venerdì 30 aprile 2010

Giustizia: caso Cucchi; desecretati atti d’indagine parlamentare

Il Manifesto

Saranno a disposizione di tutti i cittadini italiani - a breve sul sito on-line del Senato gli atti di indagine sul caso della morte di Stefano Cucchi raccolti dalla Commissione sul servizio Sanitario nazionale presieduta dal senatore democratico Ignazio Marino. La Commissione parlamentare ha deciso a maggioranza di desecretare gli atti e di inviarli alla Procura - che li aveva chiesti il 4 dicembre - dopo una lunga trattativa con i membri di maggioranza. Ieri il Pdl è andato in minoranza, complice l’assenza - che sembrerebbe "strategica" - dei senatori ex An, e del voto dell’unico componente della Lega che si è astenuto.

Così con 10 sì e 6 no è stata presa la sofferta decisione. Sofferta anche per Ignazio Marino, che erariuscito a ottenere l’unanimità sulla relazione conclusiva e che finora ha lavorato in un clima di relativa tranquillità. C’è il rischio che non sia più così, se è vero che ieri un membro della maggioranza ha lasciato la sala dopo il voto esclamando: "Questa Commissione ha chiuso".
"Credo che la desecretazione sia un grande risultato per la Commissione: abbiamo lavorato per la trasparenza e con lealtà nei confronti degli altri organi dello Stato - ha detto Marino - il nostro è stato un lavoro lungo e attento, ora si chiudano i riflettori mediatici sulla vicenda e si attenda il giudizio della magistratura". 

"I cittadini potranno leggere uno spaccato impressionante dell’assistenza sanitaria, e non solo, a un detenuto", ha detto la parlamentare del Pd in quota radicale Donatella Poretti, la prima ad aver denunciato le resistenze del Pdl alla pubblicazione.
Da parte loro i senatori della maggioranza che si sono battuti per il no giudicano la desecretazione un "danno al nostro lavoro", come ha detto la senatrice Laura Bianconi: "La mia decisione - ha spiegato era motivata dal fatto che, pur volendo fornire tutto il supporto possibile alla magistratura, non possiamo venir meno al diritto alla segretezza che abbiamo garantito a coloro che sono stati uditi".

Nelle prossime settimane si potrà prendere visione del prezioso lavoro di ricostruzione della Commissione, che ha potuto interrogare tutti i protagonisti del tragico viaggio di Stefano verso la morte: Cucchi aveva 31 anni ed è stato arrestato per 20 grammi di hashish il 15 ottobre. È morto il 22 ottobre nel reparto carcerario Sandro Pertini, dopo quattro giorni di ricovero. La sua è una storia incredibile, ma probabilmente piuttosto normale, fatta di violenza (come certifica anche la perizia dei consulenti della Commissione le lesioni che aveva sul viso e sul corpo sono "inferte") e di negligenze a tutti i livelli. Ma anche di omertà e sospetti tentativi di insabbiamento che si sono verificati dopo la sua morte. Proprio una di queste storie viene alla luce dalle carte della Commissione, Quella di Rolando Degli Angioli, medico del carcere Regina Coeli, dove Stefano entra intorno alle 15 del 16 ottobre. La testimonianza del medico è importante perché lui è il primo sanitario a visitarlo attentamente, visto che il dottore della città giudiziaria - che già riscontra delle ecchimosi sul volto - chiede al ragazzo di spogliarsi ma lui si rifiuta.

Quando io carabinieri in servizio presso la Commissione si recano in carcere per consegnare la richiesta di comparizione al dottore, l’amministrazione risponde che è fuori dall’Italia, in viaggio. In realtà non è vero, e la Commissione riuscirà a interrogarlo solo dopo diverse settimane. Il giorno dell’audizione, quando Marino gli chiede come mai non era stato possibile contattarlo fino a quel momento, Degli Angioli risponde: "Vorrei saperlo anch’io". L’episodio fu segnalato in Procura , tanto che il medico fu interrogato dai pm Barba e Loy. D’altronde la sua testimonianza è interessante perché il medico spiega di aver classificato il caso di Stefano come di "estrema urgenza", e che secondo lui "non doveva stare in carcere". Come è noto Stefano verrà ricoverato solo il giorno successivo, e con una procedura che già la conclusione della Commissione definiva "anomala": per assicurare che fosse rinchiuso in un ospedale penitenziario si scomodò un funzionario di sabato. 

Degli Angioli inoltre si meraviglia del fatto che l’ambulanza arriva alle 18,15, e il ragazzo esce dal penitenziario solo alle 19,50. Insomma, un testimone non reticente. Oggi il medico non opera più a Regina Coeli: a quanto risulta gli è stata concessa un’aspettativa che attendeva da molto tempo.

Una flotta per rompere l’illegale assedio israeliano su Gaza

Arafat Shoukri: "Le condizioni sono mature perchè questa flotta diventi il ‘punto di svolta’"
 
Una coalizione che riunisce diverse organizzazioni si sta allestendo per l’invio a Gaza – previsto per maggio 2010 – di una flotta di soccorso composta da oltre 10 navi e navi cargo. Il dott. ‘Arafat Shoukri, presidente della Campagna per porre fine all’assedio su Gaza (European Campaign to End the Siege on Gaza (ECESG)) farà parte dello spettacolare convoglio promosso dalla sua Campagna che, di fatto, è una ONG. Negli ultimi tre anni, il dott. Shoukri non si è risparmiato perché delegazioni di europarlamentari potessero attestare sul campo l’insostenibile situazione in cui si trova Gaza nella speranza di incoraggiare gli Stati Membri dell’Unione Europea ad esercitare pressioni su Israele e porre così fine al soffocamento della popolazione di Gaza. Il dott. Arafat Shoukri risponde alle domande di Silvia Cattori.
 
 
Silvia Cattori: Quando nasce l’European Campaign to End the Siege on Gaza e qual è la sua missione? [1]
 
Arafat Shoukri [2]: L’European Campaign to End the Siege on Gaza è stata lanciata verso la fine del 2007 per mobilitare la numerosa comunità europea ad opporsi all’assedio imposto su Gaza. Da allora, dopo oltre tre anni, l’assedio strangola ancora la possibilità di crescita e la cultura della popolazione e, sin dall’ultimo attacco israeliano (inverno 2008/2009), la situazione è peggiorata. La nostra missione consiste nel lavoro di 30 ONG che costituiscono la nostra coalizione, insieme ad singoli individui ed altri sostenitori impegnati per rompere l’assedio.Operiamo interloquendo con personalità europee del settore giuridico, sensibilizzando i mass media e fornendo aiuto umanitario.
 
Silvia Cattori: Il 4 aprile, coloro che seguono con apprensione l’assedio su Gaza, sono stati informati del progetto; dopo mesi di preparativi della vostra ONG, l’European Campaign to End the Siege on Gaza, salperà quanto prima per una nuova campagna che tenterà di forzare il passaggio verso Gaza. [3] Perché avete deciso di renderlo noto proprio da Istanbul?
 
Arafat Shoukri: La nostra scelta è ricaduta su Istanbul come punto da cui pubblicizzare la nostra ultima – e la più grande – flotta per rompere l’assedio, sia perché è la sede di uno dei nostri maggiori partner, vale a dire l’IHH (Insani Yardim Vakfi) – che, nel dicembre 2009, ha guidato l’ultimo convoglio verso Gaza, sia perché il Primo Ministro turco, Recep Tayyip Erdogan ha dimostrato grande coraggio nel condannare apertamente l’assedio che Israele impone su Gaza. Nonostante gli stretti rapporti che la Turchia intrattiene con Israele – tra cui la passata cooperazione militare – Erdogan è stato coraggioso, e non si è scusato, quando ha definito l’attacco contro Gaza ‘un crimine di guerra’ - quale di fatto è stato. E l’Occidente potrebbe prendere lezione dall’esempio della Turchia.
 
