche liberiste, ha sottoscritto in questi anni ogni cedimento al padronato e ai governi, ed e' stata la principale responsabile, con Cisl e
Uil, della distruzione dei diritti sindacali e di sciopero, prima ai danni dei COBAS e del sindacalismo di base, poi di chiunque non accettasse le politiche concertative. 
SPETTA DUNQUE AI COBAS LA RESPONSABILITA' DI CONVOCARE PER IL 28 GENNAIO LO SCIOPERO GENERALE DI TUTTI I LAVORATORI/TRICI PUBBLICI E PRIVATI PER L'INTERA GIORNATA, rispondendo anche alle richieste di generalizzazione dello sciopero venute dal movimento degli studenti medi e universitari e da tante strutture del conflitto sociale, territoriale e ambientale. Mettiamo in campo il 28 il piu' ampio fronte sociale per battere l'arroganza padronale e governativa, smascherare la finta "opposizione" parlamentare e i sindacati collaborazionisti, per riconquistare i posti di lavoro, il reddito, le pensioni, le strutture sociali pubbliche, a partire da scuola, sanita', trasporti ed energia, i beni comuni (acqua in primis), i diritti politici, sociali e sindacali.
CHE LA CRISI SIA PAGATA DA CHI L'HA PROVOCATA

Piero Bernocchi
portavoce nazionale COBAS

mercoledì 5 gennaio 2011

Ben Ali trema!

| Ha tremato! E trema ancora se è vero che nei pressi della residenza presidenziale di Cartagine il dittatore Ben Ali ha fatto parcheggiare un jet pronto per un piano d'evacuazione.
La rivolta distende la sua durata, si dispiega in tutte le città e incalza il regime dopo 23 annidalla sua instaurazione. Anche in Tunisia, come dall'altra parte del Mar Mediterraneo, è la formazione in lotta ad avviare un processo di rifiuto e scontro sociale, ad emergere nella crisi come avanguardia sociale e luogo di convergenza per le tante lotte operaie che si susseguono frammentate quanto radicali e coraggiose ormai da decenni. 

Dopo il 17 dicembre, dopo che Mohamed Bouazizi, laureato e disoccupato, si è dato fuoco a Sidi Bouzid per protestare contro il sequestro del suo banchetto di frutta e verdura, la Tunisia è entrata in movimento ed è iniziata la rivolta. Dapprima circoscritta nella zona di Sidi Bouzid si è poi allargata in tutti i centri produttivi del paese magrebino ed ha poi raggiunto anche i paesi e le zone più periferiche, in un intreccio di solidarietà e lotta che vede fianco a fianco, studenti medi e universitari, professori delle superiori, operai, disoccupati, avvocati e sindacalisti di base nel non voler cedere alla violentissima repressione messa in atto dal regime. 

