martedì 28 settembre 2010

Nuovo Cinema Popolare

Un’interessante iniziativa si sta svolgendo alCentro Sociale Asilo Politico, una rassegna di rari e pregevoli lungometraggi animati con il titolo “Pellicole di carta”. Rari perché il cinema d’animazione nonostante abbia un seguito di ammiratori appassionati è stretto dalle manovre delle grandi major, in primo luogo da Disney e Pixar.
Pregevoli in quanto molto spesso questi capolavori ”minori” grazie ad un gruppo di grandi artigiani e soprattutto a sceneggiatori intelligenti toccano note di rara delicatezza. La rassegna, unica nel suo genere, è uno sguardo curioso ed “in progress” su un terreno affascinante quanto poco conosciuto, un sospiro di vita nella paludosa offerta cinematografica di questi anni. I film presentati appartengono alle principali scuole d’animazione, che inutile dirlo, sono il Giappone e la Francia.
I nomi più conosciuti sono quelli di Marjane Satrapi (Persepolis 25 settembre)Hayao Miyhazaki (Porco Rosso 21 ottobre), Satoschi Kon(Millennium Actress 4 novembre), Ari Folman (Valzer con Bashir 7 ottobre ore 20.30).
Si comincia sabato 25 settembre con lo straordinario Persepolis della regista e disegnatrice Franco – Iraniana Maryane Satrapi. Un film unico che ha riscosso successi in tutto il mondo, candidato all’oscar nel 2008, traccia il ritratto autobiografico di una giovane Marjane, che dalla ribelle e spensierata infanzia, conoscerà i divieti oltre che i soprusi della società Iraniana post rivoluzionaria, del regime Khomeinista e della guerra beffa tra Iran ed Iraq. Il racconto di una generazione attraverso una tecnica che mescola il bianco e nero, nei ricordi luminosi della piccola protagonista ai lampi colorati del presente, rosso e fumoso.

Gli appuntamenti successivi vedranno protagonisti gli autori più importanti della produzione giapponese, due maestri universalmente riconosciuti. Il primo Hayao Miyazaki è indiscutibilmente il più importante ed immaginifico regista della generazione che si è imposta alla fine degli anni settanta e che per quasi trent’anni ha presentato agli appassionati, personaggi di fama internazionale, primi fra tutti Lupin III ed Heidi. Il cinema di Miyhazaki è frutto di inquadrature sospese tra una rappresentazione realistica ed una narrazione che spesso acquisisce dinamica di sogno. Il regista giapponese è un poeta di segni, le delicate atmosfere che con il tratto ogni volta riesce a regalarci, sono un ricordo che conserviamo indelebile nella memoria di ognuno di noi.
Infine un omaggio al più controverso e geniale regista di animazione degli ultimi anni. Sarebbe inutile elencare la serie di film di successo che questo grande autore ci ha lasciato, voglio solo ricordare un intervento, all’indomani della morte del regista, da parte del direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Marco Mueller: “Satochi Kon ci ha lasciato. E’ stato uno degli inventori delle nuove immagini e delle nuove narrazioni, sempre imitato, mai superato”.
Filippo Trotta

mercoledì 22 settembre 2010

Nuovo Cinema Popolare

La crisi della scuola a Salerno

Salerno 16/09/2010
Manifestazione a Salerno dei precari, la minaccia: «Ci lasciano senza lavoro, siamo pronti a bloccare tutto»

La notizia peggiore arriva da Battipaglia: «Ci sostituiscono con personale del Comune». La novità è una bomba in piazza Vittorio Veneto al concentramento del corteo. A portarla è proprio una delle operatrici scolastiche che l’altro giorno hanno rifiutato la nomina a termine, in segno di solidarietà con i colleghi tagliati fuori.
Personale Ata ormai protagonista delle lotte per la scuola. «Questa idea del Comune di Battipaglia, potrebbe essere applicata dappertutto». È così che la prima forte azione di protesta – la rinuncia, il rifiuto dei posti di lavoro, atto eclatante di precari per eccellenza in un settore in cui il precariato la fa da padrone – diventa motivo di grave pentimento. Non solo.
Diventa ulteriore motivo di incertezza e impressione di ricatto subìto: «Non serviamo a nessuno, non facciamo paura a nessuno, perchè rinunciare?» si chiedono disorientati. Oggi l’azione di protesta dovrebbe essere reiterata. In 350 circa diranno «no» ad un posto di lavoro, seppure a termine, seppure solo una boccata d’ossigeno.
E alla fine sono le insegnanti, loro guida e loro riferimento in questi giorni come non mai, ad incoraggiarli. La battaglia è di vitale importanza: «Mai come in questo momento e proprio sui problemi degli operatori scolastici, è stato così evidente lo stato di abbandono in cui versa la scuola pubblica».

Proprio a Battipaglia, nella scuola materna di via Lazio, una sola bidella ha badato ieri a 225 bambini e all’igiene dell’istituto. Il problema si ripropone a via Stella. In media ci sono due bidelli ogni 200 alunni. Battipaglia è solo un caso emblematico. L’altro è Salerno. Oggi chiudono la materna di Fratte, quattro sezioni e 100 alunni, e quella di Matierno, tre sezioni e 70 alunni. Ma la situazione di disagio estremo riguarda tutta la provincia. Mario Montera, preside della scuola elementare più centrale della città capoluogo, la Giacinto Vicinanza, ha già chiesto un aiuto economico alle famiglie. Un atto responsabile. Perchè nelle scuole non si riesce a garantire neanche la fornitura della carta igienica, nè quella del sapone per far lavare le mani ai bambini prima della merenda e neanche quella dei detersivi che servono per tenere pulito l’istituto.
È in un contesto come questo che gli insegnanti e le loro nomine sono passati in secondo piano rispetto ai disagi del personale Ata. Perchè i collaboratori scolastici garantiscono ai bambini diritti ancora più elementari di quello allo studio: il diritto all’igiene e quello alla sicurezza e all’incolumità. In questo momento, nelle scuole, manca anche questo.
E’ su una battaglia così basilare ieri, durante il corteo che ha attraversato il centro della città di Salerno, passando anche per via dei Mercanti, si è innestata la guerra mai finita di altre realtà sociali in subbuglio. I disoccupati organizzati, per esempio.
Anche loro, quasi 400 persone che ormai da anni si appigliano ad un lumicino di speranza, un corso di formazione, per il quale vedono mettere firme e aumentare carteggi, sono arrivati in Prefettura sotto i loro striscioni e con i loro fischietti. Il loro coordinatore Franz Cittadino non ha avuto timore a dire: «Qui ci sono potenziali autolesionisti e possibili criminali. È una bomba a orologeria». E ancora, creste colorate e giubbini neri, hanno sfilato i giovani degli asili politici; bandiere rosse e conversazioni fitte, i rappresentanti delle sinistre; partecipazione a tutti i costi, anche gli ambulanti; militanza mai terminata, è passato il sessantottino Alfonso Natella.
La piega politica non poteva mancare e non è mancata. I tagli vengono dal governo di centro destra dopotutto. A piazza Portanova c’è stata una fermata d’obbligo sotto la sede di via di Port’Elina. Ma ce n’era pure per il Comune, che ha impedito il passaggio della manifestazione per il corso Garibaldi e costretto il corteo ad infilarsi nei vicoli del centro storico, fino al palazzo della Prefettura.
fonte il mattino di Salerno

martedì 14 settembre 2010

Confindustia chiede i danni per lo sciopero Fiom alla Sevel di Atessa !