Silvia Cattori: Questa non è la prima partecipazione di ECESG. Avete già sostenuto le navi inviate da Free Gaza nel 2008, vero? Cosa porterà questo convoglio a Gaza?
 
Arafat Shoukri: Sì, la campagna ha partecipato alle due precedenti flotte. Tuttavia questa sarà la più grande e sarà quella - come appena detto - che gode della partecipazione di un’organizzazione influente, da alleato di Israele. Speriamo di beneficiare della presenza a bordo di personalità del livello di parlamentari ed eurodeputati. Credo che questa flotta possa rappresentare una reale sfida al muro del blocco israeliano, soprattutto perché giunge in concomitanza con le importanti critiche contro Israele per le sue politiche aggressive sia a Gaza sia in Cisgiordania, dove avanzano i suoi progetti coloniali.
 
Silvia Cattori: I crimini di guerra di Israele nel corso nell’Operazione ‘Piombo Fuso’ contro Gaza hanno rappresentato uno shock per molti e, personalmente, ho avuto l’impressione che tra i Paesi europei si sia prodotta una sinergia crescente tra due gruppi che, prima di allora, non avevavo lavorato molto insieme. Mi riferisco, da un lato ai cittadini europei che sostengono la causa palestinese e, dall’altro lato, agli immigrati arabi e musulmani con cittadinanza europea. Mi può confermare quest’analisi? Se la sua risposta è affermativa, allora crede che questo possa rappresentare una pietra miliare nel movimento di solidarietà alla lotta per i diritti dei palestinesi?
 
Arafat Shoukri: Sì, assolutamente. L’attacco totale contro Gaza - immorale come è stato – può essere considerato solo un grande errore e per molti versi. Infatti, quei gruppi e quei soggetti che non percepivano Israele come l’aggressore - che è - e che non erano personalmente coinvolti in movimenti contro l’apartheid, oggi possono dirsi con noi. Si è registrata anche l’azione comune di gruppi che non avevavo mai agito insieme prima di allora. Questo potrebbe essere la prova dell’inizio di una decadenza per Israele.
 
Silvia Cattori: Ci può fare alcuni nomi di coloro che parteciperanno all’Odissea di maggio?
 
Arafat Shoukri: Preferiamo attendere e li annunceremo in un secondo momento.
 
Silvia Cattori: È ben noto che Israele è in Guerra aperta contro Gaza e che intende liquidare Hamas per seppellire poi la causa palestinese. Il vostro progetto potrebbe disturbare la politica che sta strangolando Gaza e che non tollera alcuna opposizione. Probabilmente agenti del Mossad si sono già infiltrati in questo progetto e tentano di destabilizzarlo, mentre agenzie di propaganda dell’esercito israeliano si stanno attrrezzando per opporvi resistenza. Avete subito atti di sabotaggio da quando il progetto è stato reso noto?
 
Arafat Shoukri: Non ancora, ma senza dubbio i nostri partner hanno subito minaccie ed accuse da ambienti governativi israeliani e dai movimenti affiliati all’estrema destra, e sono sicuro che ce ne saranno ancora. I nostri piani però non subiranno mutamenti.
 
Silvia Cattori: Fino ad ora nulla di fatto; né la ferma condanna del Primo Ministro turco Erdogan, né le richieste provenienti da Barack Obama hanno prodotto risultati per porre fine all’assedio imposto contro Gaza da Israele. Crede che questa flotta, nel modo in cui si vuole imporre, raggiungerà i risultati desiderati laddove invece le grandi potenze hanno fallito? Riuscirà il vostro progetto a fare luce sull’intollerabile realtà che Israele impone sui palestinesi?
 
Arafat Shoukri: Come ho detto in precedenza, una singola azione o un solo evento non saranno sufficienti a forzare Israele e a fargli realizzare quanto l’assedio sia insostenibile. Tuttavia le condizioni sono mature perché questa flotta diventi il ‘punto di svolta’. Gradualmente, ogni flotta che noi sponsorizziamo rende impossibile per Israele leggittimare la sua opressione sui palestinesi di Gaza.
 
Silvia Cattori: Nel corso della sua recente visita in Francia, rivolgendosi al Ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner, il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha dato una grande lezione di umanità denunciando i crimini commessi dallo Stato di Israele [4]. È stata una breccia nel vergognoso silenzio delle democrazie occidentali, ed ha affermato che Israele – e non l’Iran – rappresenta la principale minaccia in Medio Oriente. Tale presa di posizione turca è senz’altro un importante spostamento della bilancia geopolitica nella regione. Le chiedo se, secondo lei, questo ha un qualche impatto sull’organizzazione del vostro progetto. Crede che aiuterà a mettere altri Stati di fronte alle proprie responsabilità?
 
Arafat Shoukri: La Turchia, a cavallo tra l’Europa ed il Medio Oriente, è stato l’unico alleato “islamico” di Israele, e tale relazione conferiva ad Israele una certa credibilità. Tuttavia, da quando Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato le sue critiche verso le pratiche e la politica di Israele, le relazioni tra i due Paesi vengono meno. Quindi, la mia risposta è sì, e il tutto è anche molto importante. Il rifiuto del governo turco di tornare sui propri passi o di ritrattare quanto dichiarato congiuntamente alla partecipazione nella flotta di Foundation for Human Rights and Freedoms and Humanitarian Relief (Insani Yardim Vakfi - IHH) [5], potrebbero dare coraggio ad altri Stati nella regione a seguire l’esempio turco.
 
Silvia Cattori: Come definisce il beneplacito di Egitto e Giordania alle politiche di Israele? Non è forse intollerabile assistere alla loro partecipazione nell’occupazione che schiaccia il popolo palestinese?
 
Arafat Shoukri: Entrambi i paesi sono i maggiori beneficiari degli aiuti occidentali, soprattutto statunitensi. Certamente dobbiamo rivolgerci al mondo arabo, ma, allo stesso modo, dobbiamo chiedere un sostegno sostanziale anche alle potenze europee e agli Stati Uniti. Fino a quando non avranno rinunciato alla loro esigenza di sostenere Israele, i paesi "satelliti" continueranno a non sentirsi costretti ad agire come dovrebbero.
 
Silvia Cattori: La vostra ONG ha fatto molto perché dei parlamentari reagissero per porre fine al silenzio che circonda l’assedio su Gaza. Questi parlamentari hanno incontrato difficoltà a d entrare a Gaza attraverso l’Egitto o la Giordania.
 
Arafat Shoukri: Date le forti e dichiarate posizioni contro le politiche e le pratiche israeliane di apartheid, è vietato ad ECESG entrare da Israele. Abbiamo incontrato delle difficoltà con l’Egitto, che invece ultimamente ci ha sempre permesso il passaggio verso Gaza e ci ha concesso di incontrare alte cariche di governo.
 
Silvia Cattori: Le delegzaioni che hanno visitato Gaza, hanno incontrato le autorità di Hamas? [6]
 
Arafat Shoukri: Sì, nel corso delle nostre visite a Gaza, le delegazioni di ECESG hanno incontrato rappresentanti di Hamas. Al di là di quanto noi possiamo o meno condividerne le posizioni, quello di Hamas è il governo eletto e, in quanto tale, deve essere riconosciuto. Sul campo Hamas è forte e, ripeto, che ci piaccia o meno, nessuna pace sarà possibile nella regione fino a che membri del governo di Hamas non saranno interlocutori ammessi e presenti al tavolo dei negoziati. Oltre ad esponenti del governo di Hamas, abbiamo incontrato anche rappresentanti della società civile.
 