A sostenere le lotte e la mobilitazioni c'è l'intersezione, un'incidenza tra due spazi di organizzazione: le sedi sindacali e i social network, i blog.
Le prime, fin dal primo giorno di sollevamento a Sidi Bouzid, hanno visto le porte spalancate dai sindacalisti di base, che hanno trasformato le stanze del sindacato in luoghi dove far convergere i saperi, le passioni e le capacità delle soggettività emergenti. Gli studenti e i laureati disoccupati hanno così trovato un luogo dove connettere il rilancio politico della rivolta alle capacità maturate da tanti sindacalisti di base, e ai saperi di avvocati e professori degli istituti superiori che in gran numero hanno fin da subito scelto da che parte stare. Le sedi del sindacato sono divenuti quindi i luoghi delle assemblee durante i momenti di tregua, ma anche base e presidio sociale permanente da cui far partire i cortei e le iniziative in tutte le città della Tunisia. L'appello che gira ovunque per la rete è quello di andare davanti alle sedi del sindacato e attendere che il numero cresca per poi partire in corteo o realizzare l'iniziativa di protesta.
i social network riescono anche questa volta a dare continuità alla comunicazione tra le località e a denunciare la repressione del regime.
L'apparato statale di Ben Ali già nel mese di dicembre aveva messo sotto sorveglianza l'intera rete tunisina. Dopo l'esplosione del "Cable Gate" Wikileaks era stata oscurata e più in generale era stato inibito l'accesso a tutte le fonti di informazione che avevano ripreso i cable contraddistinti da toni apertamente critici nei confronti del regime nord-africano, e che dall'inizio della rivolta sono divenuti i referenti della comunicazione in rete dei rivoltosi.
Con l'acuirsi delle proteste di questi giorni la guerra in rete si è fatta immediatamente più intensa ed ha visto diverse impennate. Dal 30 dicembre le comunicazioni dei netizen tunisini (la cui comunità Facebook è la più estesa di tutto il nord-africa) vengono ostacolate da un sofisticato sistema di censura, (nome in codice "Ammar") in grado di impedire la diffusione di foto, video, parole chiave (come l'hashtag #sidibouzid utilizzato su Twitter) ed altri aggiornamenti in tempo reale nel resto del pianeta.
Nelle ultime ore però questo quadro è stato attraversato e scosso dall'iniziativa di Anonymous, l'organizzazione di hacktivisti che il mese scorso si era resa protagonista di attacchi su larga scala nei confronti di Mastercard, Visa, Paypal, Amazon e di tutte le altre imprese ed aziende che in seguito alle pressioni di Washington avevano di fatto contribuito al tentativo di isolamento internazionale di Wikileaks, tagliandone i canali finanziari e facendo venir meno la disponibilità ad ospitarne la piattaforma tecnica. Attraverso un breve comunicato, il cui sapore è quello di una chiamata alle armi, è stata lanciata l'operazione Tunisia (#OpTunisia). 
Senza mezzi termini gli hacker dell'ormai nota organizzazione hanno mandato un aut-aut al regime di polizia di Cartagine: fino a quando continuerà il blackout mediale che sta rendendo impossibile una copertura giornalistica delle proteste tunisine, tutte le organizzazioni responsabili di tale censura saranno oggetto di attacchi informatici
E la promessa è stata mantenuta: in poche ore, uno dopo l'altro, sono stati resi irraggiungibili diversi siti governativi. Ma se a dicembre Anonymous si era "limitata" a mettere in atto dei DDOS (ovvero operazioni volte ad impedire l'accesso ad un sito convogliando verso di esso un grande carico di informazioni in modo da renderlo inaccessibile), gli attacchi di questi giorni hanno segnato un salto di qualità. Il sito web di Mohamed Ghannouchi, il primo ministro tunisino è stato defacciato: nella home page ha campeggiato per diverse ore un messaggio dove veniva ribadito che "Operazione Tunisia" sarebbe continuata per tutto il tempo necessario. O almeno fino a quando il governo di Tunisi non si deciderà a togliere la cappa censoria che avvolge il sistema di comunicazioni internet del paese. 
Nei fatti anche questa operazione sta contribuendo a mutare i rapporti di forza tra piazza e regime visto che i social network e i blog continuano a pubblicare informazioni e a funzionare come strumenti per la promozione di iniziative, come il recente flash-mob organizzato nella capitale ha dimostrato, riuscendo a bloccare i treni e le linee metro che sono state occupate allungo dai manifestanti che hanno aderito all'iniziativa coinvolgendo anche tante altre persone che non avevano avuto modo di leggere la pagina evento costruita su facebook.

Sedi sindacali e rete sono quindi ad oggi i due spazi intersecati dell'organizzazione spontanea della rivolta tunisina che a fronte di una repressione incredibile continua a rilanciare in avanti il programma di rivendicazioni. Se all'inizio i contenuti della prima sommosse erano legate ad un piano rivendicativo interessato fondamentalmente a reclamare impiego per i diplomati e laureati disoccupati, con l'estendersi alle altre città della mobilitazione la piazza ha iniziato a reclamare e lottare desiderando e affermando la volontà di conquistarsi anche dell'altro: la libertà contro il regime, e una ridistribuzione generale della ricchezza contro la crisi. Questo passaggio formidabile quanto repentino del programma della rivolta da ragione della soggettività che sta guidando la mobilitazione: la formazione in lotta sta riuscendo a parlare a tutta la società e a coinvolgere nelle dimostrazioni di piazza tante altre lotte sia operaie che legate ai diritti civili che prima di fatto comunicavano poco tre loro e risentivano della frammentazione.

Grazie a queste giornate di rivolta i minatori di Gafsa (che diedero vita a una mobilitazione con tendenza insurrezionale nel 2008) oggi possono avare al proprio fianco decine e decine di avvocati in lotta per aprire spazi di diritto nel regime di polizia tunisino. Ma questo è solo un esempio di molto altri ambiti simili di reciprocità tra istante politiche e sociali che oggi convergono nelle piazze a partire dalle sedi sindacali e dai social net-work.

