lunedì 26 luglio 2010

Liberi tutti! Il Riesame dà ragione agli imputati dei Fatti di Pistoia


Nel tardo pomeriggio di ieri è arrivata la notizia attesa ormai da 10 mesi: i 6 imputati per i Fatti di Pistoia dell'11 ottobre scorso sono liberi. Il Tribunale del Riesame ha infatti accolto il ricorso degli imputati che in questi 10 mesi hanno scontato carcere, arresti domiciliari e dimora notturna a fronte di un capo d'imputazione, devastazione e saccheggio (reato che prevede da 7 a 15 anni di reclusione), tenuto in piedi solo per giustificare una rappresaglia politica nei confronti degli imputati. Un reato quindi giudicato inesistente sia dalla Cassazione di Roma che da Tribunale del Riesame di Firenze e che getta pesanti ombre su come siano state gestite fino ad oggi le misure cautelari e le limitazioni della libertà personale degli imputati.

Due tribunali quindi hanno confermato ciò che noi diciamo da tempo, cioè che a Pistoia è statoa costruita da parte della questura e dell'accusa una rappresaglia politica verso degli imputati che si sono sempre dichiarati innocenti e che hanno subito 10 mesi di misure cautelari in modo ingiusto e artificioso. Ricordiamo che quando furono concessi gli arresti domiciliari il Pm si oppose e chiese la carcerazione di tutti, proprio appellandosi ad un reato che per due tribunali è inesistente.

Infine è doveroso un commento sul comportamento de Il Tirreno riguardo la vicenda. Nei giorni scorsi oltre 20 organizzazioni politiche e sindacali hanno inviato comunicati di sostegno agli imputati proprio alla vigilia della sentenza del Tribunale del Riesame. Un sostegno ampio e incondizionato proprio sull'ingiustizia delle misure detentive di cui ha dato notizia anche il Tg3 oltre che numerosi giornali. Per Il Tirreno invece silenzio assoluto, il solito atteggiamento di indifferenza verso quelle persone che chiedono giustizia ma che non fanno parte della loro cerchia. Basti ricordare i titoli garantisti e commoventi con interviste annesse all'ex assessore Cecio quando ricevette, per cavilli burocratici, una sentenza favorevole. Tuttavia, per rincare la dose, Il Tirreno questa mattina invece di dare notizia della sentenza di liberazione, ha confezionato un bell'articoletto di sostegno alla Procura di Pistoia con il Procuratore Generale che annuncia che prenderà in mano il processo e che difende il Pm Boccia smentito da due tribunali. Insomma, spazio e sostegno a chi viene smontato da una sentenza e indifferenza verso coloro a cui la sentenza dà ragione. Forse della sentenza del Riesame non ne sapevano niente in redazione, ma visto il tempismo con cui sono andati in soccorso alla Procura di Pistoia non viene che da pensare male. Insomma, il solito Tirreno nemico dei livornesi e amico del potere.

fonte SenzaSoste

Catania: Detenuto suicida, è il 38esimo caso nel 2010

Andrea Corallo, 39 anni, detenuto nel carcere Bicocca di Catania, questa mattina si è tagliato la gola con una lametta da barba ed è morto dissanguato. L’uomo era stato arrestato nell’aprile 2008 a Ragusa, nell’ambito di un’operazione contro la criminalità organizzata dedita alle estorsioni.

Non carcere della Bicocca poco più di un mese fa si era suicidato un altro detenuto, Antonio Di Marco, 43enne. Nel complesso degli istituti penitenziari della Sicilia nel 2010 i detenuti suicidi sono 6, di cui l’ultimo in ordine di tempo (il 18 luglio) è stato Rocco Manfrè, 65enne, che si è impiccato nella Casa Circondariale di Caltanissetta. Da inizio anno salgono così a 38 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (32 impiccati, 5 asfissiati col gas e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause “da accertare” arriva a 105 (negli ultimi 10 anni i “morti di carcere” sono stati 1.703, di cui 594 per suicidio).

Nei primi sette mesi del 2009 (anno che ha fatto registrare il “record storico” di suicidi in carcere, con 72 casi), il numero dei detenuti suicidi era attestato a 31, quindi 7 in meno rispetto a quest’anno. Un trend negativo che, a meno di clamorose inversioni, a fine anno produrrà un numero di decessi in carcere mai visto, né immaginabile fino a pochi anni fa: a titolo di esempio nel 2007 i suicidi furono 45, l’anno successivo 46… ma oggi i numeri sono quasi raddoppiati.

E, come sottolinea oggi il Sindacato Uil-Pa Penitenziari, non sono soltanto i detenuti a “morire di carcere”: da inizio anno già 4 agenti di Polizia penitenziaria si sono tolti la vita e ieri si è ucciso anche il Provveditore alle carceri della Calabria, Paolo Quattrone.

Un estremo malessere affligge il sistema penitenziario (ufficialmente in “stato di emergenza” dallo scorso gennaio) e non se ne intravedono vie di uscita. Un malessere fatto di sovraffollamento e di carichi di lavoro insostenibili, di risorse economiche ed umane sempre più scarse, di fatiche e professionalità poco o nulla riconosciute, di strutture edilizie spesso al limite della vivibilità.

I tanti, troppi, “morti di carcere”, da entrambe le parti, sono la testimonianza più eloquente che alla dichiarazione dello “stato di emergenza” devono seguire interventi sostanziali, per uscire da questa emergenza. Da mettere in atto subito, non chissà quando… e chissà tra quanti altri morti.