Silvia Cattori: La Baronessa Jenny Tonge [7] – che abbiamo incontrato lo scorso anno, dopo la sua visita a Gaza – non ferma la sua denuncia della complicità degli Stati occidentali e ricorda che esiste una generazione di bambini che sono stati danneggiati in maniera irreparabile. Nonostante le sue parole, nulla è stato fatto, e la diplomazia dell’Unione Europea non fa nulla per allentare l’assedio contro Gaza. Incredible, vero?
 
Arafat Shoukri: Sì, ed è così difficile spiegarlo ai palestinesi, soprattutto agli abitanti di Gaza. È arduo spiegare loro perché l’assedio a cui sono sottoposti prosegue ancora e perché la comunità internazionale permette ad Israele – in maniera talmente palese – di violare la legge internazionale. Le lobby a sostegno di Israele, in Europa e negli Stati Uniti,sono molto potenti, soprattutto in Paesi come la Germania, dove ancora vive il senso di colpa per i crimini di guerra commessi contro gli ebrei nel corso della II Guerra Mondiale. Questo senso collettivo ancora rende difficile rilasciare apertamente dichiarazioni di denuncia contro Israele. Ad ogni modo, quanto più emerge l’atteggiamento israeliano, anche il nostro movimento cresce e, alla fine, avremo la meglio. Dico questo con certezza.
 
Silvia Cattori: Bisogna ammettere che i palestinesi sono stati mal rappresentati da personalità che, nell’ambito dei movimenti di solidarietà occidentali, si sono sempre espressi a loro favore. Fa parte della vostra missione anche la ricostruzione di tale fiducia? Bisogna continuare a proteggere quanto Israele ha derubato di terra palestinese sin dal 1948? Dovremo continuare a litigare sui diritti fondamentali dei palestinesi? Dovremmo interrompere i rapporti con quei palestinesi i quali diedero la loro adesione agli Accordi di Oslo nel 1993 e che oggi aiutano Israele nella liquidazione dei movimenti di resistenza contro l’occupante?
 
Arafat Shoukri: È necessario porre fine alle discussioni: più che di verità abbiamo bisogno di pace. A lungo abbiamo discusso su quali dovessero essere i parametri necessari e ci sono stati leader palestinesi che non hanno agito per il bene del proprio popolo. Allo stesso tempo però noi vogliamo sempre avere un rapporto di comunicazione con le organizzazioni, soprattutto quelle influenti e che siano davvero interessate ad avere un dialogo. Sebbene sia spesso infruttuoso, dobbiamo restare aperti alle possibilità di cambiamento.
 
Silvia Cattori: La società civile palestinese ha lanciato nel 2005 una campagna di boicottaggio contro Israele (BDS Movement), richiedendo di non dare luogo a progetti, individuali o collettivi che fossero, di solidarietà, qualora avessero implicato un oltraggio ai diritti umani dei palestinesi. Questo è stato il punto di partenza della campagna. Qualunque azione o progetto di solidarietà che non si fosse conformato a questi principi non sarebbe stato credibile. Anche voi richiedete, a chiunque sia coinvolto nei vostri progetti, di dimostrarsi in favore dei diritti fondamentali dei palestinesi? La vostra ONG ha preso posizioni chiare in merito? [8]
 
Arafat Shoukri: ECESG sostiene BDS, e chiunque sia con o lavori per noi deve condividere il sostegno in forma di resistenza non violenta.
 
Silvia Cattori: A Gerusalemme, Israele sta conducento una politica ‘de facto’. Cosa stanno facendo i musulmani nel mondo contro le dichiarazioni di Netanyahu secondo le quali la città non sarebbe una colonia ma l’eterna capitale dello Stato d’Israele?
 
Arafat Shoukri: Nonostante le differenze, i musulmani devono unirsi sempre di più e, con forza – ma non con violenza – devono opporsi e protestare alla progressiva colonizzazione di Gerusalemme ad opera dei coloni ebrei. Ancora più importante dell’elemento islamico è però il coinvolgimento di etnie e genti di altre fedi perché si uniscano a noi. Il nostro movimento deve diventare ‘un’enorme tenda’.
 
Silvia Cattori: Israele concorre per essere ammesso nel club delle nazioni OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development). Il Palestinian Boycott National Committee (BDS) [9] si è appellato ad OECD in merito, chiedendo di fermare la richiesta israeliana e affermando che Israele non è eleggibile in quanto agisce come Stato-canaglia. Qualora Israele dovesse essere ammesso, questo equivarrebbe ad un’altra disfatta per la giustizia e sarebbe un’altra prova che le nostre democrazie agiscono come fossero Stati privi di legalità. Anche voi vi siete espressi contro l’ingresso di Israele nell’OECD?
 
Arafat Shoukri: ECESG sta lavorando molto contro questa possibilità [10]; ha rilasciato materiale informativo ed ha diffuso una lettera “caro collega” a personalità vicine a parlamentari ed eurodeputati affinché contattino i rappresentanti dei propri Paesi e votino “NO”.
 
Silvia Cattori: La ringrazio molto.
 
Silvia Cattori
Traduzione (27.04.2010): http://www.infopal.it/leggi.php?id=14387
Testo originale in inglese (23.04.2010): http://www.silviacattori.net/article1191.html
 
Note
[1] http://savegaza.eu/eng/
[2] Il dott. ‘Arafat Shoukri, è un palestinese con cittadinanza britannica. Nato in Palestina, vive nel Regno Unito e ha tre figli. È Direttore del Centro Palestinese per il Ritorno (Palestinian Return Centre (PRC)) ed è alla guida della Campagna Europea per rompere l’assedio contro Gaza (European Campaign to End the Siege on Gaza). Tra le altre cose, è titolare di un dottorato di ricerca in legge internazionale sui rifugiati conseguito presso l’Università di Londra.
[3] Oltre a European Campaign to End the Siege on Gaza, la coalizione include anche l’ONG turca per i Diritti Umani Insani Yardim Vakfi (IHH), Greek Ship to Gaza campaign, Swedish Ship to Gaza campaign, Free Gaza Movement, California-based Free Palestine Movement.
Per quanto riguarda il sostegno dei partiti politici in Turchia, vedi: “Felicity Party Supports Flotilla Campaign”.
[4] La visita ufficiale di Erdogan a Parigi risale al 6 e al 7 aprile 2010. In quell’occasione Erdogan ha definito Israele "la principale minaccia per la pace" in Medioriente.
[5] Vedi: http://www.ihh.org.tr/anasayfa/en/
Nel dicembre 2009, la Foundation for Human Rights and Freedoms and Humanitarian Relief (IHH) ha guidato un convoglio verso Gaza con a carico tonnellate di aiuti umanitari ed altre scorte.
[6] Vedi: “Gaza: Eyewitness Report – ECESG Delegation – January 2010
[7] Vedi: http://www.paltelegraph.com/columnists/peter-eyre/4152-the-rise-and-fall-of-baroness-jenny-tonge-a-true-friend-of-palestine
[8] Vedi : http://www.bdsmovement.net/ - http://www.pacbi.org/ 
[9] Vedi: http://www.bdsmovement.net/?q=node/126 
[10] Vedi: “Say ’no’ to Israel joining OECD“, savegaza.eu.
 

Messe e necrologi per Mussolini. Proteste dell'ANPI ·

1) A Vicenza una messa per la morte del capoccione
2) ANPI E CGIL condannano necrologio Mussolini
3) Forlì: necrologio sul giornale per Benito Mussolini
4) Stefania Craxi: il 25 aprile occorreva rendere omaggio a Mussolini e Starace

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1) A Vicenza una messa per la morte del capoccione

Una messa di suffragio per i 65 anni dalla morte di Benito Mussolini, è stata celebrata mercoledì sera nella chiesa dei Servi del capoluogo berico. L’appuntamento, annunciato con un’inserzione tra i necrologi del Giornale di Vicenza, è stato promosso dalla federazione provinciale di ‘Continuita’ Ideale.