ATESSA. Confindustria chiederà i danni alla Fiom per lo sciopero di otto ore indetto al sindacato alla Sevel di Atessa di oggi.

Nella lettera inviata ieri al sindacato da parte di Confindustria Chieti si parla di «motivazioni poste alla base dello sciopero con tutta evidenza pretestuose e comunque tali da dimostrare che non si è in presenza di un corretto esercizio dei diritti sindacali».

«Qualora lo sciopero non venga revocato», la Sevel si riserva «di agire nei vostri confronti per ottenere l'accertamento dell'illegittimità del vostro operato e la condanna dei responsabili al risarcimento danni».

Lo sciopero è stato annunciato giovedì scorso dopo la scelta di Federmeccanica «di cancellare il Contratto Nazionale di lavoro, in accordo con i sindacati minoritari ed impedendo alle lavoratrici ed ai lavoratori di potersi esprimere sul loro Contratto». Per la Fiom Cgil si tratta di una «violazione delle regole» e della «rottura dei principi democratici che risiedono alla base degli equilibri sociali». Per il sindacato, in pratica, l’unico Contratto in vigore rimane, «sotto ogni punto di vista, quello del 2008 firmato da tutti e votato dalle lavoratrici e i lavoratori». Bisognerà vedere adesso se i lavoratori andranno dritti per la loro strada o se le minacce di Confindustria avranno l'effetto contrario.

11/09/2010 10.33

Si rompono fusti tossici, 15 intossicati

Lavoravano a bonifica portacontainer a Genova

Si rompono fusti tossici, 15 intossicati (ANSA) - GENOVA, 13 SET - Quindici operai sono rimasti intossicati nella notte mentre stavano lavorando alla bonifica di una portacontainer nel porto di Genova. Sabato pomeriggio una nube tossica provocata dalla rottura di fusti chimici aveva causato malori tra equipaggio e portuali. Le esalazioni di cloro benzaldeide, sostanza che a contatto con l'acqua provoca una reazione tossica, hanno colpito gli operai, che hanno accusato irritazione agli occhi, rossore cutaneo e difficolta' respiratorie. Aperta inchiesta.



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Fusti tossici in porto. Salgono a 30 gli intossicati

Lavoravano alle operazioni di bonifica della portacontainer San Francisco Bridge dove sabato una nube tossica provocata dalla rottura di alcuni fusti chimici precipitati da un gru aveva causato una ventina di malori tra equipaggio e portuali. Il cloro benzaldeide, la sostanza corrosiva uscita dai fusti, a contatto con l'acqua provoca una reazione tossica. Gli operai hanno accusato irritazione agli occhi, rossore cutaneo e difficoltà respiratorie.

Altri quindici operai nella notte sono rimasti intossicati mentre stavano lavorando al Terminal Sech alle operazioni di bonifica della portacontainer San Francisco Bridge dove sabato pomeriggio una nube tossica provocata dalla rottura di alcuni fusti chimici precipitati da un gru aveva causato una ventina di malori tra equipaggio e portuali.

A sentirsi nuovamente male per le esalazioni di cloro benzaldeide, sostanza corrosiva che a contatto con l'acqua provoca una reazione tossica, sono stati nella stiva della nave gli operai di una ditta privata addetta alle operazioni di bonifica. In quindici hanno accusato irritazione agli occhi, rossore cutaneo e difficoltà respiratorie.

L'allarme è scattato intorno alle tre del mattino. Sul posto sono intervenuti i mezzi del 118, i vigili del fuoco del Nbcr e la capitaneria di Porto. I quindici operai sono stati trasportati nei pronto soccorso degli ospedali cittadini. Nessuno è in condizioni gravi.

Anche su questo secondo incidente è stata aperta un'inchiesta della Capitaneria di Porto per verificare se durante le operazioni di bonifica siano stati utilizzati i protocolli di sicurezza previsti.

Federmeccanica straccia il contratto

Autore:
battaglia comunista

Il mondo del lavoro salariato spinto nell’inferno del più feroce sfruttamento

Tutto era prevedibile. La crisi del settore metalmeccanico, all’interno della crisi dell’intero sistema capitalistico, alla ricerca del profitto perduto, sta imponendo l’unica legge possibile alla sopravvivenza del capitale: più sfruttamento per il mondo del lavoro, meno garanzie contrattuali e minori salari.

A dettare la linea è stata la Fiat di Marchionne con la vertenza di Pomigliano. O si accettano le condizioni imposte dalla necessità aziendali o si chiude per andare da qualsiasi altra parte. Niente investimenti, niente occupazione. O il proletariato metalmeccanico accetta di lavorare a salari e a condizioni lavorative di Serbia, Polonia ecc. oppure la produzione migra là dove il costo del lavoro è minore e le tutele sindacali sono nulle o quasi (per quanto siano già deboli in Italia).

Indicata la strada, peraltro scontata, la Federmeccanica ha seguito immediatamente l’esempio. La disdetta dell’accordo nazionale del 2008 è praticamente cosa fatta. L’obiettivo è quello di cancellare anche quelle poche (residue) garanzie sindacali per avere mano libera nei contratti settoriali dove i rapporti di forza tra l’impresa e i lavoratori sono ancora più a favore della prima. In concreto, occorre ripulire il campo da tutti quei vincoli giuridici e normativi che ostacolano la ripresa dei profitti aziendali, spogliando la forza lavoro di ogni garanzia a tutela del posto di lavoro: una sorta di “nuovo patto sociale” in cui la variabile lavoro sia alle assolute dipendenze del capitale.

Il che significa potenziamento della precarietà, salari più bassi, allungamento della giornata lavorativa, più mano libera nei licenziamenti, flessibilità dell’orario lavorativo a seconda delle esigenze produttive, rinuncia agli aumenti salariali e agganciamento del salario stesso alla produttività dell’azienda e, ciliegina sulla torta, giro di vite sul “diritto” di sciopero. Il tutto senza ostacoli di sorta perché il capitale ha bisogno, oltre al super sfruttamento della forza lavoro, del suo totale asservimento: oltre alla braccia, ne vuole l’anima.

All’interno di questo quadro, letteralmente devastante per i lavoratori, i sindacati hanno, come al solito, dato prova del loro senso di responsabilità, ovviamente a favore del capitale, accettando le necessità imposte dalla crisi, facendosi paladini della linea Marchionne-Confindustria-Federmeccanica, quale unica strada possibile da percorrere. L’unica voce fuori dal coro è quella della Cgil-Fiom. “Bene, almeno qualcuno si oppone”. Nemmeno per idea. Epifani e company ciurlano ancora una volta nel manico per non perdere del tutto quella poca credibilità che ancora hanno all’interno del mondo del lavoro. Al dunque, la loro strategia è quella di non toccare il contratto nazionale, di non concedere le trattative di settore ma di trattare le eventuali deroghe ai contratti all’interno di quello nazionale. In altri termini Cgil e Fiom sono disponibili all’ennesima politica dei sacrifici, imposta dalla crisi, senza toccare il contratto nazionale ma trovando al suo interno tutte le soluzioni (deroghe) funzionali alle necessità volute dal capitale. È come pretendere di salvare la forma (faccia) dell’involucro, acconsentendo però a modificarne completamente il contenuto.