Lotta e organizzazione stanno permettendo quindi da più di 20 giorni di reggere un livello repressivo durissimo che si è scatenato oltre alla disinformazione e alla censura sui territori e sui corpi dei manifestanti. Fin da subito il regime ha impiegato tutta la sua violenza e brutalità per spegnere e bloccare la mobilitazione: la città di Sidi Bouzid è stata completamente chiusa e assediata da polizia ed esercito che anche in altre città ha sparato contro i manifestanti uccidendone due e ferendone a decine, sono state eseguite numerose perquisizioni nelle dimore di compagni e compagne, e gli arresti notturni e durante le manifestazioni hanno portato in carcere decine e decine di manifestanti. A questi eventi repressivi contro attivisti, sindacalisti e manifestanti si aggiungono poi le torture effettuate contro ragazzi anche minorenni (a Menzel Bouzayane è stato torturato anche un bambino di 14 anni durante un fermo di polizia), e sequestri e pestaggi di giornalisti e avvocati. Questi ultimi sia a Tunisi che in altre città non sono riusciti ad entrare nelle aule di tribunali perchè caricati dalla celere (come nella capitale), o pestati nei pressi delle aule da parte della polizia politica. Avvocati desaparecidos, pestati o sequestrati e poi abbandonati fuori città, giornalisti arrestati preventivamente o con le case circondate dalla polizia politica che sequestra computer, telecamere e cellulare. 

Tutta questa macchina repressiva questa volta non sembra intimidire il movimento, ma anzi come ha dichiarato un'avvocatessa sequestrata e poi liberata dopo alcuni giorni dalla polizia politica "Ben Ali ha capito che sta volta può avere i giorni contati, nel discorso fatto alla televisione dal dittatore per le prima volta abbiamo colto una prima paura, un primo cedimento". 

Ed ha ragione visto che durante la prima settimana media e comunicazione istituzionale semplicemente ignoravano le città in stato d'assedio, l'esercito che sparava sui manifestanti, i tentativi di suicidio dei disoccupati, insomma per i media ufficiale la mobilitazione non esisteva. 

Ma nella settimana successiva il regime ha dovuto fare un passo indietro fino al punto che Ben Ali durante un discorso alla nazione sui canali del regime ha ammesso che "sono in atto tentativi di strumentalizzazione di disagio sociale da parte di isolati gruppi di criminali, manipolatori e provocatori che vogliono dirottarlo verso malsane finalità politiche". Questa ammissione nel contesto del regime di polizia tunisino è il primo riconoscimento di una rivolta sociale in atto, dagli esiti per loro non più facilmente controllabili e che nello sciopero indetto per il 12 gennaio potrà trovare l'occasione per compiere ancora un passo in avanti.

Le giornate di conflitto sociale in Tunisia per la loro composizione, per la potenza che stanno esprimendo e la forza che stanno accumulando mostrano ancora una volta come il fuoco della conoscenza sia capace di puntare in alto nei territori della crisi ed aprire spazi di autonomia, divenire prima avanguardia sociale dove il lavoro del braccio e il lavoro del cervello si riconoscono come ambito comune e reciproco di lotte e liberazione dalla crisi e dalla sfruttamento. Dalle vecchie sedi sindacali si punta al governatorato, dalla rete si sfasciano i siti del regime, in entrambe spontaneamente ci si organizza: è questo intreccio un segno che anche oltre le frontiere della Fortezza Europa l'alternativa alla crisi, che è sempre e solo lotta e organizzazione costruisce un altro, nostro, mondo senza frontiere.

5 gennaio 1919 Rosa Luxemburg

Il 5 gennaio del 1919 le strade di Berlino furono invase dai manifestanti tedeschi in lotta contro la destituzione del prefetto socialista indipendente Eichorn da parte del governo socialdemocratico. A queste proteste parteciparono ampiamente i militanti del KPD (il partito comunista tedesco) caratterizzando in modo radicalmente diverso questa giornata di lotta e quelle a seguire.
Le mobilitazioni si trasformarono in una vera e propria insurrezione con l'occupazione delle più importanti sedi dei giornali berlinesi, il giorno seguente venne conquistata la Tipografia di Stato dove si stampava la cartamoneta e ci fu un tentativo di assalto armato al Ministero della Guerra. Presto però i compagni del KPD, si trovarono in difficoltà a causa dell'attacco da parte delle forze controrivoluzionarie alla sede del giornale Rote Fahne. Due giorni dopo fu distrutta la sede del partito comunista e gli operai armati furono costretti ad arrendersi in ogni quartiere di Berlino.
Immediatamente esplose la repressione da parte delle forze controrivoluzionarie e dei corpi franchi, corpi scelti dell'estrema destra tedesca (che in gran parte finiranno negli anni Trenta nelle bande hitleriane), che fucilarono senza processo centinaia di quadri comunisti.
Tra questi anche Karl Lieknecht e Rosa Luxemburg, fondatori dapprima della Spartakusbund, la Lega di Spartaco, organizzazione che aveva lo scopo di organizzare la lotta in nome dei principi dell'internazionalismo proletario e successivamente, all'inizio della Rivoluzione Russa, dopo aver consumato la rottura con i socialdemocratici, fondatori del KPD.
A seguito dell'insurrezione di Berlino, Luxemburg e Liebknecht e vennero catturati e condotti presso l'hotel Adlon di Berlino; dopo molti giorni di torture, il 15 gennaio furono scortati in stato di incoscienza fuori dall'edificio dai soldati tedeschi e trasferiti nelle campagne fuori Berlino. Rosa Luxemburg venne colpita con il calcio di un fucile, quindi finita con un colpo nel cranio, Karl Liebknecht ucciso con un colpo di pistola alla fronte, quindi vennero gettati in un fiume. I loro corpi vennero ritrovati solo alcuni mesi dopo; le autorità riuscirono a impedire che fossero sepolti a Berlino, per timore di manifestazioni e incidenti.
Pochi giorni prima di essere uccisa Rosa Luxemburg, consapevole del pericolo e considerato l'accanimento contro gli spartachisti, aveva spiegato, sulle colonne della Rote Fahne, il motivo di quella escalation: "oggi sono altri, quelli a cui giova la paura, il governo del terrore e l'anarchia: sono i signori borghesi che tremano per le loro ricchezze e per i loro privilegi per la proprietà e per il potere che ne ricavano".