”Onore al Duce d’Italia – si legge nel necrologio – cav. Benito Mussolini ucciso per mano di un partigiano. I camerati vicentini lo ricordano assieme a tutti i caduti della Rsi”. Alla messa, celebrata da don Alessio Graziani parroco dei Servi, ha preso parte una sessantina di persone, 30 delle quali fedeli abituali della messa vespertina.

“Come eravamo d’accordo – ha detto all’ANSA il sacerdote che ricopre anche l’incarico di addetto stampa della Diocesi di Vicenza – gli attivisti hanno lasciato fuori dalla chiesa bandiere e gagliardetti”. Don Graziani ha celebrato regolarmente la liturgia (“in suffragio non in onore”) “che non ha avuto nulla di diverso della messa che ogni sera si celebra in parrocchia”.

“Solamente, nel momento del ricordo dei defunti – ha spiegato il parroco – si è pregato per l’anima del Duce e dei giovani caduti repubblichini. Personalmente non ho celebrato questa eucaristia né per simpatie ideologiche, nonostante il mio cognome, la mia famiglia é stata anzi duramente provata durante il fascismo né tantomeno per interessi materiali”. Il parroco infine ha sottolineato che la chiesa dei Servi “non è la chiesa dei camerati o lo è nella stessa misura in cui potrebbe esserlo dei compagni qualora questi venissero a chiedere una messa in suffragio dell’anima di Lenin o di Stalin, naturalmente senza bandiere rosse”.

Fonte: Indymedia Roma




2) ANPI E CGIL condannano necrologio Mussolini

Vicenza, 28 apr. (adnkronos) - "A ridosso del 25 aprile commemorato in questi giorni in tutta Italia e alla Scala di Milano da un altissimo discorso pronunciato dal Presidente Napolitano, una organizzazione neo fascista di Vicenza ha voluto sul Giornale di Vicenza del 28 aprile fare un annuncio mortuario inneggiante al duce Mussolini, giustiziato su sentenza del Clc. L'annuncio mortuario e' una gravissima provocazione i cui effetti negativi ricadono su chi la ha ideata e realizzata". Dura la posizione dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani di Vicenza, dell'Istituto Storico della Resistenza di Vicenza e della CGIL di Vicenza in merito al necrologio pubblicato oggi dal quotidiano vicentino ad opera della sezione locale di 'Continuita' Ideale'.

"Una grave offesa - dice una nota della Cgil - e' stata recata alla Resistenza italiana che nelle montagne e nella pianura di Vicenza fu segnata da episodi di sangue, di eroismo, di ricerca di liberazione per il trionfo della liberta' e dalla pace. Gli antifascisti, i combattenti, i democratici di Vicenza non dimenticano. La loro dedizione alla liberta', alla Repubblica e alla Costituzione e' un impegno di vita".

Fonte: Indymedia Roma




3) Forlì: necrologio sul giornale per Benito Mussolini

FORLI' - Una necrologia dedicato al 65° anniversario della morte di Benito Mussolini, avvenuta esattamente il 28 aprile 1945. E' quanto è apparso mercoledì mattina sulle pagine locali del Resto del Carlino. Nell'inserzione a pagamento, senza foto, prima del nome Mussolini, compare una frase che intende essere evocativa "Quando un popolo continua a esaltare il clima della guerra civile è lontano il tempo della pacificazione". Mittente del messaggio è Gastone Proli, ex segretario provinciale Msi negli anni Novanta.

Lo stesso Carlino, incuriosito dall'inserzione, ha chiesto a Proli il motivo di questa necrologia, che può apparire una provocazione, anche per la vicinanza al 25 aprile, il giorno della Liberazione, che anche quest'anno è passato col suo strascico di polemiche. Ma Proli, nelle sua intervista al giornale respinge questo dubbio: "Non offendo nessuno, ricordo solo Mussolini e con lui tutti i caduti della guerra civile. Onoro chi ha combattuto per le proprie idee".

Fonte: Indymedia EmiliaRomagna




4) Stefania Craxi: il 25 aprile occorreva rendere omaggio a Mussolini e Starace


E' questa la reazione a caldo di Massimo Rendina, Presidente dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Roma e del Lazio, dopo aver appreso l'indecente proposta avanzata da Stefania Craxi, parlamentare del Pdl e Sottosegretario agli Esteri, che lamenta "l'assenza di coraggio nel panorama politico e istituzionale di compiere un gesto simbolico che restituisca agli italiani la verità della loro storia".

E chiede di fatto "di recarsi a piazzale Loreto per un atto di cancellazione dell'atroce oltraggio inflitto al cadavere di Benito Mussolini". Ma non solo. La Craxi vorrebbe che venisse commemorata anche la fucilazione del gerarca fascista Achille Starace, ex segretario del Pnf, che a suo dire sarebbe avvenuta dopo un processo sommario da parte dei "partigiani antifascisti, sotto il macabro scenario dei cadaveri appesi per i piedi alla tettoia di un distributore di benzina". Parole provocatorie che piovono come un macigno per chi quell'epoca l'ha dovuta subire con enorme sofferenza.
"Non si può cambiare la storia - precisa Rendina - . Noi non entriamo in polemica con la signora Stefania Craxi che non consideriamo un interlocutrice quando afferma queste cose."

In sintesi l'esponente del Pdl rimarca il fatto che la storia in nessun caso deve essere tagliata in comparti separati tra loro e proprio per questo sarebbe un gesto simbolico, specialamente dopo dopo il 25 aprile, recarsi nella piazza dove fu impiccato il Duce. Tuttavia gli elementi storici dovrebbero essere ripresi nella loro completezza per capire appieno le conseguenze, la rabbia e l'indignazione che ha provocato il ventennio fascista.

Tra l'altro ricordare il fedelissimo mussoliniano Achille Starace dimostra una mancanza di rispetto per le migliaia di persone che patirono per sua mano. Fu proprio Starace a dirigere tra il 1939 e il 1941 la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, dopo aver abbracciato con estrema convinzione l'antisemitismo con le sue barbare leggi razziali emanate nel '38 e sostenne senza riserve l'alleanza tra Adolf Hitler e Mussolini. Cose di poco contro, forse per la parlamentare del governo Berlusconi che pensa di cancellare con un comunicato stampa le atrocità di uno dei periodi più bui della nostra storia.

A partire dalle persone che subirono sotto il regime fascista il carcere e il confino politico e la fucilazione dopo essere stati giudicati da un Tribunale Speciale, chiaramente di parte, ai 700mila abissini trucidati con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani. Per non parlare dei 110mila caduti nella Lotta per liberare l'Italia o dei 45.000 italiani deportati nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno. E si potrebbe andare ancora avanti. Come diceva Baruch Spinoza "Non si piange sulla propria storia, si cambia rotta". Il 25 aprile del 1945 infatti gli italiani cambiarono rotta nonostante le lacrime di sangue versato. E' proprio vero, chi non conosce la storia farebbe di tutto pur di riviverla.

Fonte: Indymedia Toscana

Milano: vietata l'iniziativa fascista del primo maggio ·

Il primo di maggio non si terrà al Lido di Milano

il previsto raduno con torneo di calcetto e concerti organizzato dai
gruppi dell'estrema destra per la morte di Sergio Ramelli. 
Questa mattina il prefetto Gian Valerio Lombardi aveva trasmesso a Milano Sport una missiva per dissuadere la società che gestisce gli impianti sportivi comunali dall'autorizzazione dell'evento. Al torneo di calcetto era prevista la partecipazione di squadre di tutte le anime della destra neofascista milanese, dagli Hammerskin a Forza Nuova. Diverse realtà di movimento milanese, dopo aver denunciato duramente la parata nazi, avevano già annunciato diverse iniziative antifasciste di contrasto alla lugubre manifestazione, nonostante la concomitanza con l'atteso appuntamento della May Day. Il servizio con Abo, di Partigiani in ogni quartiere.

http://www.radiondadurto.org/agenzia/2010-04-28-19-13_red_abo-spostamento1maggio-fasci.htm

http://www.radiondadurto.org/agenzia/2010-04-28-19-13_red_abo-spostamento1maggio-fasci.mp3

domenica 25 aprile 2010

Provincia VERGOGNA!!!RESISTENZA SIEMPRE!!!