fonte: ristretti orizzonti

Archiviata la querela contro la madre di Federico Aldrovandi

Aveva definito "delinquenti" i quattro poliziotti allora sotto processo per l'omicidio colposo di suo figlio. Tre di loro l'avevano denunciata ma un giudice di Mantova le ha dato ragione. Accuse archiviate perché Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi, aveva ragione. «Non consideriamo - così disse all'Ansa Patrizia il 5 luglio 2008 - quelle persone come rappresentanti delle istituzioni, ma solo come delinquenti». Nelle motivazioni, uscite mercoledì, il giudice ritiene che quelle considerazioni «non fossero affatto espressione di una critica ingiustificata e totalmente disancorata dalla ponderata valutazione di circostanze obiettive idonee a fondare quel personale convincimento della madre della vittima». In quel periodo, «contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa degli agenti», il processo era già iniziato e in fase «di avanzata istruttoria». Già allora sussistevano «molteplici prove del fatto che l'intervento operato dai poliziotti era stato caratterizzato da un uso della forza assolutamente eccessivo e sproporzionato rispetto alla finalità di bloccaggio dell'Aldrovandi che doveva essere perseguita». Quando Patrizia rilasciò l'intervista «erano già molteplici le emergenze comprovanti che a carico dell'Aldrovandi era stata esercitata una violenza non solo eccessiva e sproporzionata rispetto all'offesa da respingere, ma addirittura tale da integrare un vero e proprio "pestaggio" («assolutamente non necessario avuto riguardo all'entità dell'offesa posta in essere dal giovane», dirà il giudice in un altro passaggio, ndr) con uso di corpi contundenti assolutamente non tollerabile in un sistema democratico». Al gip mantovano, competente per territorio, non sfuggono «le difficoltà in cui sono chiamate ad operare quotidianamente e in modo meritorio le forze di polizia e il senso di frustrazione che in alcune occasioni può - sotto il profilo umano - cogliere le forze dell'ordine nel vedersi aggredite od offese da terzi soggetti». Ma «è proprio in queste situazioni che si misura la tenuta del sistema democratico e che entra in gioco la professionalità delle forze di polizia, le quali devono sempre aver presente che l'uso della forza deve costituire l'extrema ratio e che, anche quando necessario, deve essere sempre proporzionato e commisurato all'offesa da fronteggiare». Parole chiarissime che tendono a « stigmatizzare e a sottoporre legittimamente a critica, anche aspra» l'hobby di troppi operatori in divisa di esercitare «una forza repressiva obiettivamente e ingiustificatamente eccedente i limiti consentiti». Vada come vada il processo d'appello - fissato per il 17 maggio 2011 - un pestaggio come quello di Via Ippodromo del 25 settembre 2005 - «continuerebbe comunque ad integrare comportamento illegittimo». Non sfugge al gip che «colleghi e superiori» degli agenti «anziché consentire che i fatti fossero accertati in modo obiettivo, avevano fatto in modo di raccogliere il maggior numero possibile di elementi confermativi della tesi difensiva dei quattro poliziotti, facendo in modo di non avere la scomoda presenza né del pm, né dei familiari della vittima (avvertiti del decesso solo alcune ore dopo) sul luogo del delitto». Come altro avrebbe potuto definirli «una madre che aveva pacificamente perso il proprio figlio in occasione di un intervento di polizia caratterizzato da un uso della forza che definire eccessivo è riduttivo»? Però, proprio alla vigilia della manifestazione anti-bavaglio di Piazza Navona, la polizia ha suonato ancora a casa Aldrovandi. Stavolta era per notificare un'altra querela. A sentirsi diffamata, con immenso stupore della famiglia è la pm di turno quella notte che fù raggirata da chi fece le prime indagini e persuasa a non recarsi sul luogo del delitto.

Checchino Antonini

venerdì 23 luglio 2010

Bloccati i traghetti per la costiera Amalfitana a Salerno, protesta dei disoccupati!


Questa mattina (22/07/2010) hanno manifestato sul molo del porto turistico Masuccio Salernitano i Corsisti Salernitani del Progetto Conoscenza e Lavoro impedendo ai traghetti di attraccare. Protesta parallela e solidale con i Disoccupati di Napoli Progetto B.R.O.S., che ieri (21/07) hanno bloccato le partenze dei traghetti a Napoli ed hanno subìto l’ennesimo attacco repressivo destinato a chi lotta per il lavoro e la giustizia sociale in questo paese, l’arresto di due rappresentanti del movimento.

Verità è Giustizia per i Corsisti Salernitani! Con questo slogan i corsisti del progetto conoscenza e lavoro stamattina hanno manifestato nel Porto Turistico Masuccio Salernitano in Piazza della Concordia. Bloccando per oltre un’ora i traghetti diretti nelle località turistiche della Costiera Amalfitana. Alcuni senza lavoro si sono tuffati nelle acque del porticciolo. Dove di solito attraccano i traghetti.

I Corsisti attendono da tempo di poter accedere ad un percorso formativo per il reinserimento occupazionale e sociale.

“Noi denunciamo le istituzioni (Regione e Provincia) perché ci istigano a fare queste azioni di protesta simboliche.

Noi vogliamo verità e giustizia, vogliamo capire che fine hanno fatto questi soldi destinati alla Work Experience (l’hanno chiamata così IPOCRITI!!!) Il problema è che le delibere 533/534 della Regione Campania, che annullavano tutti i decreti precedenti (46 giorni) al periodo elettorale, non riguardano la realtà salernitana, e quindi restano confermati gli stanziamenti di 5 mln di euro del Master Plan che ‘dovrebbero’ essere nelle casse della Provincia di Salerno.

Quindi è solo la volontà della Provincia di Salerno che impedisce il naturale svolgimento della procedura???

A questo punto noi diciamo: Se qualcuno ha ‘distratto’ (rubato!) soldi pubblici destinati ai disoccupati deve essere denunciato pubblicamente e deve andare in galera!

L’immobilismo a Salerno e nella Regione Campania sta determinando situazioni di emergenza sociale, qui a Salerno ci troviamo di fronte a un muro granitico, mentre prima c’era un muro di gomma. Noi vogliamo un’incontro ufficiale con il Pres. Cirielli e tutto il consiglio Provinciale, quest’incontro è stato promesso da due mesi, vorremmo capire dove sono gli atti, capire se ci sono, capire se sono stati cestinati o fatti sparire? Qui in Campania la situazione è grave!”



Movimento dei Corsisti Salernitani
Progetto Conoscenza e Lavoro
Salerno

Franco e Gino liberi subito! Sblocco immediato dei fondi per il progetto Bros.

Da diverse settimane il movimento unitario dei disoccupati di Napoli e provincia sta portando avanti una battaglia durissima per lo sblocco dei fondi da parte del governo per garantire il prosieguo del progetto Bors. Il progetto Bros e' un progetto di inserimento al lavoro che in questi anni, anticipato anche dal progetto Isola, ha garantito un sostegno al reddito per circa 4.500 disoccupati di Napoli e provincia.

Gia' dalla scorsa settimana si sono susseguite azioni di lotta, il blocco del porto, l'occupazione di Palazzo Reale, l'occupazione della sede del ministero del lavoro a Napoli, l'occupazione del Duomo. Violenti scontri si erano gia' registrati la scorsa settimana quando circa una ventina di disoccupati sono stati condotti in questura e denunciati con accuse che vanno dall'interruzione di pubblico servizio alla resistenza aggravata.

Nella giornata del 21 luglio una nuova protesta del movimento dei disoccupati organizzati del progetto Bros contro regione e governo che bloccano i fondi.

Una trentina di disoccupati si sono lanciati in mare all'ingresso del porto impedendo in questo modo tutta la circolazione di navi e traghetti nel porto di Napoli.

Fermati e tratti a riva dalla capitaneria di porto sono stati condotti in Questura con l'accusa di interruzione di pubblico servizio.

Tra questi due dei portavoce del movimento dei disoccupati : Gino Monteleone del Coordinamento di lotta per il lavoro e Franco Rescigno dell'Unione Disoccupati Organizzati.

Franco e Gino sono statui tratti in arresto e condotti al carcere di Poggioreale, mentre il resto dei fermati e' stato rilasciato e denunciato a piede libero.

Franco e Gino sono oggi vittime di una rappresaglia agita dalla Questura di Napoli in cui si distingue in questi giorni l'operato del nuovo capo della Digos Bonfiglio incapace di comprendere che i drammi sociali della città non possono essere gestiti come esclusivo problema di ordine pubblico.

4.500 famiglie rischiano di vedersi annulato l'unico sostentamento economico ! L'impatto della crisi da queste parti, a Sud, significa distruzione delle politiche di welfare e repressione durissima per chi osa ribellarsi.

Reclamiamo l'immediata liberazione di Franco Rescigno e Gino Monteleone e lo sblocco immediato dei fondi per il progetto Bros.