Intanto, e questo è l’aspetto più preoccupante, le sirene della lotta di classe tacciono o suonano sommessamente. Ma il peggio sta arrivando proprio adesso. I morsi feroci della crisi devono ancora affondare più profondante nelle carni dei lavoratori, metalmeccanici e non. La via della ripresa economica, se e quando ci sarà, si proporrà come il solito contenitore di lacrime e sangue sotto forma di disoccupazione, di maggiore sfruttamento per chi ha la “fortuna” di avere un posto di lavoro anche se precario, di pensioni che si allontanano, di giovani che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro. Solo questo può dare il capitalismo. Prima la crisi con le sue devastazioni sociali fatte di fame e miseria per milioni di proletari, poi i tentativi di ripresa del sistema economico capitalistico, che, per essere efficaci, devono ulteriormente mettere il mondo del lavoro nell’inferno del più feroce sfruttamento, riducendo al minimo — o spazzando via — le già precarie barriere difensive, usando i sindacati come strumento di condizionamento borghese in campo proletario, mettendo i lavoratori gli uni contro gli altri. I precari contro i garantiti, i disoccupati contro gli interinali, i giovani contro gli anziani, quelli nazionali contro gli stranieri, facendo della guerra tra i poveri il terreno di coltura dei germogli di una nuovo modello di sviluppo che, per i Marchionne e i dirigenti di Federmeccanica di turno, sarebbe sinonimo di progresso economico e sviluppo sociale.

Le sirene della lotta di classe non si odono ancora, ma quando torneranno a far sentire la loro voce,occorre che l’avanguardia politica abbia la forza di inserire all’interno delle sacrosante rivendicazioni economiche, un rinnovato senso dell’alternativa sociale. A questa società capitalista non solo non bisogna concedere le opportunità di scaricare il peso della crisi sulle spalle di chi lavora, ma occorre iniziare il cammino rivoluzionario verso la costruzione di una società basata su di un nuovo modo di produrre e distribuire ricchezza sociale. Non più basata, come nel capitalismo, sul profitto, sull’iniquo rapporto tra capitale lavoro, ma sulle necessità sociali, di chi lavora e produce. Una alternativa sociale, il comunismo, che riprenda l’esperienza della rivoluzione d’Ottobre depurandola dalla feroce dittatura dello stalinismo, che, una volta eliminata l’opposizione di classe, ha contrabbandato il capitalismo di Stato per comunismo.

FD

Volantino 16 settembre

MANIFESTAZIONE PROVINCIALE
GIOVEDI’ 16 SETTEMBRE  ORE 17,00
SALERNO – piazza FERROVIA
 
Per la Scuola pubblica e i Beni Comuni
Contro
la  precarietà  e la disoccupazione
lo sfruttamento del lavoro e dell’ambiente
le privatizzazioni dei servizi pubblici 

 
I precari della Scuola in lotta contro lo smantellamento della Scuola pubblica e il licenziamento di massa di docenti e Ata, insieme ad ampi settori della società stanno duramente pagando la crisi economica in atto.
In Italia, come negli altri paesi europei, i debiti e le passività delle banche e del mondo finanziario sono stati accollati alle popolazioni progressivamente impoverite e private dei diritti fondamentali. Il governo italiano, in particolare, sotto la guida dell’asse Tremonti-Bossi sta prelevando soprattutto dai fondi delle regioni meridionali; la Campania, a partire dai tagli alla Scuola, risulta la prima della lista.
Solo una forte e composita opposizione sociale può fermare  il saccheggio materiale e culturale dei nostri territori e licenziare questa classe politica incapace, avida e corrotta.
L’appello/invito alla mobilitazione è rivolto a tutte le realtà in lotta, ai movimenti che dal basso si stanno impegnando  nella difesa dell’ambiente e contro le privatizzazioni, alle singole persone, a chi vuole dare il proprio sostegno per cambiare il terrificante presente e ridare il futuro alle prossime generazioni.
 
Comitato insegnanti e ata precari Salerno
Cobas Scuola Salerno

Prime adesioni:
Bottega del commercio equo “Tutta n’ata storia” Nocera Inferiore
Coordinamento Operatori Piani Sociali di Zona reg.ne Campania
C.s.a. “Asilo Politico” Salerno
Movimento di lotta dei corsisti “Progetto conoscenza e lavoro”
PdAC Salerno
Rete studenti Salerno
RSU Cobas Comune di Salerno
SEL Circolo Salerno Centro
USB precari e disoccupati Salerno

Il Ministro Roberto Maroni attacca i centri sociali "sono professionisti della violenza”

il Capo del Viminale ha alzato il tiro annunciando che già da domani "farò delle riunioni per affrontare la situazione". Perché il rischio è "tornare agli anni 70"

“I giovani dei centri sociali non sono affatto giovani, sono professionisti della violenza”. Il colpo è stato menato direttamente dal ministro dell’Interno durante il suo intervento alla festa dei Popoli padani. “Dobbiamo fermare questa deriva – ha proseguito – , sono preoccupato, voglio evitare che finisca come negli anni ’70 quando la situazione si trasformò in terrorismo”. Dopodiché ha annunciato che “già la prossima settimana farò delle riunioni per affrontare la situazione”.

Ieri, durante l’anniversario dell’11 settembre, Roberto Maroni aveva rilanciato l’allarme terrorismo. “Il rischio di episodi di terrorismo come quello delle Torri gemelle è molto alto. La Francia ha innalzato il livello di sicurezza, noi abbiamo la più alta attenzione nei confronti di questo rischio che aleggia sempre e siamo sempre vigili per scongiurare situazioni che abbiamo già vissuto in questi anni”.

Sulla stessa linea, il collega di partito e di governo, il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli. “Siamo in buone mani, grazie al ministro Roberto Maroni che ha già fatto tanto impedendo nuovi ingressi di clandestini, chiudendo tanti campi nomadi abusivi, rimpatriando quegli ospiti indesiderati per motivi di sicurezza e chiudendo quei centri che, in nome di una religione, propagandavano invece il terrorismo”

fonte: Il Fatto Quotidiano)

CIE di Gradisca: nuova rivolta

Lunedì 13 settembre. Intorno alle 18 partono le telefonate da dentro il CIE: è scoppiata un'ennesima rivolta.

Tutto comincia con uno sciopero della fame. Nulla che i gestori del lager non sapessero: erano giorni che i reclusi protestavano perché, dopo le sommosse e le fughe dell’estate, era scattata la punizione collettiva. Chiusi in cella senza poter uscire all’aria, se non per un’ora al giorno.

La risposta è immediata e durissima. Una ventina di poliziotti in assetto antisommossa entra nella sezione intimando di smettere lo sciopero. Il tutto condito con un po’ di manganellate distribuite nella camerata ribelle.

È la scintilla per la rivolta: materassi e lenzuola vanno a fuoco. Gli immigrati telefonano agli antirazzisti della regione per avere sostegno e far sapere quello che accade.

In sottofondo alle chiamate le urla dei detenuti, ancora rinchiusi nella camerata. Il fumo riempie la stanza: gli immigrati non riescono a respirare, ma nemmeno questo basta. Le porte restano serrate. Nessuna pietà per chi non china il capo.

Parte rapido il tam tam antirazzista: le radio di movimento mandano in diretta la voce dei ribelli intrappolati, vengono contattati i giornalisti e i compagni più vicini.

Un consigliere regionale di Rifondazione chiama il questore per informarlo che ormai quello che sta succedendo al CIE è trapelato all’esterno.