ECCO IL TESTO DEL MANIFESTO PUBBLICATO DALLA PROVINCIA DI SALERNO

ogni commento è superfluo
La Festa del 25 aprile celebra la riconquista della libertà del popolo italiano e la difesa dei valori fondanti per la dignità dell'uomo e per la convivenza civile e democratica della nostra comunità nazionale.

In questa ricorrenza, un pensiero va al sacrificio dei giovani soldati degli eserciti alleati ed in particolare a quello del contigente statunitense, immolati sull'altare di un'altra Patria per l'affermazione degli ideali di libertà e democrazia.

L'intervento dell'America nella nostra terra ha sancito un'alleanza che ha garantito un luogo periodo di pace e di progresso economico e sociale, senza precedenti e ha salvato l'Italia, come l'Europa, dalla DITTATURA COMUNISTA*.

Il sacrificio di tanti, militari e civili, che hanno aiutato la coalizione "Alleata" dei Paesi democratici, rappresenta il punto fondante della nostra nuova Nazione. L'identità ed il sacrificio di chi ovunque ha combattuto per la Patria sono, comunque, una risorsa dalla quale attingere idee e forze per il governo e lo sviluppo della nostra terra.
Con questo spirito, l'Amministrazione della Provincia di Salerno, attraverso la celebrazione dell'anniversario del 25 aprile ripropone un ricordo ed ispira un nuovo progetto d'unità nazionale, volto a costruire un futuro migliore per i nostri figli, nel quadro dell'Alleanza e delle Nazioni Democratiche.

Ragusa, per timore di essere arrestato, clandestino si tuffa nel vuoto e muore

Milano 2010. E' morto stamattina a Ragusa un albanese di 51 anni, caduto dalla finestra di uno stabile abbandonato, all'interno della stazione ferroviaria. L'uomo si è schiantato al suolo dopo un volo di circa sette metri, riportando traumi letali. Secondo una prima ricostruzione l'albanese, nella condizione di "clandestino", si sarebbe gettato nel vuoto per timore di essere arrestato e imprigionato in un Cie, famigerato Centro di identificazione ed espulsione che i detenuti paragonano ai lager nazisti. Da qualche tempo le forze dell'ordine avevano la disposizione di cercare negli stabili di proprietà delle ferrovie gli stranieri senza permesso di soggiorno e la presenza di agenti si era fatta più frequente.

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sabato 24 aprile 2010

Mogliano: il parziale dietrofront del sindaco sul divieto a "Bella Ciao". ·

Il presidente Umberto Lorenzoni: "Finché sta con la Lega Nord non la rinnoveremo"

MOGLIANO. L’Anpi smentisce Azzolini: «La tessera gli è stata revocata». Gli screzi tra l’associazione nazionale partigiani e il sindaco moglianese, Zaia boy e leghista dell’ultim’o ra, continuano. In seguito alle dure critiche del presidente provinciale Umberto Lorenzoni, l’Anpi interviene nuovamente nel dibattito innescato dalla decisione di non suonare «Bella Ciao» alla parata del 25 Aprile.

Il sindaco in una nota aveva voluto riaffermare la sua vicinanza all’associazione nazionale partigiani: «Nessuna polemica - sono le parole di Giovanni Azzolini - se l’Anpi lo richiede formalmente, per ricordare i partigiani caduti, non pongo alcun veto, tanto più che, anche se giovane, sono da anni associato Anpi». Sia Lorenzoni che il presidente della sezione moglianese, Maurizio Beggio, negano: «La tessera non gli è più stata rinnovata nel 2010 - spiega - Nel 2009 abbiamo fatto il tesseramento all’inizio dell’anno e gli è stata data, quest’anno però anche se ce la chiede non la rilasceremo. Il suo comportamento niente ha a che vedere con i valori a cui si ispira l’Anpi. Non mi riferisco solo all’ultimo episodio di Bella Ciao, ma alla sua decisione di passare con la Lega Nord, la scelta di campo è e legittima, ma ben distante dalla nostra sensibilità». Gli screzi dunque c’erano già da tempo, negli ultimi giorni sono culminati con la censura di «Bella Ciao» alla parata ufficiale del 25 Aprile, perchè canzone troppo «rossa». Anche in questi gesti simbolici si misura la recente conquista del Carroccio di una città governata per decenni dal centrosinistra. «Non c’è nessun problema - ha ritrattato il sindaco - basta fare la richiesta ufficiale». «E noi l’abbiamo fatta» ribatte Beggio, che ieri ha depositato una lettera con cui invita il primo cittadino a far eseguire il brano in piazza Caduti al termine della manifestazione.

Ma l’ex partigiano Lorenzoni commenta con disappunto questa procedura decisa dal sindaco, messo alle strette da un imponente movimento spontaneo di cittadini e di reazioni politiche: «Da che mondo è mondo non ho mai sentito che bisogna fare una domanda per far suonare una canzone - è la considerazione di Umberto Lorenzoni, ieri a Mogliano alle medie - non ho mai saputo di un codice che ci obbliga a chiedere di poter suonare questa o quella canzone. Se questa giunta capitanata da uno che prima era sindaco col centrosinistra e ora lo fa con la Lega si preoccupa di non far suonare Bella Ciao, vuol dire che sono alla frutta. Su Azzolini, come sindaco, ricade la responsabilità di tutto questo». In vista del 25 Aprile a Mogliano, intanto, continuano le iniziative. In calendario per oggi alle 10 l’incontro al Liceo Berto con lo storico Ernesto Brunetta. Alle 20.45 al centro sociale l’incontro «Dalla Resistenza alla Costituzione» con Luigi Mariucci dell’u niversità di Venezia. Tra l’Anpi e Azzolini potrebbe esserci il definitivo faccia a faccia. Lorenzoni, Beggio e Azzolini avrebbero già dovuto incontrarsi ieri davanti ad una platea di bambini, ma il primo cittadino ha dato forfait. E intanto Azzolini fa scuola: nasce anche a Sassuolo, dopo Mogliano, una polemica su «Bella Ciao»: secondo il Pd, il sindaco del Pdl Luca Caselli non vorrebbe farla suonare per la Festa di Liberazione. Ma il sindaco smentisce seccamente.

Fonte:
href="http://roma.indymedia.org/node/19523">Indymedia Roma

Piazza Fontana: 'Quell'arsenale ripulito dai Carabinieri'

Gian Adelio Maletti, allora numero due del Sid, ricostruisce gli anni delle stragi in una lunga intervista diventata ora un libro

Tre giovani giornalisti (27, 28 e 30 anni) prendono a loro spese un aereo e vanno in Sudafrica, a Johannesburg, a intervistare un vecchio generale del servizio segreto militare italiano. I tre sono Andrea Sceresini, Nicola Palma e Maria Elena Scandaliato. Il generale è Gian Adelio Maletti, numero due del Sid negli anni della bomba di piazza Fontana (1969), del tentato golpe Borghese (1970), della strage di Brescia (1974), della strategia della tensione. Per tre giorni interrogano l’agente segreto, l’ufficiale rimasto (finora) il più alto in grado a sopportare tutto il peso dei depistaggi di Stato sulle stragi. Maletti risponde. Racconta. Non ricorda. Spiega. Nega. Rivela. In maniera obliqua e parziale, ma a suo modo illuminante, ricostruisce la trama della guerra segreta combattuta in Italia in quegli anni. Protagonisti, gli esecutori neofascisti di Ordine nuovo e di Avanguardia nazionale, i loro protettori dentro gli apparati di Stato italiani, le ombre atlantiche. Il lungo colloquio diventa ora un libro, "Piazza Fontana, noi sapevamo", prefazione di Paolo Biondani, edito da Aliberti. Qui ne presentiamo un brano (pubblichiamo anche i video di quattro momenti dell'intervista al generale Maletti, parzialmente inediti, in esclusiva per il lettori dell'Antefatto). In esso, il generale Maletti parla di un informatore del Sid infiltrato nel gruppo veneto di Ordine nuovo, Gianni Casalini, fonte “Turco”. Spiega come il Sid gli impedì di rivelare alla magistratura quello che aveva visto sugli attentati del 1969. E (fatto inedito) di come i carabinieri "ripulirono" il deposito da cui proveniva l’esplosivo americano usato in piazza Fontana a Milano e probabilmente in piazza della Loggia a Brescia. Proprio domani, Maletti sarà interrogato, in videoconferenza, al processo in corso sulla strage di piazza della Loggia, l’ultima occasione giudiziaria per tentare di far quadrare i conti tra verità storica (ormai largamente acquisita) e verità processuale.