A chi vuole il movimento dei disoccupati costretto alla marginalita' ed all'isolamento sociale e politico rispondiamo che il movimento napoletano e' compatto a sostenere la battaglia dei disoccupati contro la crisi, contro lo smantellamento del welfare, per il reddito di base.

giovedì 22 luglio 2010

L'Ufficio politico del FPLP lancia per ottobre una mobilitazione in favore del compagno Sa'adat

L'Ufficio politico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il 18 luglio 2010, ha rilasciato una dichiarazione in cui si chiede la più grande solidarietà e sostegno possibili in favore del compagno Ahmad Sa'adat, il Segretario generale del FPLP, per metà ottobre 2010, quando dal suo ininterrotto isolamento nelle carceri dell'occupante sarà nuovamente sottoposto a giudizio.

La dichiarazione del Fronte rende noto che il compagno Sa'adat ha trascorso più di un anno e mezzo in isolamento, nel mentre il sistema carcerario e i servizi di sicurezza sionisti lo dichiaravano una continua "minaccia alla sicurezza", giustificandone in questo modo la separazione dai compagni di prigionia, le persistenti limitazioni alle visite dei familiari e il divieto di accesso ai giornali e media, a libri e documenti. Il FPLP ha dichiarato che tutti i diciassette prigionieri palestinesi sotto isolamento sono a rischio a causa della brutalità e crudeltà del sistema carcerario, sollecitando a tal proposito un ampio sostegno contro l'uso dell'isolamento come arma per colpire i prigionieri palestinesi.

Il FPLP lancia una giornata di azione, di lotta e solidarietà contro l'isolamento e in aiuto dei prigionieri palestinesi, con alla testa il compagno Sa'adat. Invita tutte le forze progressiste, tutti i partiti e movimenti di liberazione palestinesi e arabi, e tutti gli amici del Fronte e del popolo palestinese nel mondo affinché organizzino eventi, azioni mediatiche e di solidarietà politica a sostegno del compagno Sa'adat, chiedendo la liberazione dei prigionieri palestinesi e denunciando l'orrore della condizione di isolamento. Invita inoltre tutte le sezioni del Fronte e i suoi sostenitori dentro e fuori della Palestina a trasformare il giorno dell'udienza del compagno Sa'adat in una giornata di mobilitazione e di solidarietà popolare insieme al movimento dei prigionieri.

Oltre a ciò, la dichiarazione dell'Ufficio politico ha chiesto alle autorità internazionali per i diritti umani e, in particolare, alle Nazioni Unite con i suoi organismi, Segretario generale incluso, che si assumano le proprie responsabilità perché i prigionieri palestinesi siano protetti e rinuncino alla loro ostinata cecità dinanzi ai crimini dell'occupazione israeliana contro i prigionieri. 
 

Ragazza nigeriana aggredita e poi deportata

Dopo il caso di Joy ed Hellen un nuovo caso di violenza ed espulsione sul corpo di una donna migrante.
Faith Ayworo è una ragazza nigeriana di 23 anni venuta in Italia per sfuggire a una condanna a morte. Quando era in Nigeria un uomo aveva cercato di violentarla, lei di era difesa uccidendo il suo aggressore. Per questo è stata processata e condannata a morte.
In Italia però ha subito un'altra violenza, da parte di un altro uomo nigeriano nel suo appartamento. I vicini hanno chiamato la Polizia e gli agenti hanno trasformato la vittima in criminale. Dopo aver identificato la giovane donna e aver verificato che su di lei pendevano due decreti di espulsione non ottemperati l'hanno rinchiusa nel Cie di via Mattei a Bologna. Questo è quello che ha riferito il suo avvocato Alessandro Vitale che ha cercato invano di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di giustizia.
Faith ne avrebbe diritto per testimoniare contro lo stupratore, ma se i tempi della giustizia sono lunghi, quelli della deportazione sono stati zelanti ed efficienti.
Quando questa mattina il suo avvocato è finalmente riuscito a raccogliere tutti i documenti e presentare anche la richiesta di asilo politico, gli agenti l'avevano già portata via per rimpatriarla.
Il suo compagno riferisce che l'ultima volta che è riuscita a sentire la ragazza era già all'areoporto di Fiumicino, pronta per essere imbarcata sul primo aereo per la Nigeria. I suoi legali stanno cercando di mobilitare tutte le istituzioni per bloccare la partenza forzata, ma ogni ora che passa le speranze sono più flebili. "Finchè la ragazza si trova sul territorio italiano, io credo che l'Italia commetta un crimine internazionale a lasciarla andare nel proprio paese dove all'arrivo l'attende l'impiccagione" - ha detto l'avvocato Vitale.
fonte: InfoAut

mercoledì 21 luglio 2010

Genova G8, 20 luglio 2001. La repressione, l'omicidio di un ragazzo, la tortura sistematica

Carlo Giuliani aveva 23 anni, quando fu ucciso. Ricordiamo Il Giornale, che uscì in questi anni con le foto del ragazzo esile, il rotolo di adesivo all'avambraccio, in mezzo alle strade martoriate dagli scontri. Cercando quasi una giustificazione alla 'punizione'. Ricordiamo il veleno lanciato dalle colonne del Corriere della Sera, a firma Ostellino. La memoria va anche alle parole ingiuriose e fasciste di Alleanza nazionale e i toni e le azioni di Gianfranco Fini, prima che il clima politico del dramma italiano non portasse l'attuale presidente della Camera a vestire i panni dell'uomo fedele alle Istituzioni, a un riformismo moderato e costituzionale. Eppure c'era lui a Genova, in quelle ore, a dare conforto alle operazioni di carabinieri, polizia, guardia di finanza, reparti speciali della polizia penitenziaria, reparti speciali della polizia, carabinieri arrivati dalle recenti missioni all'estero (il Tuscania) che sbarcavano a Genova come in una cittadina balcanica divorata dall'odio etnico o nella solitudine della tragedia somala.

Eravamo chiusi nelle gabbie, dietro le reti alte di metallo e assediati da ostacoli di cemento. Zona rossa, zona gialla... E ricordiamo anche quando il sabato maledetto, 20 di luglio, l'opposizione riformista decise di invitare a non andare a Genova, la solitudine dei manifestanti, il sindacato assente, unico vessillo a confortare quello della Fiom. In molti, dopo, chiesero scusa. Ricordiamo le visite, dopo, di Luciano Violante, Piero Fassino, Sergio Cofferati. Dopo.

E poi ancora le commissioni di inchiesta scritte nei programmi del centrosinistra e sabotate dal centrosinistra stesso, con Heidi Giuliani in Senato a chiedere giustizia, vittima dei soliti giochi di Palazzo.

E' stato scritto molto, fiumi di parole, analisi e retroscena. Non si scriverà mai abbastanza di quei giorni che furono uno dei momenti più dolorosi degli ultimi anni, quando una alternativa sembrava essere alla portata di mano nel mondo e i 'Grandi' rispondevano - e continuano a rispondere - con repressione, arresti, celle ad hoc, militarizzazione.