La Prefettura di Gorizia – secondo quanto riferisce l’Ansa – diffonde prontamente una diversa versione dei fatti. L’incendio all’interno del CIE sarebbe stato appiccato per coprire il tentativo di fuga di una ventina di altri reclusi, sventato dall’intervento delle forze dell’ordine.

Un paio di attivisti vanno davanti al CIE. Purtroppo, come sempre, da fuori non si vede e sente nulla. Nemmeno il fumo, perché gli incendi nel frattempo erano stati spenti. All'interno delle celle l'aria resta irrespirabile e la situazione è molto tesa.

Forse – ma la notizia non è confermata - in tarda serata un numero imprecisato di reclusi viene portato in ospedale per un principio di soffocamento.

A breve nuovi aggiornamenti.

(da una corrispondenza di un compagno triestino)

lunedì 13 settembre 2010

Italia . I disoccupati italiani insieme a quelli inglesi sono quelli trattati peggio in tutta Europa (13 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org

"I disoccupati italiani sono tra i meno aiutati d'Europa.

L'Italia spende per loro 'solo' lo 0,5% del Pil, la cifra più bassa rispetto agli altri Paesi dell'area euro".

La denuncia viene dal segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi, che, con l'Ufficio studi, ha messo a confronto la spesa nel 2008 sostenuta dai principali Paesi Ue a sostegno dei senza lavoro. "Il risultato è sconsolante", sottolinea l'associazione. Contemporaneamente, riferisce la Cgil, sono circa 650mila i lavoratori coinvolti nei processi di cassa integrazione da inizio anno, con riflessi pesanti in busta paga pari a una taglio netto del reddito per oltre 3,1 miliardi di euro, più di 4900 euro per ogni singolo lavoratore. Nel 2008 le risorse messe a disposizione per il milione e 690 mila disoccupati italiani, hanno toccato lo 0,5% del Pil. Niente a che vedere con le risorse messe in campo dalla Germania (2,2% del Pil per sostenere i 3 milioni 141 mila senza lavoro), dalla Spagna (2,1% del Pil a favore dei 2 milioni e 591 disoccupati) e dalla Francia (1,6% del Pil per proteggere i 2 milioni e 235 mila disoccupati).

Solo i disoccupati britannici stanno peggio dei nostri: nel 2008 hanno ricevuto una spesa complessiva pari allo 0,3% del Pil.

www.contropiano.org

Italia . Strage di lavoratori ancora dentro una cisterna killer (13 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org

Tragedia del lavoro a Capua, in provincia di Caserta: tre operai sono morti all'interno di un silos della ditta farmaceutica Dsm mentre stavano eseguendo lavori di manutenzione. Le vittime si chiamavano Antonio Di Matteo, 63 anni, originario di Macerata Campania, Giuseppe Cecere, 50 anni, originario di San Prisco, Comuni del casertano, e Vincenzo Russo, 4 anni, originario di Casoria in provincia di Napoli. La morte è avvenuta per asfissia, questa è l'unica certezza che, per il momento, è stata avanzata dagli investigatori che stanno lavorando per risalire alle cause dell'incidente sul lavoro. Secondo quanto confermato dai vigili del fuoco di Caserta quando i tre corpi sono stati estratti dalla cisterna il loro aspetto era cianotico, testimonianza che erano privi di ossigeno. I corpi senza vita erano distanti tra loro: due sono stati, infatti, rinvenuti quasi in superficie mentre il terzo era nel fondo del silos alto circa 12 metri.

Per estrarre il cadavere, infatti, è stato necessario che i vigili del fuoco si calassero con particolari attrezzature all'interno della cisterna. Il pm ha disposto il sequestro dell'impianto che era fermo da più di un mese.

COMUNICATO STAMPA RETE NO PONTE

L’INSORGENZA PRECARIA INVADE LO STRETTO. ABBIAMO BISOGNO DELLA SCUOLA PUBBLICA NON DEL PONTE SULLO STRETTO

Un corteo incontenibile di migliaia di persone ha percorso le strade di Messina (e la stessa cosa è avvenuta sulla sponda calabrese dello Stretto) in difesa del lavoro e della scuola pubblica. L’obbiettivo era fare della giornata di oggi un evento simbolo della lotta dei precari e così è stato. Il tentativo di confinare la protesta dentro il perimetro di Piazza Cairoli si è liquefatto rapidamente, scavalcato dalla giusta rabbia di chi vede in pericolo il diritto ad un’esistenza dignitosa.

Noi avevamo detto che saremmo stati in mezzo al corteo e l’abbiamo fatto. Non per solidarietà ma perché la lotta dei precari è la nostra lotta.

La lotta contro il Ponte sullo Stretto si vince se viene modificata la gestione delle risorse pubbliche.

Scuole, acqua, trasporti pubblici, sicurezza dei territori: è su questi beni comuni che vanno trasferiti i finanziamenti destinati alle grandi opere inutili come il Ponte.

In serata è giunta notizia che sono state emesse decine di denunce per i manifestanti.

In mattinata le manganellate, in serata le denunce.

Se questo è un tentativo di fermare il movimento, noi rispondiamo che non abbiamo paura.

RETE NO PONTE

domenica 12 settembre 2010

FPLP: I negoziati diretti sono una pericolosa conseguenza di Oslo


 
Il PFLP ha rilasciato una dichiarazione il 1 settembre 2010, dicendo che i negoziati diretti che stanno avnedo luogo a Washington, DC sono un flagrante tradimento degli interessi nazionali palestinesi e richiamano tutti gli individui, le forze e le istituzioni a prendersi le prorpie responsabilità nel combattere qualsiasi tentativo di menomare i diritti del popolo palestinese o legare la causa palestinese a una direzione di negoziati illegittimi che costituiscono una copertura per i crimini dell'occupante. 

In un comunicato rilasciato dall'Ufficio Politico del Fronte, si afferma che"l'incontro e la cena di gala alla Casa Bianca che lancia i negoziati bilaterali diretti riporta alla mente lo stesso prato della Casa Bianca il 13 settembre 1993 quando furono firmati gli accordi di Oslo, con soltanto un cambio degli attori e delle comparse che li circondavano."Gli accordi di Oslo, ha detto il Fronte, hanno finito per essere un disastro per il popolo palestinese e questi negoziati pongono la stessa minaccia. 

Il comunicato ha sottolineato che i negoziati stanno avendo luogo alle condizioni e obiettivi degli israeliani e degli statunitensi, non soggetti a nessuna precondizione e con nessun riferimento o struttura internazionale o legittimante, incluse le fondamentali risoluzioni delle Nazioni Unite sulla Palestina che hanno riconosciuto il bisogno dell'indipendenza, autodeterminazione e diritto al ritorno dei profughi della Palestina 

Il comunicato dle Fronte ha anche confermato la fedeltà ai diritit nazionali palestinese- il diritto a resistere, a porre fine all'occupazione e agli insediamenti, alla libertà dei prigionieri, all'indipendenza e al ritorno- e ammonendo contro la minaccia alla democrazia palestinese rappresentata dalla repressione all'opposizione ai negoziati e dal comportamento delle forze di sicurezza dell'Autorità nazionale palestinese. Ha sottolineato che questi negoziati giocano con il sacrificio del nostro popolo- i martiri, i feriti, e i prigionieri- e sacrificano i diritti del nostro popolo, la sicurezza dell'intera regione e la solidarietà internazionale con la nostra causa all'altare dell'illusione e dei biechi interessi egoistici fidandosi della false promesee e le assicurazioni del governo statunitense. 