Da "Piazza Fontana, noi sapevamo" (Aliberti editore)

Sei anni dopo piazza Fontana, accadde un piccolo episodio che la vide protagonista. Era il 5 giugno 1975. Lei prese un foglio, e scrisse questo breve appunto: «Colloquio con il signor caposervizio. Caso Padova: Casalini si vuol scaricare la coscienza. Ha cominciato ad ammettere che lui ha partecipato agli attentati sui treni nel 1969 e ha portato esplosivo; il resto, oltre ad armi, è conservato in uno scantinato di Venezia. Il Casalini parlerà ancora e già sta portando sua mira su altri gr. Padovano + delle Chiaie + Giannettini. Afferma che operavano convinti appg. Sid. Trattazione futura, chiudere entro giugno. Colloquio con M.D. prospettando tutte le ripercussioni. Convocare D’Ambrosio. Incaricare gr. Cc (Del Gaudio) di procedere». Se ne ricorda?

Se dovessi ricordarmi di tutte le annotazioni che ho fatto, allora sarei un’enciclopedia vivente. Comunque sì, ricordo qualcosa. L’appunto si riferisce a un colloquio con il capo del Sid, che ai tempi era l’ammiraglio Mario Casardi. Lo scrissi piuttosto frettolosamente, come si può notare. Probabilmente, ero nel mio studio, a Forte Braschi, e c’era la macchina che mi aspettava fuori.

Il documento fu scoperto nel 1980, durante una perquisizione a casa sua. Di Gianni Casalini abbiamo già parlato: era un militante del gruppo padovano. Lavorò per il Sid, con il nome in codice “Turco”, dal 1972 al 1975: fino a quando, cioè, lei dispose la chiusura della fonte. Poco fa, lei ci ha detto una cosa importantissima: Casalini, durante la sua collaborazione, vi rivelò un grande segreto. Parlò dell’esplosivo di piazza Fontana, disse che le bombe venivano dalla Germania, che erano di provenienza americana, e che erano state consegnate ai neofascisti veneti. Tutte informazioni che rimasero misteriosamente riservate, almeno per la magistratura. Poi, nel 1975, come se non bastasse, lei prese questa decisione: chiudere la fonte. Perché?

Continua...

Ogni giorno è il 25 aprile


PRAGA – Come passano gli anni, sono già 65! Eppure ho conosciuto tante persone (e ne conosco, ahimè, purtroppo sempre di meno) che c’erano, giovanissime e giovanissimi, nelle piazze del nord del Paese, a dare la spallata finale al nefasto regime nazifascista. Certo, spallata è un termine che non fornisce un’idea esatta di quanto avvenne, non rende giustizia a tutti coloro che proprio per la sete di giustizia offrirono i loro anni migliori al futuro di questo Paese, che per ricordarli non conosce sport migliore che quello di infangare la loro memoria.

Non è un mero slogan ricordare che il 25 Aprile è “sempre”. Perché nella pratica politica e culturale quotidiana in Italia sono in atto proprio da “sempre”, dal giorno di quell’insurrezione vittoriosa (?), tentativi che col passar degli anni si fanno più pressanti, di gettare fumo e oblio, nell’intento di cancellare quanto fu fatto per risollevare il Paese dall’inferno e dalla vergogna.

Ci raccontano che, tutto sommato, le porcherie le fecero un po’ tutti. Ci raccontano che tutto sommato il fascismo fece le strade, non solo da noi, anche in Abissinia. Che prima in quei luoghi sorgevano dei villaggi e che noi su quei villaggi ci avevamo buttato il gas per sterminare tutti e costruire “le vie di comunicazione del nostro impero” ... quello non ce lo dicono più. D’altra parte, mica si possono ricordare di tutto. Come gli oppositori del regime fosse arrestati, mandati al confino e torturati; come gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali fossero espulsi dall’istruzione, o perdessero il posto di lavoro, fossero arrestati e mandati a morire nei campi in Italia o in Germania, in tanti se lo sono dimenticati. Non se lo ricorda più nessuno perché non ce lo ricorda più nessuno. A cominciare dai libri di storia. Che sul periodo passano velocemente e confusamente. Ma tanto i programmi scolastici non si spingeranno mai così avanti da raggiungerlo, quel periodo.

Per continuare con la tv “di Stato”, che confina programmi di storia in orari e reti che li rendono nei fatti completamente invisibili. Quale sponsor pagherebbe per essere inserito all’interno di uno di questi programmi? Molto meglio privilegiare idiozie colossali, risse in diretta con bestemmia, volgarità di ogni tipo, accapigliamenti di donne preferibilmente seminude, insomma un mare di programmi cretini per un popolo che si è fatto scientificamente rincretinire senza batter ciglio. Un popolo che ha quel che si merita, se si dimentica della propria storia.

Quel 25 Aprile avrebbe dovuto rappresentare lo spartiacque tra l’immondo baratro nel quale l’Italia si era ritrovata ed un mondo nuovo, libero, per un popolo che avrebbe dovuto voltare definitivamente pagina. Così noi, almeno nel nostro “immaginario”, ci facciamo un’idea di una Liberazione, di un’insurrezione vittoriosa. Così, nella pratica, dovrebbe essere in realtà. I cattivi perdono? Da quel giorno sono arrestati, processati, puniti; insomma non ci sono più, viene restituito al Paese lo stato di diritto, cancellate le leggi del regime, perché qualcuno aveva ragione e soprattutto qualcuno aveva torto. E chi aveva torto sparisce dalla circolazione. Invece da noi così non lo è stato mai.
Tutto è molto più offuscato, complesso, fluido. Sono tornati tutti, dal giorno stesso! Tanti con una giacca diversa, molti addirittura con la stessa. perché funzionali al mantenimento del sistema. Dello stesso sistema, nel quale i padroni continuavano a sfruttare i lavoratori. Come avevano fatto fino al giorno prima. E i padroni di un braccio armato, si sa, ogni tanto avranno pure un po’ bisogno...

Il revisionismo, inoltre, ci sta vergognosamente insegnando come la grossa partecipazione dei comunisti alla guerra di Liberazione fosse un risvolto non degno di provocare nei confronti degli stessi sentimenti quali il rispetto, l’autorevolezza, la riconoscenza, ma al contrario sufficiente addirittura a togliere questi sentimenti al movimento intero della Resistenza! Come per raccontarci oggi, a 65 anni di distanza, una bugia storica di gigantesche proporzioni, e cioè che il Paese sarebbe stato trasportato, in caso di supremazia delle forze che poi si riconobbero nel “Fronte Popolare”, sotto l’influenza dell’Unione Sovietica. Basta andare a rivedere i massacri compiuti in Grecia (non dai nazisti, non dai fascisti italiani, pur ragguardevoli), ma dalle forze anglo-americane, per capire come questo “rischio” nel nostro Paese non ci fosse affatto. E che, anzi, fu proprio la sconfitta del Fronte Popolare alle elezioni del 18 aprile 1948 ad evitare all’Italia una sorte analoga.