Per questo non ci stanchiamo di dire che manca un nome, un colpevole certificato per via legale, nell'omicidio di un ragazzo di 23 anni. La verità storica e quella giudiziaria non sono sovrapponibili, lo sappiamo, ma l'oggettivare sul piano delle garanzie istituzionali un fatto storico è la base per una convivenza pacifica. Resta negli occhi quel grande murales disegnato a Milano con la faccia di Carlo e la scritta grande, enorme: 'No justice no peace'. L'hanno fatto cancellare, le istituzioni. Imbrattava.

Nove anni dopo ci permettiamo di ricordare che non sappiamo - nove anni dopo - dove sia finita la cultura dell'ordine pubblico, che cosa si insegni ai giovani sotto le divise, non sappiamo perché non vi siano ancora numeri identificativi sui caschi di chi esercita l'ordine pubblico per le strade, non sappiamo perché il Parlamento si ostini a non riconoscere il reato di tortura nel nostro, fascista, codice penale. Che ha avuto solo tentativi di attualizzazione, mai una vera riforma.

Ecco perché anche questo 20 luglio siamo a Genova. Perché al di là del denunciare, dello scrivere e analizzare attraverso le parole, crediamo ancora nella fisicità della presenza, del corpo, degli sguardi e delle mani che stringono mani e che abbracciano chi ha sofferto. Con la consapevolezza che fino a quando non sarà stata scritta, anche su Genova, una parola chiara e condivisa, pur nel rispetto dei diversi punti di vista, non ci si potrà mai davvero riconciliare.

Carceri: un fine settimane di "morte"

Nell’ultimo fine settimana altre 3 persone sono “morte di carcere”: due si sono impiccate, la terza è stata ritrovata senza vita in cella e le cause del decesso sono ancora da accertare. Con questi ultimi 3 casi salgono a 104 i detenuti morti da inizio anno: 32 si sono impiccati, 7 sono morti per avere inalato del gas (5 di loro si sono suicidati, per gli altri 2 probabilmente si è trattato di un “incidente” nel tentativo di sballarsi), mentre 65 detenuti sono morti per malattia, o per cause ancora da accertare. In 10 anni i “morti di carcere” sono stati 1.702, di cui 593 per suicidio.

Sabato 17 luglio - Casa di Reclusione “Due Palazzi” di Padova

Sabi Tauzi, detenuto marocchino di 39 anni, viene ritrovato cadavere in cella. Ex tossicodipendente, era in carcere per droga e avrebbe finito di scontare la pena nel 2014. Il medico legale ha dichiarato che la morte è sopraggiunta per “cause naturali”, ma comunque è stata disposta l’autopsia. Le Associazioni di volontariato e la Fp-Cgil Penitenziari avevano segnalato da tempo le condizioni pesantissime del sovraffollamento, aggravate dal caldo torrido, chiedendo di intervenire con misure per alleviare il disagio insopportabile: sabato in città il termometro segnava 38 gradi e nelle celle del “Due Palazzi” la temperatura arrivava a 40 gradi. Fonti istituzionali dichiarano invece che la temperatura nelle celle era “assolutamente accettabile” e che Tauzi divideva la cella (progettata per 1 persona) “con un solo altro detenuto”. Comunque finalmente i blindi sono stati aperti anche la notte e pare che verrà autorizzato l’acquisto di piccoli ventilatori. Nella Casa di Reclusione di Padova dall’inizio dell’anno sono morti già 4 detenuti; prima della morte di Sabi Tauzi, infatti, sono avvenuti 3 suicidi: Santino Mantice, 25 anni, si è impiccato il 30 giugno scorso; Giuseppe Sorrentino, 35enne, si è ucciso il 7 marzo e Walid Aloui, 28 anni, il 23 febbraio.


Domenica 18 luglio - Casa Circondariale “San Sebastiano” di Sassari

Italo Saba, 53 anni, si impicca con i lacci delle scarpe nella sua cella del carcere di Sassari, dove era detenuto da una settimana. L’uomo è stato soccorso dagli agenti, che lo hanno staccato da quel cappio improvvisato, ed è stato portato in fin di vita all’ospedale, dove dopo circa un’ora è morto.

Intorno alle 17 di ieri nella cella di San Sebastiano c’è stato un sopralluogo degli inquirenti. Presente anche il sostituto procuratore Maria Grazia Genoese. Sul cadavere nei prossimi giorni sarà effettuata l’autopsia.


Domenica 18 luglio - Casa Circondariale “Malaspina” di Caltanissetta

Rocco Manfrè, 65 anni, muore suicida nella notte. Si sarebbe strozzato stringendosi al collo il laccio in plastica della borsa termica che i detenuti possono tenere in cella. L’allarme è stato dato dal compagno di cella e, malgrado il tempestivo intervento dei sanitari e l’immediato ricovero presso il vicino ospedale, per Rocco Manfrè non c’è stato nulla da fare. L’uomo stato arrestato solo due giorni prima, accusato di un omicidio avvenuto 18 anni fa: vittima Agostino Reina, un operaio di 32 anni sparito da Gela e il cui corpo venne ritrovato semicarbonizzato solo alcuni mesi dopo la sua scomparsa.

fonte: ristretti orizzonti

Catanzaro, il Sud Ribelle non si processa: respinta la richiesta della Procura

A Catanzaro la Corte d'Assise e d'Appello ha appena rigettato la richiesta della Procura nel secondo grado del processo al "Sud Ribelle" incriminato per la costruzione della rete verso il NoG8 del luglio 2001 a Genova.

Tutti assolti gli attivisti del sud ribelle inseguiti da otto anni da un dossier preparato dagli uomini del generale Ganzer che li accusava di diversi reati, il più grave quello di cospirare contro gli organi costituzionali. Un’accusa paradossale che era piovuta addosso a una ventina di attivisti, soprattutto di Puglia, Campania e Calabria, e che diverse procure si erano rifiutate di trattare finché un controverso pm di Cosenza non se ne volle far carico. Il sud ribelle non era un’associazione sovversiva, era un pezzo della moltitudine che contestò il G8 del 2001. Il sostituto procuratore generale Marisa Manzini, stamane, aveva chiesto oltre 30 anni di carcere. I giudizi d’appello hanno confermato quindi la sentenza di primo grado.

Gli attivisti erano inizialmente accusati di «cospirazione politica, in quanto promotori e organizzatori di una vasta associazione sovversiva di oltre ventimila aderenti che attentarono all’ordinamento economico mondiale durante il vertice G8 di Genova del luglio 2001». Il sostituto procuratore generale Marisa Manzini aveva rinunciato a contestare l’accusa di associazione sovversiva, chiedendo invece di riconoscere gli imputati colpevoli di associazione a delinquere semplice.