Il comunicato del Fronte si è concluso con un appello al popolo palestinese ovunque esso sia, alla nazione araba, e a tutte le forze progressiste internazionali a mobilitarsi e a sfidare i piani e le condizioni israelo-statunitensi, sconfiggere questi negoziati e sostenere la resitenza, l'unità e la fermezza palestinesi come la scelta democratica del popolo palestinese per liberare la propria terra e riprendersi i diritti negati alla libertà, indipendenza e ritorno. 

Il compagno Jamil Mizher, membro del comitato centrale del PFLP, ha detto alla TV Al-Alam che questi negoziati sono "un profitto netto per l'occupante" dato che sia Israele che gli Stati Uniti si uniranno "per minacciare il lato palestinese a fare concessioni su Gerusalemme, i nostri confini e il diritto dei profughi al ritorno oltre al fatto che rifiutano di porre fine alla costruzione di insediamenti e rigetano tutte le leggi e le risoluzioni internazionali. Inoltre, ha detto Mizher, "questi negoziati aiutano a rompere lisolamento dell'occupante e minano gli sforzi internazionali di isolare l'occupante, particolarmente gli sforzi per portare i leader dello stato occupante ad un processo per crimini di guerra presso una corte internazionale".

NoTav: 6000 resistenti fanno "prove tecniche"

Amministratori e movimento di nuovo insieme. Il 25 marcia Rivoli-Rivalta.
Il prossimo 9 ottobre nuova manifestazione da Vaie a chiusa.


Chiomonte (Alta Val Susa) - E' stato di nuovo un sabato di grandi occasioni, quello di ieri, un undici settembre particolare quello valsusino. 6000 persone, valligiani e non, tutti rigorosamente No Tav, hanno coperto la distanza che separa il comune di Chiomonte da quello di Giaglione, lungo il cammino delle Gorge.

Il significato della marcia
: scoprire e indicare i terreni in cui si svolgerà la 
madre di tutte le battaglie del popolo No Tav, l'opposizione contro la costruzione del "tunnel di base", sventata nel 2005 a Venaus, ora riproponentesi ora in località Maddalena.
Durante la marcia sono stati illustrati i luoghi in cui andranno a costruirsi i nuovi presidi del popolo no Tav, nel cuore delle Gorge, di fronte ai nuovi ipotizzati cantieri, dove il movimento ha comprato negli scorsi anni "posti in prima fila" , mettendovi radici.


Il dato politico più importante
 della giornata, oltre ad una partecipazione come sempre generosissima (uomini , donne, anziani, bambini e delegazioni di compagni di strada che giungono anche da molto lontano), è la ritrovata unione tra sindaci, amministratori e movimento no tav.
Una quindicina di fasce tricolori aprivano il corteo portando lo striscione "Amministratori Valle Susa", conseguenza delle decisioni prese durante una riunione avvenuta martedì scorso in cui la maggioranza degli amministratori ha optato per una più decisa presenza al fianco del movimento, contro i nuovi piani di realizzazione della grande opera, "più costosa, inutile e impattante che nei progetti precedenti".

Per il prossimo 
9 ottobre, su loro iniziativa, amministratori e sindaci, hanno indetto una nuova marcia che da Vaie muoverà verso Chusa San Michele. Il movimento ha aderito e costruirà capillarmente la manifestazione. Aderisce all'iniziativa e appoggia il nuovo corso della Comunità Montana (come sempre, senza alcuna delega in bianco, nella reciproca autonomia di posizioni).

Un'altra occasione di mobilitazione sarà anche quella di 
sabato 25 settembre, con unamanifestazione da Rivalta a Rivoli, sul percorso della linea progettata per la Gronda Ovest di Torino.

Da ieri e guardando in avanti alle prossime settimane, come si può ben vedere, il movimento No tav è in ottima forma e ha già i programma una fitta serie di iniziative in calendario, aspettando la variabile dei numerosi sondaggi ancora da fare in numerosi siti di montagna, rimasti incompiuti dall'inverno-primavera scorsi per la decisa opposizione popolare.

Ancora una volta, a sarà düra... per loro!

Brindisi: il carcere esplode, dal 15 settembre i detenuti inizieranno la protesta

Scrivono ancora, stavolta sono tutti compatti perché le precedenti lamentele non sono state ascoltate. E impongono un ultimatum, una data neppure troppo lontana. Se non verranno presi in considerazione entro il 15 settembre scorso faranno sciopero. Sono i detenuti della casa circondariale di Brindisi che avevano già denunciato il sovraffollamento delle celle e che tornano a battere il pugno, all’unanimità, con una lettera indirizzata a Senza Colonne, agli esponenti politici che più hanno a cuore la condizione dei carcerati, quelli di fede radicale e all’associazione Nessuno tocchi Caino.
“Scrivo a nome di tutta la Casa Circondariale di Brindisi - si legge nella missiva - e con la medesima intendo farvi sapere le nostre condizioni inerenti al regime carcerario e inoltre a cosa siamo disposti a fare se, entro e non oltre il 15 settembre 2010, non verrà applicata alcuna legge che risolva in maniera celere il problema del sovraffollamento delle carceri italiane”. 
Ma i problemi dell’intero Paese affliggono anche coloro che sono reclusi in via Appia: “Parliamo ora - proseguono - delle problematiche che impegnano la casa circondariale di Brindisi. Le assidue “conte”, ossia il controllo dei detenuti cella per cella, in vari orari della giornata, che d’altronde nessuno rispetta e a causa di ciò, delle volte veniamo sorpresi senza la maglia e quindi sottoposti a provvedimenti disciplinari, poiché al momento del controllo bisogna farsi trovare in piedi e vestiti”.

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Napoli: inferno Poggioreale; nove detenuti in celle di 18 metri quadri, tre morti in pochi giorni
La Repubblica, 12 settembre 2010

L’ennesima morte nel carcere di Poggioreale ha riportato l’attenzione sul caso del sovraffollamento degli istituti penitenziari. Situazione particolarmente esplosiva quella del carcere napoletano dove attualmente sono presenti 2.602 detenuti a fronte di una capienza di 1.658 posti. Ma anche nel resto della regione le cose non vanno meglio: basti pensare che ci sono 7.613 reclusi quando la capienza massima prevista è di 5.506 posti. Secondo i dati dell’Osservatorio sulla condizione della detenzione di Antigone questo è il nono decesso registrato nel 2010, il terzo a Poggioreale. Proprio nel carcere partenopeo le condizioni di vita sono particolarmente dure con anche nove detenuti costretti a convivere in una cella di 18 metri quadrati. Negli ultimi 18 mesi, in Campania, si sono registrati 25 morti. Associazioni e sindacati chiedono al ministro Alfano di intervenire.
Forse è stato un suicidio, forse voleva solo stordirsi usando il gas di una bomboletta come stupefacente. Il dato sicuro è che quella di Francesco Consolo è la terza morte avvenuta in pochi giorni nell’inferno chiamato Poggioreale.
Il fatto è accaduto mercoledì sera ma si è venuto a sapere soltanto ieri mattina. L’uomo, 34 anni, in attesa dell’appello dopo aver subito una condanna per furto, è stato trovato senza vita nella sezione “Roma”, quella che ospita tossicodipendenti e omosessuali, con un sacchetto di plastica vicino al volto e con accanto la bomboletta di gas data in dotazione ai detenuti per cucinarsi in cella. Sarebbe caduto dalla brandina dopo aver aspirato la sostanza da un sacchetto di carta. Morto per aver preso quella sorta di “droga dei poveri”, molto usata nelle carceri dei italiane.
La tragedia di Consolo, che era stato trasferito a Napoli da poco, riaccende le polemiche sul sovraffollamento dell’istituto partenopeo. “Bisogna evitare di archiviare queste morti con superficialità, ma comprenderne le cause. Solo il 24 agosto scorso nello stesso reparto Roma era deceduto Luigi Scotti, di 32 anni”, affermano Dario Stefano Dell’Aquila, portavoce dell’Associazione Antigone, e Samuele Ciambriello, presidente dell’associazione La Mansarda. Durissima anche la presa di posizione dei sindacati della polizia penitenziaria:
“Nelle carceri - accusa Pasquale Montesano, segretario regionale dell’Osapp - ci sono disperazione, poca sicurezza e un vergognoso sovraffollamento. Riteniamo responsabile di questo sfascio il governo e il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che continua non voler affrontare realmente il problema”. Dello stesso tenore le parole di Emilio Fattorelli, Sappe: “Siamo testimoni di un’illegalità quotidiana che si consuma sulla pelle dei detenuti ma anche degli agenti. Abbiamo più volte sollecitato l’amministrazione penitenziaria affinché vietasse l’uso delle bombolette da cucina, ma i nostri appelli cadono nel vuoto”. Della vicenda si occupa anche il consigliere regionale del Pd, Corrado Gabriele: “Il governo continua a non intervenire con atti concreti per migliorare le condizioni disumane dei reclusi”.