I TRE "L" - LIEBKNECHT, LENIN, LUXEMBURG 
Di Danilo Montaldi
Liebknecht, Lenin e Rosa Luxemburg non furono mai, in nessun momento della loro vita, dalla parte di coloro che ingannano le masse proletarie con un a politica opportunista e di tradimento. Commemorarli nell'anniversario della loro morte è per noi una occasione che ci permette di ricordare a chi non sa, ma soprattutto a chi ha dimenticato ( perché è comodo dimenticare) quale fu il loro insegnamento, e come esso sia attuale.
La strada che essi ci indicano è la stessa che ha portato alla creazione del Partito Comunista a Livorno nel 1921, è la strada della vittoria delle armate del lavoro in Russia 1917, è la strada del marxismo rivoluzionario. Da questa strada noi non ci allontaniamo.
Mobilitato dopo il suo celebre discorso di denuncia al Reichstag il 2 dicembre 1914, Karl Liebknecht non aveva esitato a proseguire la sua lotta, e il 1 maggio 1916 sulla piazza Posdam aveva ammonito la classe operaia tedesca e, attraverso di essa, tutto il proletariato mondiale: "il nemico vero è all'interno del nostro Paese". Incarcerato per questa sua posizione classista, sarà l'insurrezione dei marinai del Baltico nel novembre 1918 che lo libererà dalla galera borghese.
Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg alla proclamazione della repubblica democratica intensificarono la loro attività rivoluzionaria che culminò nel 1919 con la creazione del Partito Comunista Tedesco.
Perché essi non caddero nell'abbaglio democratico teso alle masse.
"Masse compatte del popolo lavoratore investite tutto il potere politico in vista dei compiti della rivoluzione: questa è la dittatura del proletariato e nello stesso tempo la vera democrazia. Non è là dove gli schiavi salariati siedono "uguali" a fianco dei capitalisti, i proletari delle campagne a fianco dei signori per dibattere " i loro interessi comuni", secondo il sistema parlamentare,non è là, che la democrazia esiste, ma là dove le masse proletarie dai milioni di teste prendono esse stesse nelle loro mani callose il martello del potere per picchiarlo sulla nuca della classe dominante, sì. La vera democrazia è soltanto là. Il resto non è che inganno per il popolo."
Questi i chiari concetti che guidarono Liebknecht e Rosa nella loro lotta a fianco degli operai tedeschi finché la classe borghese con l'appoggio degli opportunisti - i nemici di sempre - non fermò la loro marcia nelle vie di Berlino il 15 gennaio 1919.
Uguale a loro per grandezza è stato soltanto Nicolaj Lenin, il Lenin della lotta contro i "liquidatori" legalitari, il Lenin che faceva schiumare di rabbia impotente tutti i padroni del capitale e i loro giornalisti e i loro servi. Quel Lenin che si è voluto imbalsamare in una piazza di Mosca dove la rivoluzione tornerà come sulle piazze di ogni altro Paese, sia esso democratico o fascista. Quel Lenin che conbtr tutti seppe affermare quale tragico inganno è in essenza la democrazia borghese, la sua legge e la sua Costituzione, e che scrisse nella storia gli insegnamenti prodigiosi dell'Ottobre Rosso in lettere infuocate.
Già prima della sua emancipazione totale il proletariato commemora i tre L in ogni fabbrica, in ogni luogo dove il lavoro umano viene umiliato e sfruttato, non sulle piazze nelle concioni ufficiali, ma continuandone l'opera rivoluzionaria nella lotta quotidiana.

yh

yh