L’udienza odierna, per ironia della sorte, si è tenuta nel giorno dell’anniversario della morte di Carlo Giuliani. Per ricordarlo il movimento ha manifestato davanti al palazzo di giustizia del capoluogo calabrese. I magistrati hanno dichiarato inammissibile l’appello dell’accusa in relazione ai capi di imputazione per i quali il procuratore generale ha rinunciato, confermando la sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte d’assise di Cosenza il 24 aprile 2008. Tra novanta giorni saranno depositate le motivazioni e la procura potrà decidere l’eventuale ricorso in Cassazione. Proprio una settimana fa proprio il generale Ganzer è stato condannato per una storia di traffico di stupefacenti internazionale finalizzato, tra l’altro, alla costruzione delle carriere sua e dei suoi uomini. La notizia rimbalza anche in piazza Alimonda dove si stà svolgendo la manifestazione di commemorazione per il nono anniversario dell’omicidio di Carlo Giuliani. Nove anni dopo, le condanne alle forze dell’ordine coinvolte nelle violenze alla Diaz e a Bolzaneto e l’assoluzione definitiva del sud ribelle, fa risaltare ancora di più il processo negato per il fatto più grave del luglio 2001, l’omicidio di un ragazzo.

Il messaggio dagli indagati:
«Il processo al Sud Ribelle finisce veramente qui. Grazie a tutti»

lunedì 19 luglio 2010

Rivolta nella notte nel Cie di via Corelli

Tre uomini in fuga dopo un sit-in sul tetto Protesta contro le "pessime condizioni di accoglienza". Interviene la polizia, una decina i feriti La polizia presidia il Cie di via Corelli.

Rivolta la scorsa notte nel settore E Cie di via Corelli che ospita al momento 119 persone (80 maschi, 22 femmine e 17 transessuali). Un gruppo di una trentina di persone sono saliti sul tetto dopo aver distrutto suppellettili, arredi e dispositivi di sorveglianza per inscenarvi un sit-in. Una decina di immigrati hanno poi tentato di scavalcare le recinzioni per darsi alla fuga e in tre sono riusciti a superare gli ostacoli, due marocchini di 35 e 40 anni, il primo con precedenti per spaccio, e un tunisino di 24 anni.

La rivolta è cominciata attorno a mezzanotte e mezza. Secondo quanto si è appreso, la protesta sarebbe stata motivata da quelle che vengono definite le "pessime condizioni" di accoglienza nel Cie di Milano. Sono state danneggiate le macchine di distribuzione di bevande, porte, suppellettili e arredi prima che intervenisse la polizia. Due immigrati sono stati ricoverati per accertamenti rispettivamente al san Raffaele e al Policlinico: il primo con lesioni alle gambe in conseguenza, secondo la polizia, del salto del muro di cinta; il secondo per aver ingoiato una batteria per protesta. Sei poliziotti e un militare sono stati costretti a fare ricorso a cure mediche.
Nelle stesse ore un'altra protesta scattava nel Cie di Gradisca (Gorizia) e alcuni reclusi tentavano la fuga. E, a detta di Alberto Bruno, Commissario provinciale della Croce Rossa che gestisce la struttura, proprio la fuga più che la protesta per le condizioni di detenzione sarebbe la causa della "rivolta": E' stato un diversivo quello di salire sul tetto e danneggiare le strutture per consentire a qualcuno di fuggire. La coincidenza con la protesta di Gradisca è sospetta".

Nel dicembre dello scorso anno un transessuale detenuto nel Cie si impiccò nel giorno di Natale.

Tutto quello che non si scrive sulla condanna del generale Ganzer

La ricostruzione di una storia italiana dopo la clamorosa condanna a 14 anni del generale dei Ros: i misteri d'Italia, i processi ai movimenti, le trame...

Rinasce la P3 , il solito Dell’Utri, il coordinatore di Forza Italia, il vecchio faccendiere Carboni. Siamo abituati. Un po’ meno al fatto che un generale dei carabinieri, capo dell’ineffabile Ros, sia duramente condannato a 14 anni in primo grado per aver messo in piedi una rete che acquista cocaina in Colombia per far meglio carriera.

Il generale Ganzer non ha fatto un piega. Aspetta le motivazioni di una sentenza del processo meno raccontato dai media italiani. Eppure i protagonisti e i fatti meritavano approfondimenti. Ma oggi nel Belpease chi si mette a scrivere delle ombre del reparto operativo più osannato nella lotta al crimine?A Milano hanno condannato anche ufficiali e sottoufficiali del Ros e un alto generale. Si chiama Mauro Obinu. Vice di Ganzer. Ma anche imputato in altri processi poco raccontati. A Palermo fa coppia sul banco degli imputati con il generale Mori. Sono accusati di non aver catturato Binnu Provenzano. In quel periodo attraverso i Ciancimino avevano avuto anche il mandato di trattare con Cosa Nostra invece di pensare ad arrestare boia e mandanti delle stragi che uccisero Falcone, Borsellino e le loro scorte. Obinu sta all’Aise. Che non è un’azienda di elettrodomestici ma una delle sigle dei nostri straordinari servizi segreti che ogni tanto cambiano sigla per rinverdire il brand. Il capo di Obinu è Gianni De Gennaro condannato in Appello ad un anno e quattro mesi per la macelleria messicana della scuola Diaz di Genova quando era il capo della polizia italiana. Poi richiamo alla vostra memoria che il comandante generale della Guardia di Finanza, Roberto Speciale era stato condannato ad un anno e mezzo per peculato ed è stato ricompensato con una nomina a senatore del partito berlusconiano. Vogliamo aggiungere Niccolò Pollari direttore del Sismi salvato dalle accuse per il rapimento di Abu Omar con il segreto di Stato e ricompensato con una qualifica di Consigliere di Stato.

Vi meravigliate? Io ho poco disincanto forse perché essendo un direttore di giornale ho potuto verificare che in favore di Pollari con dossier mirati si muovevano strani personaggi calabresi in odor di massomafia. Non avete mai incontrato uomini delle istituzioni che si sentono Stato più Stato degli altri? Spesso in rapporto stretto con giornalisti di grido dotati di ottimi fonti e che nelle redazioni possono far emergere titoloni su quel personaggio o capaci di far circolare dossier molto documentati contro avversari interni o esterni. Anche loro P3? Chissà.