Solidarietà all'ANPI di Santarcangelo

Non ci stupiamo dell'esistenza di gruppi o persone che si rifanno alle più becere e idiote ideolgie dello scorso millennio, e per questo vogliamo esprimere la nostra vicinanza e solidarietà all'ANPI di Santarcangelo che ha subito la scorsa notte un provocazine e insulto vedendosi affissa sulla propria sede una bandiera che rappresenta la morte, gli anni più bui della nostra storia.

Da alcuni anni in questo territorio i muri parlano da sé e, di fatti di cronaca dagli arresti per gli attentati di Forza Nuova alle minacce di morte all'ass. No Border, ne siamo ormai tutti a conoscenza.

Non ci lasciamo intimorire, e non facciamo finta che non sia successo niente, sempre attenti oggi, che l'antifascismo lo si manifesta tutti i giorni a fronte di leggi che isolano ed escludono i migranti, a fronte di schiavitù e sfruttamento nel lavoro stagionale, a fronte di quella sub-cultura che passa attraverso pubblicità e vendita di gadget soprattutto nella nostra riviera.

Il 24 settembre saremo in piazza con voi per esprimervi solidarietà concreta, per testimoniare che non abbiamo paura e che amiamo la vita.

Antifascisti sempre!

I compagni e le compagne del Laboratorio PaZ Project
http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Solidarieta-allANPI-di-Santarcangelo/5708

venerdì 10 settembre 2010

Presentazione del libro: "Una storia quasi soltanto mia" di Licia Pinelli e Piero Scaramucci, Feltrinelli.

Ospiti: Dario Fo, Carlo Ghezzi, Marino Livolsi, Bruno Manghi, Elena Paciotti, Franca Rame, Onorio Rosati, Piero Scaramucci, Carlo Smuraglia, Ferrucio Capelli, e le figlie Claudia e Silvia Pinelli Visita il sito: www.casadellacultura.it

Lingua: italiano tutti i video sono presenti grazie a Arcoiris TV

Federico Aldrovandi: "vittime delle forze dell'ordine", le famiglie danno vita a un'associazione

Sarà presentata ufficialmente il 25 settembre a Ferrara, nel quinto anniversario della morte di Federico Aldrovandi. La madre, Patrizia Moretti: "Un modo per unire le nostre voci e avere più forza. Lavoreremo perché non accada più".
"Continuare a parlarne è la forma più duratura di giustizia". Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi ucciso il 25 settembre 2005 da 4 poliziotti, ha ancora voglia di far sentire la sua voce. Ma perché abbia più forza l'ha unita a quella delle famiglie Bianzino, Cucchi, Giuliani, Sandri e Uva. Nel quinto anniversario della morte di Federico, a Ferrara, verrà presentata l'associazione famiglie delle vittime delle forze dell'ordine. Quel giorno sarà anche la prima nazionale del documentario di Filippo Vendemmiati sul caso Aldrovandi.
"Sarà un'associazione aperta - racconta Patrizia Moretti - che nasce con due obiettivi: lavorare perché nessuno debba più vivere ciò che è accaduto a noi e ricucire il rapporto con le istituzioni". La madre di Federico tiene infatti a ricordare come, in questi anni, non abbia mai generalizzato le accuse, ma abbia sempre distinto i colpevoli dalle persone oneste. "Ho accusato di omicidio i 4 agenti condannati nel 2009 - precisa - e di depistaggio e falso i loro colleghi che hanno cercato di nascondere quanto era accaduto, mai la polizia nel suo complesso".
Quello del poliziotto è un mestiere delicato, "che va fatto con coscienza". È per questo che la madre di Federico sostiene l'importanza di una selezione sugli ingressi e della formazione. E parla della necessità di poter identificare gli agenti, cosa che oggi non è possibile. La strada da fare è ancora lunga, ma lei non si tira indietro ed è convinta che ognuno nel suo piccolo possa fare qualcosa. "Non credo che la gente voglia una polizia di cui avere paura - afferma -. Anche per questo la legge deve essere uguale per tutti. Oggi, purtroppo, non è così".
La notizia della decisione di costituirsi in associazione arriva a pochi giorni dall'anteprima veneziana del documentario "È stato morto un ragazzo" (8 settembre nelle Giornate degli autori). "Il titolo è una sgrammaticatura, ma riflette la realtà. Abbiamo lottato a lungo contro le versioni ufficiali che via via ci venivano raccontate - racconta Patrizia Moretti - e che, puntualmente, venivano smentite".
Patrizia Moretti si aspetta molto dal film di Vendemmiati, "l'unico" a suo parere che potesse girarlo. Il regista, di origine ferrarese, era un conoscente della famiglia (compagno di scuola di Lino Aldrovandi) a cui, durante la lavorazione, si è avvicinato molto. "Ha seguito il processo fin dall'inizio e conosceva bene la vicenda - chiarisce la madre di Federico - ma il film gli ha permesso di approfondirla sia dal punto di vista giornalistico che da quello umano".
Una conoscenza, quest'ultima, che, secondo Patrizia Moretti, è mancata a Maria Emanuela Guerra, il pubblico ministero a cui era stato assegnato il caso e che "non ha mai cercato di sapere chi era mio figlio o che cosa aveva fatto quel giorno. Non le importava di lui". Tanto che per i primi 4 mesi il fascicolo dell'indagine rimase vuoto e ci vollero il blog aperto da Patrizia Moretti e l'assegnazione a un nuovo pm per arrivare al processo. "Il fascicolo vuoto non è una mia invenzione - precisa - ma un fatto. Oggi, quel pm ha scelto di querelarmi per averlo detto. Non so perché lo abbia fatto, ma credo che per lei sia controproducente".
Nonostante tutte le falsità dette sul figlio, i depistaggi e le querele, Patrizia Moretti non ha perso la fiducia nella giustizia. "Non ho mai dubitato che la verità sarebbe venuta alla luce - racconta -. È vero, la condanna è piccola, ma nemmeno l'ergastolo avrebbe potuto restituirmi Federico. Ho lottato per dargli la giustizia che meritava. Credo che il film di Vendemmiati sia importante: potrà mettere mio figlio nella giusta luce e farlo vivere di nuovo, visto che lui non può più farlo".

mercoledì 8 settembre 2010

RETTIFICA

in relazione all'articolo apparso sul nostro blog a firma di Valerio Evangelisti, I rosso-bruni: vesti nuove per una vecchia storia , ed in seguito alla diffida presentataci per conto della Arianna Editrice e del Sig. Stefano Moracchi  per il carattere diffamatorio e lesivo del diritto all’immagine e all’identità personale dei suddetti; abbiamo provveduto alla rimozione del suddetto articolo. Se quello che abbiamo pubblicato non era corretto, ci sembra assolutamente opportuno rimuoverlo. Ci scusiamo per non aver verificato la totale veridicità del contenuto dell'articolo prima della pubblicazione, per la poca attenzione prestata e se in maniera involontaria abbiamo  offeso qualcuno.