Un anno fa incombeva sul Parlamento della Repubblica la famigerata proposta di legge 1360, quella che, nei propositi della maggioranza, sarebbe servita a sdoganare definitivamente non solo gli ex-fascisti, già sdoganati dalla conversione in AN e dal loro ritorno ufficiale al governo del Paese, ma anche quelli che fascisti lo sono sempre stati e il fascismo non lo hanno mai rinnegato.

Quel disegno di legge è stato spazzato via dalla mobilitazione di chi ha ancora la forza e la capacità di sdegnarsi. Ma la guardia va sempre tenuta alta. Gli affossatori della verità e della Memoria dispongono di grossi mezzi, di giornali e televisioni, tutte “armi” costosissime. Figuriamoci di quante armi a buon mercato, fango e letame quotidiani ad esempio, dispongono ancora.

Questo articolo si può commentare sul blog di AURORA all’indirizzo: http://aurorainrete.org/wp/1807

giovedì 22 aprile 2010

Giornata del Prigioniero. Dal '67 a oggi, 750 mila palestinesi arrestati da Israele.

di 'Abd el-Ghani ash-Shami

Gaza - Infopal. Un nuovo rapporto pubblicato dall'ex prigioniero e ricercatore specializzato sulle questioni dei detenuti palestinesi 'Abd al-Naser Farwana spiega che gli occupanti israeliani, dal 1967, hanno arrestato circa 750.000 palestinesi di ogni parte della Palestina, tra cui circa 12.000 donne e decine di migliaia di ragazzini.

Il rapporto statistico, pubblicato in occasione della Giornata del prigioniero palestinese, che cade ogni anno il 17 aprile, evidenzia che vi sono circa 70.000 prigionieri messi in carcere da Israele a partire dall'Intifada di al-Aqsa (scoppiata il 28 settembre 2000), tra cui si contano circa 850 donne e 8.000 ragazzini.

Farwana chiarisce che gli arresti non si limitano ai membri di una specifica parte politica o di un settore della società, ma interessano tutti, indistintamente, comprendendo bambini, ragazzi, vecchi, ragazze, madri e mogli, malati e invalidi, operai e accademici, parlamentari ed ex ministri, leader politici, sindacali, professionali eccetera.

Farwana osserva perciò che quello di "prigioniero" è, nello specifico lessico palestinese, il termine più chiaro e stabile, essendo ormai entrato a far parte della cultura palestinese, poiché non vi è famiglia palestinese in cui uno o più membri non siano stati arrestati. Pertanto la questione dei prigionieri è diventata una questione centrale per il popolo palestinese, interessando ogni famiglia palestinese.

Farwana rivela nel suo rapporto che il totale dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, al 15 aprile 2010, è di circa 7.000, tra cui 35 donne e 337 ragazzini, oltre a 257 "detenuti amministrativi". Tra costoro, vi sono anche ben 15 parlamentari ed ex ministri, nonché leader politici. Tutti sono distribuiti in circa venti carceri, istituti penitenziari e centri di detenzione, i più noti dei quali sono quelli di Nafha, Rimon, Ashqelon, Beersheba (Bi'r as-Sab'), Hedarim, Jalbu', Shatta, ar-Ramla, ad-Damon, Hisharun, più i penitenziari del Negev, di Ofer, di Megiddo...

Circa 5.110 detenuti (il 73% del totale) scontano pene di diversa durata: 791 prigionieri scontano uno o più ergastoli, 579 sono i prigionieri condannati a pene superiori ai vent'anni e 1.065 scontano pene comprese tra i dieci e i vent'anni.

Ve ne sono poi 1.633 (il 23,3% del totale) in attesa di giudizio, con i "detenuti amministrativi" che sono 257 (il 3,7% del totale), mentre otto sono agli arresti in base alla legge sui combattenti illegali.

Da quando è scoppiata l'Intifada di al-Aqsa, le autorità d'occupazione hanno emesso a carico di palestinesi circa 20.000 condanne alla "detenzione amministrativa", tra nuovi arresti e rinnovi di precedenti arresti, così 257 palestinesi sono ancora in carcere in base a questo tipo di detenzione.
 Continua...

Sassari: detenuto ha un tumore al pancreas ma resta in carcere

La Nuova Sardegna

Nell’ottobre del 2008 gli è stato diagnosticato un cancro al pancreas. Da allora, nonostante i suoi disperati appelli e le lettere ai giornali, non ha potuto iniziare alcun tipo di cura. Jacques De Decker, infatti, è in carcere per droga.
Nonostante il parere favorevole del tribunale di sorveglianza, che il 24 febbraio 2009 aveva sospeso la pena per consentire al cittadino belga di andare a curarsi nel suo paese, il tribunale ordinario poco più di un anno fa ha rigettato la richiesta: si deve ancora celebrare, infatti, il processo d’appello. La data di inizio del nuovo processo, però, non è stata ancora fissata. E più tempo passerà, meno possibilità avrà De Decker di curare il male che giorno dopo giorno lo sta uccidendo. La neoformazione che gli è stata trovata nel pancreas, infatti, è passata da 2,3 a 3,8 centimetri di diametro in poco tempo.
"Se devo morire, voglio farlo accanto ai miei due bambini e a mia moglie, in Belgio" aveva dichiarato De Decker in una lettera pubblicata sulla nuova nel marzo del 2009. Il cittadino belga è stato condannato a sette anni e 4 mesi per traffico di droga. Nelle due pagine scritte a mano, aveva raccontato la sua vicenda personale, spiegando la gravità del suo caso.
"La condanna a sette anni e quattro mesi è stata sospesa dal tribunale di sorveglianza per motivi di salute - aveva spiegato De Decker -: ho un tumore al pancreas e devo farmi operare al più presto possibile. Inoltre, sono cardiopatico è ho avuto un ictus. Però, non posso andare a curarmi nel mio paese, dove vivono mia moglie e i miei due bambini, perché il tribunale ordinario ha disposto la custodia cautelare in carcere per un altro processo in cui sono imputato e non intende revocarla".
In effetti, il 24 febbraio 2009 (e successivamente all’inizio del 2010), il magistrato di sorveglianza aveva firmato il differimento della pena per Jacques De Decker e aveva disposto la scarcerazione, inviando gli atti al tribunale di sorveglianza. Due giorni dopo, il presidente del collegio aveva confermato il differimento della pena, ma non aveva potuto disporre la scarcerazione proprio perché era in corso un altro procedimento penale. In pratica, la pena era stata sospesa per consentire al paziente di curarsi, ma lui comunque non è mai uscito dal carcere.
Il magistrato di sorveglianza il 3 febbraio 2009 aveva affidato al dottor Antonio Pazzola, del reparto di Oncologia medica del Santissima Annunziata, una perizia per accertare da quali patologie fosse affetto il detenuto, se le sue condizioni di salute fossero di particolare gravità e se fossero o meno compatibili con il regime di detenzione in carcere.
Il medico incaricato era arrivato a queste conclusioni: "Il detenuto De Decker è affetto da neoplasia pancreatica complicata da pancreatite e da epatite colostatica. Le condizioni cliniche del detenuto non sono più compatibili con il regime di detenzione carceraria". Il 9 marzo 2009 il tribunale ordinario aveva respinto l’istanza di revoca della misura cautelare in carcere, presentata dal legale di De Decker, Giuseppe Onorato, e a distanza di un anno il cittadino belga è ancora a San Sebastiano. - Federico Spano

Sanremo: topo morto nel ragù, scoppia la protesta dei detenuti

Agi

Protesta e indignazione nel carcere di Sanremo. Stava per infilare il cucchiaio in un piatto di gnocchi al ragù quando, tra un pezzo di pasta e l’altro, ha trovato un topo morto. A suon di posate sbattute forte contro piatti e pentole, i detenuti hanno protestato contro la direzione del penitenziario. È così intervenuto il direttore per far rientrare l’agitazione. Sul ritrovamento del topo è stata aperta un’inchiesta amministrativa. Sovraffollamento, mancanza di agenti, suicidi e ora un topo nella pietanza di un detenuto. I gravi problemi all’interno dei carceri liguri sembrano non finire mai.