Stiamo ai fatti senza troppo dietrologia e comprendiamo chi è il generale Ganzer condannato a 14 anni da un Tribunale di quello Stato che doveva servire. Accademia Militare di Modena. Capitano e allivo del generale Dalla Chiesa tiene il fortino strategico di Padova dove coordina il blitz contro l’Autonomia. Si tratta del processo «7 aprile» ovvero quando l’inquisizione politica consente l’eclisse del Diritto. Il dossier che arriva al giudice Calogero porta le firma di Ganzer. Sul fronte della criminalità cattura la banda dei giostrai. Poi infiltra uno dei suoi uomini nella “Mafia del Brenta” di Felice Maniero. Pochi ricordano che un pm indaghi l’ufficiale dei carabinieri per falsa testimonianza a difesa dell’infiltrato. La circostanza è citata da Fiorenza Sarzanini del Corsera che la elogia in positivo chiosando : “preferì finire sotto processo piuttosto che tradire un collaborante”. Carabinieri su una linea d’ombra. Stato nello Stato. Ma ci sono anche magistrati che non fanno sconti. Parte da lontano la vicenda che ha visto condannare il capo Dei Ros ad una pesantissima condanna a 14 anni di carcere. A Ganzer è andata male perché ha trovato un mastino sulla sua strada. Lo stesso magistrato che ha indagato sul Sismi di Pollari. Un pm tostissimo. Armando Spataro della Procura di Milano. Che si fida ciecamente di Ganzer. Ma quelli come Spataro non si bevono tutto come oro colato. Anche se ti chiami Ganzer. Il pm riceve la richiesta di un’autorizzazione a ritardare il sequestro di una partita di droga. Questo il racconto del pm dagli atti processuali:«Mi disse che il Ros disponeva di un confidente colombiano che aveva rivelato l’arrivo nel porto di Massa Carrara di un carico di 200 chilogrammi di cocaina. Era destinata alla piazza di Milano e il confidente era disposto a fornire al Ros le indicazioni necessarie per seguire il carico fino a destinazione e catturare i destinatari della merce». Spataro firmò il decreto di ritardato sequestro. Ma i piani del Ros cambiarono: l’operazione infatti fu effettuata. Ma, dopo aver compiuto l’operazione, il Ros non diede più informazioni. Insospettito, Spataro si presentò negli uffici romani del Raggruppamento operativo speciale e chiese notizie attorno al sequestro dei due quintali di cocaina. Gli fu mostrata della droga conservata in un armadio. Quando, molti mesi dopo, Ganzer gli prospettò l’ipotesi di vendere quella droga a uno spacciatore di Bari, Spataro decise di informare il capo della procura e alcuni suoi colleghi. E ordinò la distruzione della droga. Un copione che sarebbe poi stato ricalcato molte altre volte. Secondo l’accusa, gli stessi carabinieri erano diventati protagonisti del traffico e le brillanti operazionì non erano altro che delle retate di pesci piccoli messe in atto per gettare fumo negli occhi all’opinione pubblica. Anche Fabio Salomone pm bresciano indaga sul Ros. Quello di Bergamo. I carabinieri reclutano giovani pusher su piazza. Trovano i clienti e vendono la coca. Un gruppo di carabinieri fa carriera con operazioni dove i soldi spariscono e che hanno una sorta di regia etorodiretta.

Un esponente della malavita, Biagio Rotondo, detto «Il Rosso» racconta al pm Salomone che nel 1991 due carabinieri del Ros lo avvicinarono in carcere e gli proposero di diventare un confidente nel campo della droga. In realtà, secondo l’accusa, questi confidenti (tra il 1991 e il 1997 ne furono reclutati in gran numero) venivano utilizzati come agenti provocatori, come spacciatori, come tramiti con le organizzazioni dei trafficanti. «Il Ros – scrivono i giudici nel rinvio a giudizio – instaura contatti diretti e indiretti con rappresentanti di organizzazioni sudamericane e mediorientali dedite al traffico di stupefacenti senza procedere nè alla loro identificazione nè alla loro denuncia… ordina quantitativi di stupefacente da inviare in Italia con mercantili o per via aerea, versando il corrispettivo con modalità non documentate e utilizzando anche denaro ricavato dalla vendita in Italia dello stupefacente importato. Denaro di cui viene omesso il sequestro». «Si tratta – annota la Procura di Milano – di istigazione ad importare in Italia sostanze stupefacenti». I sottoufficiali indagati nascondono microspie ambientali e registrano l’interrogatorio del Pm. Per Ganzer è un gioco facile denunciare Salomone per abuso alla procura di Venezia e paralizzare per lungo tempo l’inchiesta. Un’inchiesta, nata a Brescia nel 1997 (pm Fabio Salamone) passata poi a Milano (pm Davigo, Boccassini e Romanelli) perchè coinvolgeva un pm bergamasco, salvo poi essere mandata a Bologna (per un episodio a Ravenna), restituita da Bologna a Milano, girata a Torino e rispedita a Bologna, che sollevò conflitto di competenza in Cassazione, la quale stabilì infine la competenza di Milano. Un giro d’Italia che ha ritardato la fine di un processo durato un’eternità e che a quello di piazza Fontana gli fa un baffo per quanti tribunali ha visitato nel silenzio generale. E Biagio Rotondo detto “Il Rosso”? Il testimone che ha permesso di scoprire i giochi del Ros è morto suicida in carcere a Lucca il 29 agosto nel 2007. Cinque giorni prima la squadra mobile lo ha arrestato nell’ambito di un’inchiesta su delle rapine avviata con delle intercettazioni . Fuori dal ristorante dove lavora è stata trovata avvolta in un tovagliolo una vecchia pistola di strana provenienza e che ha giustificato il fermo per porto d’armi abusivo. Nella sua ultima lettera indirizzata anche ai magistrati che hanno gestito la sua collaborazione c’è scritto: “Confermo che tutto quello che ho detto corrisponde a verità. E’ un momento tragico per la mia vita, sono fallito come tutto e ritrovarmi in carcere senza aver fatto nulla è per me insopportabile…Vi chiedo scusa per questo insano gesto”. C’ è un’altra presunta mela marcia in questa storia. E’ il magistrato Mario Conte che a Bergamo offre la copertura legale al supermarket carrierista della droga. E quando l’inchiesta Salomone decolla Conte si fa trasferire a Brescia acconto alla stanza di Salomone. Per motivi di salute la sua posizione è stralciata e si trova in attesa di giudizio. Si vedrà.

Per il momento una sentenza di primo grado ci dice che il metodo Ganzer nella lotta alla droga ha permesso l’arresto di molti pesci piccoli, sono aumentate le finanze di molti narcos ed è aumentativo il volume della cocaina nel nostro Paese. Senza dimenticare le violazioni del diritto e la deviazione delle istituzioni. Chissà se vi è capitato di assistere in televisione a vedere i servizi di quelle operazioni antidroga come “Cobra” o “Cedro” e che nulla altro sarebbero state che delle recite a soggetto. I Ros di Ganzer avrebbero anche installato una finta raffineria a Pescara per rendenre più brillante l’operazione. Ma tutto questo non era un’associazione a delinquere secondo il Tribunale di Milano. Resta con la prescrizione una zona d’ombra anche per un carico arrivato dal Libano di 4 bazooka,119 kalasnikov, 2 lanciamissili in quel caldissimo 1993 italiano e che secondo l’originario capo d’accusa i Ros avrebbero venduto alla cosca dei Macrì-Colautti. I soldi dell’affare non si trovano. Solo qualche traccia bancaria sbiadiata. Guadagni forse personali e qualche conto off shore che l’inchiesta non è stata in grado di trovare. Ganzer e Obinu sapevano quello che combinavano i sottoposti. Sono stati tutti condannati insieme al loro tramite libanese Jean Ajai Bou Chaya che dovrà scontare 18 anni di carcere.

Intanto a Milano per arrivare a questa sentenza sono stati escussi trecento testimoni ( a favore di Ganzer la difesa ha anche chiamato l’ex procuratore nazionale Vigna) e accorpati centoquaranta fascicoli. Tenute 163 udienze in cinque anni, 28 tra requisitorie e arringhe, 8 giorni di camera di consiglio. Nessuno ha seguito il processo fatto salvo rinvio a giudizio, richiesta pena e cronache sulla sentenza. L’unica eccezione è rappresentata da un articolo dell’Unità apparso in pagina il 25 febbraio del 2009 a firma di Nicola Biondo.