RETE STUDENTI SALERNO

martedì 7 settembre 2010

L'Aquila 17 mesi dopo il sisma - Una città che tira a campare

Il bilancio 17 mesi dopo il tragico 6 aprile 2009. Il capoluogo è disgregato fra incertezza, dubbi e sospetti. Le persone assistite sono oltre 50.000, la ricostruzione ancora lontana e il si respira un clima di attesa piena di incognite

L'AQUILA. Il tempo scorre inesorabile. Oggi, sei settembre 2010, sono passati 17 mesi da quel tragico sei aprile del 2009. Eppure per una serie di "coincidenze", almeno si spera tali siano, L'Aquila si ritrova più o meno a vivere come in quei giorni che seguirono una scossa che ha travolto vite umane e distrutto la città e tanti paesi del circondario. Oggi come 17 mesi fa abbiamo i centri storici chiusi, una città che, nell'ultimo fine settimana, si è svuotata e, soprattutto, la paura del terremoto non solo non è passata ma è tornata a condizionare i giorni e le notti degli aquilani. Tutto questo in un panorama carico di incertezze che vanno dalla ricostruzione, al lavoro, al ritorno a una vita che possa essere definibile normale.

I DATI. I numeri sono la fotografia di una situazione di assoluta disgregazione, di una città dispersa e che stenta a ritrovarsi. Il dato più impressionante è che fra il Comune dell'Aquila e i 54 Comuni del cratere ci sono quasi 56.000 persone assistite: chi nel progetto Case (i megapalazzoni che ogni giorno paiono sempre più tristi), le casette map (a parte lodevoli eccezioni vorrei trovare qualcuno che mi spieghi la differenza, almeno a guardarle dall'esterno, fra questi map e le baracche costruite nella Marsica, ma anche all'Aquila, dopo il sisma del 1915), altri ancora negli alberghi (si tratta di quasi tremila persone in particolare anziani soli). C'è poi uno sterminato numero di cittadini (quasi 26.000) che ha scelto di arrangiarsi alla meglio e "gode" della cosiddetta autonoma sistemazione.

AUTONOMA SISTEMAZIONE. L'autonoma sistemazione, ormai non lo nasconde più nessuno, sta diventando per molti non solo una integrazione al reddito ma una vera e propria risorsa di sopravvivenza. Fra 26.000 ci sarà una piccola percentuale di furbi (che sono purtroppo ineliminabili) ma la gran parte ha bisogno di quell'assegno che arriva a singhiozzo (i pagamenti sono fermi ad aprile 2010) per fare la spesa. Il Comune, che liquida materialmente la cifra, lamenta che non ha soldi per pagare regolarmente, il commissario Chiodi dice invece che i fondi ci sono. Conclusione: nessuno ci capisce e alla fine ci si rassegna. Come si sono rassegnati quelli che avevano chiesto l'indennizzo per i traslochi o per i mobili distrutti.

MAP. Anche sulle casette di legno c'è un piccolo giallo. Il Comune dice che ce ne sono molte libere. Cittadini denunciano che ce ne sono di libere anche fra quelle che apparentemente sono occupate da chi ha scambiato il map per la casetta di campagna. E poi stanno iniziando con sempre maggior frequenza le proteste di chi scopre difetti e problemi (almeno per questo c'è un numero verde a cui rivolgersi). Ma non solo: dopo l'entusiasmo iniziale ci si rende conto che la parola provvisorio assume un significato sempre più chiaro: sarà difficile restare per anni dentro quegli alloggi.

PUNTELLAMENTI. I puntellamenti sono stati l'unico grande affare di questi primi 17 mesi. Centinaia di milioni di euro che finiranno (perché anche per questi pagamenti i ritardi non mancano) nelle casse di decine e decine di ditte. Tutti i puntellamenti erano necessari? Forse no e prima poi anche su questo finirà per indagare la magistratura. E qualcuno dovrà spiegare perché si puntellano abitazioni destinate in futuro alla demolizione e non si trovano i soldi per mettere in sicurezza cento metri di strada che portano alle Grotte di Stiffe che è una risorsa per il turismo locale (l'articolo).

RISTRUTTURAZIONI. In questi ultimi mesi sono stati aperti centinaia di cantieri per la ristrutturazione delle case A e B. Mi capita sempre più spesso di trovare persone che mi avvicinano e mi soffiano all'orecchio: perché non andate a controllare come si stanno facendo quelle ristrutturazioni? E dietro la domanda ci sono sospetti che le cose si stiano facendo con superficialità. Naturalmente generalizzare non va bene e la maggioranza delle ditte sta sicuramente lavorando bene e onestamente. Però anche su questo ci si chiede: qual è l'istituzione o l'ufficio che dovrebbe controllare la bontà dei lavori soprattutto a garanzia della sicurezza di chi in quelle case ci deve tornare? Sempre più spesso poi i proprietari si sentono chiedere delle cifre aggiuntive rispetto a quanto preventivato. Chi paga?

COSTRUTTORI. Sulle pagine dei giornali da qualche settimana compare una insistente polemica fra i costruttori (in particolare nell'Ance, l'associazione che li rappresenta). Non ricordo nell'era avanti terremoto di aver mai scritto o letto di "scontri" fra costruttori. Che sarà successo? Forse l'Ance dovrebbe chiarire meglio se no è facile pensare che sia solo una questione di torte da spartire.

RICOSTRUZIONE. La ricostruzione pesante come è noto è ferma. E la gente che ha le case nei centri storici (la maggioranza) non sa quando potranno essere aperti i cantieri. E' un clima di incertezza totale e oggi, nonostante gli sforzi, non c'è un amministratore a qualsiasi livello, in grado di dare una indicazione credibile, che sia una. Non viene tra l'altro ancora disciplinata la questione fra indennizzo e contributo. Che non è cosa di secondo piano visto che sono in gioco le modalità degli appalti. Insomma la confusione è tanta e la parola d'ordine è: tirare a campare. Chi può.

6 settembre 2010

LETTERA DAL CARCERE DI SIANO (CT)

SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI DI GUERRA ARABI
I fatti. 6 luglio 2010: pestaggio a sangue di un prigioniero arabo attuato da una squadretta di guardie agli ordini del comandante nella sezione AS2 del carcere di Rossano (CS). Una vera e propria trappola messa in atto in seguito a una lotta collettiva di sezione in merito alle condizioni di detenzione con obiettivi i quali il diritto ai colloqui con i familiari, l’uso del campo sportivo interno al carcere, la possibilità di detenere radioline o lettori CD, e di conservare alimenti in frigo. La lotta si era espressa nei giorni precedenti nelle forme dello sciopero della fame e di ripetute battiture.