Milano: incendio al carcere minorile contro il sovraffollamento

Redattore Sociale

Oggi pomeriggio, intorno alle 13, un gruppo di ragazzi detenuti all’interno dell’istituto penale minorile "Cesare Beccaria" di Milano ha dato fuoco a materassi e stracci per protestare contro il sovraffollamento.
A mettere in atto la protesta un gruppo di 14 ragazzi. "È un periodo in cui ci sono diverse tensioni al Beccaria - commenta Angelo Urso, responsabile della segreteria nazionale Uil-Pa - c’è carenza di personale e sovraffollamento". Attualmente infatti uno dei due padiglioni del Beccaria è in fase di restauro e tutti i 56 ragazzi detenuti sono "stipati" nell’altra ala del penitenziario. Il fumo ha provocato l’immediato intervento degli agenti di polizia penitenziaria: tutti i ragazzi sono stati immediatamente fatti uscire dalle celle e sono stati poi trasferiti nel cortile dell’istituto.
Tre agenti, tra cui il Comandante di reparto, sono rimasti intossicati dal monossido di carbonio e trasportati dalle ambulanze del 118 all’ospedale San Carlo di Milano. "È il caso che i vertici dipartimentali prestino più attenzione agli allarmi dei sindacati. Appena tre giorni fa era stato sottoscritto un documento unitario nel quale si segnalava, tra l’altro, il pericolo di rivolte e tensioni", denuncia Eugenio Sarno, segretario generale Uil-Pa.
L’incendio è stato causato dagli stessi detenuti minorenni, molto probabilmente, si è trattato di una protesta per sottolineare le condizioni di disagio che si vivrebbero nell’istituto in particolare per il sovraffollamento. Secondo quanto si è appreso i detenuti hanno aspettato la pausa pranzo gettando nei corridoi, lenzuola, asciugamani e vestiario e materassi a cui hanno dato fuoco. Nelle scorse settimane una indagine dei carabinieri del Nas portò al sequestro di 200 chili di carne adulterata servita alla mensa del carcere.

Uil penitenziari: segnalato pericolo rivolte

"Appena tre giorni fa era stato sottoscritto un documento unitario nel quale si segnalava, tra l’altro, il pericolo di rivolte e tensioni. Auguriamo al personale ricoverato una pronta ripresa e consegniamo loro i nostri vivi sentimenti di vicinanza e fervida solidarietà".
Così il segretario della Uil penitenziaria, Eugenio Sarno, commenta l’incendio appiccato durante una protesta, dai detenuti del carcere minorile Beccaria di Milano. In una nota la Uil spiega che "in seguito dell’incendio sviluppatosi e provocato dai minori detenuti del Beccaria, tre agenti di polizia penitenziaria (tra le quali il Comandante) sono state ricoverate in ospedale per principio di asfissia e intossicazione. La situazione è stata riportata alla calma. I detenuti minori ora si trovano allocati all’interno del cortile passeggio per favorirne l’ossigenazione. È il caso che i vertici dipartimentali prestino maggiore attenzione agli allarmi dei sindacati".

Aggressioni fasciste a Roma

Omniroma-SCONTRI UNIVERSITÀ, 8 MISURE CAUTELARI PER BLOCCO E COLLETTIVI (OMNIROMA)


Roma, 22 apr - Questa mattina agenti della Polizia di Stato della Digos di Roma hanno eseguito otto provvedimenti cautelari che dispongono l'obbligo di dimora e di comunicazione del luogo di reperibilità alla Polizia Giudiziaria, nonché il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione dalle 19 alle 6 del giorno successivo, a carico di quattro aderenti a «Blocco Studentesco» e di quattro aderenti a collettivi studenteschi universitari, in particolare, quello dell'Università di Tor Vergata denominato «Lavori in Corso». 
Le misure cautelari sono state emesse dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Roma Adele Rando, a seguito delle richieste del Procuratore Aggiunto Pietro Saviotti e del Sostituto Procuratore Luca Tescaroli, che hanno recepito gli esiti dell'attività investigativa della Digos della Questura su alcuni episodi di tensioni e scontri tra estremisti di opposte fazioni politiche, avvenuti nel decorso mese di marzo all'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» e nei pressi della III Università. Più precisamente, nella mattinata del 15 marzo, presso la Facoltà di Giurisprudenza di «Tor Vergata», in occasione di un'iniziativa organizzata da studenti dell'area dell'estrema destra, dal titolo «Popoli Identitari», cui hanno partecipato una cinquantina persone vicine al movimento «Blocco Studentesco», alcuni aderenti al Collettivo Studentesco antagonista «Lavori in Corso» hanno incominciato a fare volantinaggio nei pressi, con successiva violenta reazione da parte degli elementi di opposta fazione, scaturita in una rissa in cui sono rimasti feriti cinque giovani dell'estrema sinistra. 
Nel pomeriggio successivo del 16 marzo, sempre a Tor Vergata, si sono verificati altri scontri tra studenti di opposta fazione, sedati dall'intervento delle Forze dell'Ordine. Nella circostanza, sono state denunciate in stato di libertà dalla Digos all'Autorità Giudiziaria perché responsabili in concorso tra loro di rissa aggravata, 27 persone, di cui 9 dei collettivi e 18 di estrema destra. Inoltre, la scorsa settimana nei pressi dell'Università Roma Tre, in orario notturno, si è verificato un altro violento scontro tra un gruppo di circa una decina di aderenti a Blocco Studentesco che stavano effettuando un «attacchinaggio» ed un folto gruppo di aderenti all'estrema sinistra, provenienti dal vicino Csa «Acrobax». Nel corso della violenta rissa scaturita nella circostanza, gli appartenenti a «Blocco Studentesco» hanno avuto la peggio e sette di loro hanno fatto ricorso a cure mediche. Anche in questa occasione il pronto intervento di personale del Reparto Volanti e della Digos ha evitato conseguenze peggiori ed ha consentito di fermare, nell'immediatezza e nei pressi del luogo dove si è verificato lo scontro, diciotto persone, nove per parte, deferite in stato di libertà all'Autorità Giudiziaria per rissa aggravata. 
Agenti della Digos a seguito di mirata attività investigativa hanno individuato e segnalato all'autorità giudiziaria alcuni soggetti responsabili dei citati scontri richiedendo, per coloro per i quali è stata ricostruita l'esatta dinamica dei comportamenti delittuosi e, talvolta, accertata la reiterazione del reato, idonee misure cautelari che, come detto, sono state emesse in data odierna. In particolare, sette persone - P.F. di anni 24, A.A. di anni 39, G.A. di anni 35 e T.S. di anni 32 aderenti a Blocco Studentesco ed a Casa Pound, S.A. di anni 32, B.A. di anni 28 e R.G. di anni 26, appartenenti al collettivo studentesco «Lavori in Corso» - sono stati sottoposti a misura cautelare perché ritenuti responsabili degli scontri avvenuti il 15 marzo scorso all'università di Tor Vergata. Inoltre, i già citati P.F. di anni 24 e G.A. di anni 35 aderenti a Blocco Studentesco ed a Casa Pound, insieme a B.M. di anni 23, gravitante in ambienti antagonisti, debbono rispondere anche della rissa aggravata avvenuta la notte del 16 aprile nei pressi della III Università degli Studi, in zona Ostiense.

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