Il generale Ganzer in tutto questo trambusto è diventato capo del Ros dal 2002 con beneplacito di destra e sinistra. A Mario Mori sotto processo a Palermo succede Ganzer condannato ieri a Milano. Allievi di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Nucleo speciale. Molti ufficiali e poca truppa. Investigazione speciale e segreta. I magistrati sono stati spesso al loro guinzaglio, intercettazioni invasive e operazioni nella terra di mezzo con il confidente. Una strana miscela che ha fatto esplodere conflitti esplosivi come quello tra il colonnello Riccio e Mori in Sicilia. Anche per Riccio condotte illegali nelle indagini antimafia gli sono costate una condanna in Appello a 4 anni e 10 mesi. Chi è più Stato dello Stato? I Ros di Ganzer oggi gestiscono le inchieste sui fondi neri a Finmeccanica, i ricatti a Marrazzo, tutte le nobile gesta della cricca, l’asse calobro-lombarda delle ndrine e gli affari della Camorra. Può il generale rimanere al suo posto? Secondo il ministro dell’Interno leghista e per il Comando generale dell’Arma non ci sono dubbi, dall’opposizione non vola neanche una mosca. L’attuale presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da ministro dell’Interno vide lungo e chiese che alcune competenze dei reparti speciali italiani andassero ai comandi territoriali. Il Gico della Guardia di Finanza e lo Sco della Polizia hanno ottemperato alla disposizione. Tranne il Ros dei carabinieri che con le sue ventisei sezioni dislocate nelle Procure distrettuali restano delle monadi impenetrabili. Da quei reparti vengono uomini come Angelo Jannone, Giuliano Tavaroli, Marco Mancini e finiti tutti nello scandalo dei dossier illegali Telecom-Sismi. E gli ex Sismi accusano gli ex Ros di avere contatti proprio con Ganzer che con il Ros di Roma va a Palermo a disarticolare l’ufficio di Genchi subito sospeso dall’incarico senza essere formalmente indagato mentre il generale resta al suo posto mancando solo la promozione di generale di brigata. I Ros sono quelli che arrestarono a Milano il calabrese Daniele Barillà, sette anni di carcere innocente risarcito con soldi e la fiction di Beppe Fiorello “L’uomo sbagliato”.

Potremmo narrarvi tante storie sul Ros. Ma io che sono un cronista di provincia ricordo che il Ros di Ganzer si occupò anche dei No Global di Cosenza e della Rete del Sud ribelle dopo i fatti di Genova. E dal mio archivio pesco un documentato articolo di Peppino D’Avanzo che su Repubblica ci svelava questa trama: «ACCADE che il Raggruppamento Operazioni Speciali (Ros) dell’Arma dei Carabinieri si convinca che dietro i disordini di Napoli (7 maggio 2001) e di Genova (21 luglio 2002) non ci sia soltanto il distruttivo, nichilistico furore di casseur europei o il violento spontaneismo delle teste matte (e confuse) di casa nostra, ma addirittura un’associazione sovversiva. Concepita l’ipotesi, gli investigatori dell’Arma intercettano, spiano, osservano, pedinano. In assenza di contraddittorio, s’acconciano come vogliono cose, frasi, dialoghi, eventi, luoghi edificando una conveniente e coerente cabala induttiva. È il sistema che più piace agli addetti: “lavorare su materia viva, a mano libera”. Organizzato il quadro, occorre ora trovare un pubblico ministero che lo prenda sul serio. Alti ufficiali del Ros consegnano il dossier, rilegato in nero, di 980 pagine più 47 di indici e conclusioni ai pubblici ministeri di Genova. Che lo leggono e concludono che ‘quel lavoro è del tutto inutilizzabile’. Gli investigatori dell’Arma non sono tipi che si scoraggiano. Provano a Torino. Stesso risultato: “Questa roba non serve a niente”. Il dossier viene allora presentano ai pubblici ministeri di Napoli. L’esito non è diverso: il dossier, da un punto di vista penale, è aria fritta. Finalmente gli ufficiali del Ros rintracciano a Cosenza il pubblico ministero Domenico Fiordalisi. Fiordalisi si convince delle buone ragioni dell’Arma dei Carabinieri. Ora rendere conto delle buone ragioni del Ros che diventano buone ragioni per il pubblico ministero e il giudice delle indagini preliminari, Nadia Plastina, è imbarazzante per la loro e nostra intelligenza».

Nadia Plastina è stata promossa, Fiordalisi è diventato pm in una procusa sarda e vive sotto scorta per le minacce ricevute. I militanti arrestati nell’operazione No global sono stati tutti assolti nel processo di primo grado e devono affrontare quello d’appello. Il generale Ganzer è stato condannato da un tribunale dello Stato e resta al suo posto di comandante del Ros.

Paride Leporace da carta.org

L'implosione delle carceri: fatiscenza e sovraffollamento

"Il carcere è fuorilegge" è questa la constatazione fatta propria dalle associazioni "A buon diritto" e "Antigone" supportate dalla rivista "Carta" che hanno lanciato nei mesi scorsi una campagna di inchiesta sullo stato del sistema penitenziario italiano. Dal 21 giugno al 2 luglio, esponenti delle associazioni, parlamentari, consiglieri regionali, attivisti impegnati nel settore, hanno visitato 15 istituti penitenziari riempiendo una semplice griglia utile ad evidenziare gli aspetti critici di ogni singola struttura. I risultati di queste visite sono stati presentati ieri in conferenza stampa presso la Camera dei deputati. Presenti Luigi Manconi e Patrizio Gonnella in rappresentanza delle due associazioni promotrici, alcuni parlamentari e consiglieri regionali che avevano partecipato alle visite. Il quadro che ne è emerso è a dir poco desolante e ha ragione Luigi Manconi a dire che le carceri non stanno esplodendo ma implodendo, come testimonia l' aumento dei suicidi, - gli ultimi due sventati ieri a Frosinone - degli atti di autolesionismo. Sovraffollamento e carenze strutturali si sommano in un cocktail micidiale, hanno constatato dati alla mano gli intervenuti: a Pistoia ogni detenuto ha a disposizione due metri quadrati, e lo stesso accade nel carcere milanese di S.Vittore. A Bologna la struttura potrebbe contenere 450 persone, al momento della ispezione i detenuti erano 1150, a volte causa anche la carenza di personale penitenziario, si riducono a 2 le ore d'aria giornaliere e si è nell'impossibilità di svolgere attività formative o scolastiche. È violato l'articolo 3 della Convenzione europea. Quanto avviene, spesso indipendentemente anche da chi ci opera, è da considerarsi come trattamento disumano e degradante e annienta l'idea stessa di pena come percorso di rieducazione. Ad impressionare è la costante disparità del rapporto fra capienza e presenze: Padova, 98 posti disponibili 250 detenuti, Roma Rebibbia (femminile) 281 posti, 390 persone, a Sulmona, ormai ribattezzato come il carcere dei suicidi sono in 444 dove potrebbero starne in 270, sempre nella capitale a Regina Coeli, con un reparto chiuso, 1073 presenze per meno di 650 posti disponibili, a Fermo, 80 per 45 posti, a Firenze Sollicciano 989 presenze per 521 unità, e così via. E poi strutture in cui è cronica la carenza idrica, tanto da rendere difficile farsi la doccia periodicamente, muffa e muschio sulle mura, cavi elettrici scoperti e cucine insufficienti, il lavoro esterno o interno privilegio di pochi, le porte blindate che vengono chiuse di solito dopo la mezzanotte perché non c'è personale sufficiente a garantire la custodia. Nel corso della conferenza sono state emerse iniziative: tra i parlamentari, Guido Melis ha proposto la realizzazione di una commissione parlamentare di inchiesta, Rita Bernardini ha lanciato l'idea di tornare nelle carceri il giorno di ferragosto, Ignazio Marino ha confermato la modifica del regolamento dell'amministrazione penitenziaria, che permetterà ai parenti di detenuti ospedalizzati, di conferire quotidianamente con i medici. Una decisione presa dopo la orrenda vicenda di Stefano Cucchi. È Stata mostrata copia degli esposti che Antigone e A Buon Diritto presenteranno, ai sindaci, agli assessori regionali alla Salute, ai Dirigenti delle Asl, alle direzioni delle Case circondariali competenti per i 15 istituti visitati. Nell'esposto si intima, ai termini di legge, di ripristinare condizioni sanitarie conformi al dettato normativo. Il consigliere regionale in Abruzzo della Federazione della Sinistra, Maurizio Acerbo, è intervenuto proponendo che vengano visitate anche le strutture in cui le condizioni di vita sono ancora peggiori e facendo appello ai consiglieri regionali soprattutto della FdS affinché facciano propria questa esigenza. In Abruzzo, su proposta di Acerbo si sta provvedendo ad istituire la figura del garante dei detenuti ancora assente nella legislazione regionale.