2 agosto 2010: provvedimento di censura della corrispondenza disposto da un decreto del magistrato di sorveglianza di Catanzaro nei confronti di un militante comunista prigioniero nella sezione AS2 del carcere di Siano (CZ).

L’unica motivazione indicata nel decreto è che il prigioniero in questione era il destinatario di una lettera che non ha mai ricevuto perché trattenuta. Lettera spedita da un non precisato detenuto di un carcere calabrese con un contenuto che, a giudizio del magistrato, avrebbe potuto “fomentare manifestazioni di protesta nella casa circondariale di Siano”.

Due episodi che molto probabilmente sono collegati dal fatto che la lettera indicata nel provvedimento di censura proveniva proprio da Rossano dopo il pestaggio.

Due episodi concatenati che mostrano bene come si sostanzia il piano di sviluppo della detenzione accentuata del Ministero di Grazia e Giustizia dello Stato italiano. Dall’aggravamento delle condizioni di detenzione del cosiddetto carcere duro, come disposto dal “Pacchetto di Sicurezza” per quanto riguarda il regime sottoposto al 41 bis, all’accentuazione dell’isolamento nel circuito ex EIV ora AS2, dove sono tenuti prigionieri comunisti, anarchici, arabi antimperialisti, concepito con sezioni come compartimenti stagni che oltre ad essere differenziate e isolate dagli altri circuiti carcerari non devono nemmeno comunicare tra loro.

Due episodi che mostrano anche il tipo di trattamento che lo Stato italiano riserva ai prigionieri delle guerre imperialiste di conquista e di oppressione che lo vedono a fianco degli imperialisti USA, come in particolare in Afghanistan. Infatti diversi prigionieri di questa guerra gli sono stati ceduti in gestione con il piano di smistamento Obama, deportandoli in Italia direttamente da Guantanamo o dalla base-prigione USA di Bagram in Afghanistan. Guarda caso questi prigionieri ora si trovano nelle sezioni AS2 di Rossano, di Macomer, di Benevento e di Asti assieme a decine di altri proletari e operai arabi immigrati in Italia, incarcerati spesso solo perché erano attivi, o sono stati considerati tali, in reti di solidarietà e appoggio alla lotta dei popoli iracheno e afghano contro l’occupazione militare.

Per parte nostra, come militanti comunisti prigionieri italiani, pur chiarendo che da questi prigionieri antimperialisti arabi ci distingue la concezione del mondo radicalmente diversa, che per noi ha il contenuto principale della liberazione dall’oppressione e dallo sfruttamento e l’obbiettivo generale del comunismo, tuttavia siamo solidali con la loro lotta contro l’imperialismo in generale e, a maggior ragione, con la loro lotta contro il carcere dello stato imperialista italiano.

CONTRO LA DIFFERENZIAZIONE E L’ISOLAMENTO!

MORTE ALL’IMPERIALISMO, LIBERTÀ AI POPOLI!

SIANO, AGOSTO 2010

Davide Bortolato, Alfredo Davanzo, Bruno Ghirardi, Claudio Latino, Massimiliano Toschi, Riccardo Porcile, Vincenzo Sisi, Gianfranco Zoja.

FONTE:Indymedia

raid su Gaza, due morti e diversi feriti

Ieri sera, 5 settembre, aerei F16 hanno sorvolato la Striscia di Gaza attaccando il territorio palestinese assediato.

Il lancio di cinque missili ha puntato su tre tunnel ad ovest del confine con l'Egitto.

Khaled al-Khatib e Salem al-Hatab, di 35 e 20 anni sono rimasti uccisi, e altri sono rimasti feriti.

Un altro attacco ha interessato la zona di al-Khuza'e, ad est di Khan Younes, nel sud della Striscia di Gaza, colpendo un capannone agricolo. Anche qui ci sono stati dei feriti.

Fonti militari israeliane hanno giustificato l'operazione come risposta al lancio di razzi da parte palestinese nel Negev, che non avevano causato danni a cose o persone.

Related Link: http://www.infopal.it/

[Chiapas]Ancora paramilitari a Mitzitón

La Jornada – Giovedì 2 settembre 2010

Hermann Bellinghausen

Martedì scorso si è verificato un nuovo scontro nella comunità di Mitzitón (municipio di San Cristóbal de las Casas) Chiapas, aderente all’Altra Campagna, con i cosiddetti “non cooperanti” e con membri dell’organizzazione evangelica Ejército de Dios, denunciata come paramilitare dai coloni. Questo avviene a due mesi da che il governo statale ha preso accordi con l’assemblea della comunità tzotzil sul ricollocamento dei “non cooperanti” e degli evangelici, con i quali i conflitti sono continui.

Come riferisce l’Altra Campagna di San Cristóbal, “lunedì scorso è di nuovo cresciuta la tensione quando un gruppo di circa 60 paramilitari armati si aggirava tra le montagne della comunità e minacciava il consiglio di vigilanza”. Martedì, queste persone “hanno abbattuto 10 alberi senza il permesso della comunità e l’assemblea ha richiamato uno dei leader (dei devastatori) che si è rifiutato di andare a parlare”.

Di fronte a questo, prosegue la nota, “i paramilitari hanno danneggiato le recinzioni di diverse case, hanno distrutto a sassate due camioncini, saccheggiato un negozio e picchiato violentemente un compagno ed una compagna”. Sono giunti sul posto più di 300 poliziotti di vari corpi che “sono dovuti intervenire con i gas lacrimogeni per disperdere i paramilitari e liberare Guadalupe Díaz Heredia, che era stato brutalmente picchiato”.

Da parte loro, i rappresentanti dell’assemblea di Mitzitón raccontano che mentre i poliziotti recuperavano Díaz Heredia che era privo di sensi, “quelli dell’Ejército de Dios hanno cominciato a scagliare pietre e sparare quattro colpi contro i poliziotti, che lanciavano gas lacrimogeni”.

La comunità ha consegnato ai poliziotti il leader degli aggressori, Gregorio Gómez, che è stato trasferito a Tuxtla Gutiérrez e rilasciato qualche ora dopo, mentre nella notte i membri dell’Ejército de Dios avevano bloccato la strada San Cristóbal-Comitán per chiedere la sua liberazione.

Dal pomeriggio di lunedì, mentre alcuni membri della comunità lavoravano nel bosco, “quelli dell’Ejercito de Dios sono arrivati su un camioncino girandoci intorno per spaventarci, poi sono scesi e ci hanno circondato, avevano degli zaini in cui c’erano le, armi”, dichiarano i rappresentanti indigeni.

La mattina del 31 agosto, “quelli dell’Ejercito de Dios sono venuti a tagliare gli alberi vicino all’ingresso di Dos Lagunas con un gruppo di 60 persone, molte delle quali provenienti da La Cañada (municipio di Teopisca). L’autorità comunitaria ha mandato a chiamare Gregorio Gómez “affinché venisse a chiarirci la ragione del disboscamento e ci sono andati alcuni compagni, ma lui si è rifiutato di venire ed i compagni sono stati colpiti con pietre e bastoni”.

Nella comunità ora “c’è una pace tesa”, secondo quanto riferisce l’Altra Campagna. Poliziotti della settoriale restano appostati nelle vicinanze.

(Traduzione - "Maribel"Bergamo)

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