Stefano Galieni

Barcellona Pozzo di Gotto: Un manicomio trasformato in un carcere incivile

A Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, il manicomio non ha mai smesso d'esistere. Anzi, la situazione odierna dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario rappresenta una tragica realtà sempre più drammatica e destinata a peggiorare.

L'istituto di Barcellona è l'unico Opg che non ha ancora recepito il Decreto dell'1 aprile 2008, tramite il quale si è stabilito il trasferimento delle competenze relativamente alle funzioni sanitarie, ai rapporti di lavoro, alle risorse finanziarie e strumentali in materia di sanità penitenziaria al Sistema sanitario nazionale. La struttura barcellonese rimane dunque a carico del Ministero della Giustizia.

Parallelamente un numero sempre maggiore di internati provenienti sia dagli altri istituti italiani - in fase di ristrutturazione, di dismissione o di chiusura definitiva - sia dai territori viene continuamente portato qui. Un vero e proprio trasferimento di massa che ha reso questo istituto l'unico "contenitore" a livello nazionale di casi fortemente disagiati e di un lungo elenco di persone che non avrebbero alcuna necessità di essere istituzionalizzate (senza fissa dimora, mendicanti, stranieri senza documenti, etc.), ma che, minando la "sicurezza" di facciata tanto proclamata, vengono rinchiusi all'interno dell'Opg.

I degenti sono al momento circa 320 (ma il numero è in continua oscillazione) mentre il personale impiegato è fortemente carente: agenti di guardia, assistenti sociali, educatori, infermieri e medici specializzati, non riescono a garantire le necessità di base e le cure che sarebbero fondamentali in una struttura di questo tipo. Questo perché il personale impiegato è poco e - per quanto riguarda soprattutto le guardie carcerarie - non specializzato per un istituto che non dovrebbe essere un carcere. Paradossalmente, si discute da qualche tempo di una imminente apertura del braccio femminile che contribuirà ad esasperare l'attuale situazione di degrado e difficoltà di gestione di tutte le attività a partire dalle normali esigenze igieniche e logistiche dell'ospedale, dove mancano anche le minime strutture quali bagni e non sono garantiti i servizi di pulizia basilari (cambio delle lenzuola, lavanderia, pulizia delle stanze). In questo assurdo inferno quotidiano vivono anche 54 stranieri provenienti da 22 diversi paesi. Stranieri che spesso non parlano l'italiano, non conoscono le reali motivazioni della loro reclusione e non hanno alcuna rete sociale-familiare di riferimento sul territorio.

Questa realtà, da molto tempo denunciata dalle reti locali e dalle associazioni, sembra ora essere venuta a galla. Nel mese di giugno infatti, due ispezioni parlamentari a sorpresa negli Opg di Barcellona Pozzo di Gotto e di Aversa hanno risvegliato l'indignazione degli ispettori presenti.

La commissione parlamentare presieduta da Ignazio Marino, istituita con "funzione di inchiesta sull'efficacia del servizio sanitario nazionale", inaspettatamente ha avuto occasione di constatare quale e quanto sia devastante le condizioni di vita delle persone internate negli Opg. La commissione ha visitato 2 dei 6 reparti dell'Istituto di Barcellona e quanto ha constatato non lascia alcuno spazio a fraintendimenti.

La pratica della contenzione forzata, in particolare, ha stupito tanto Marino quanto il senatore Michele Saccomanno (Pdl) che racconta: "Abbiamo un affollamento fino a nove persone in stanza. Nelle due stanze predisposte alla contenzione c'è un paziente detenuto, scarsamente sedato, coperto da un lenzuolo ma completamente nudo, con polsi e caviglie strettamente legati agli assi metallici del letto, che, oltre che arrugginito, è predisposto con un foro centrale per feci e urine a caduta libera in una pozzetta posta in corrispondenza sul pavimento".

Ad oggi i numerosi i tentativi di richiamare l'attenzione sulla situazione dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona, a tutti gli effetti un carcere senza alcuna regolamentazione circa la specificità dei casi e degli aspetti psichiatrici non hanno sortito risultati soddisfacenti. L'Italia è rimasto l'unico paese dell'Occidente "civilizzato" dove la gestione dei "folli-rei" è affidata all'amministrazione che gestisce le strutture carcerarie. Diverse forze sia associative che istituzionali hanno cercato interlocutori politici regionali, "da ultimo l'assessore alla sanità Russo, persona di notevole rilievo sotto molti aspetti, ci ha molto chiaramente detto che la responsabilità, in termini di recepimento del decreto nella legislazione siciliana, spetta alla politica che deve prevederne apposita norma e stanziare i fondi", queste le parole del direttore dell'istituto Nunziante Rosania.

Il circolo Arci Città futura, la Casa di solidarietà e accoglienza e altre realtà associative del territorio da vent'anni lavorano dentro e fuori l'istituto per smantellare lo stato delle cose, per affermare che le esperienze di inserimento lavorativo e sociale sui territori d'appartenenza già sperimentate sono testimonianza di come sia possibile superare definitivamente questo Istituto "totale" e dare alle persone opportunità dignitose di riappropriazione di quel sé a volte dimenticato, schiacciato dal pregiudizio e dalle paure di una società che si dichiara civile.

Approfittiamo dunque di questa momentanea vetrina di visibilità per ribadire ancora una volta che l'Opg deve essere chiuso, che basterebbero alcune misure di immediata realizzazione per rendere più semplice il percorso di tante, troppe persone costrette a trascorrere le proprie esistenze all'interno di questa struttura: abolizione delle proroghe, diritto di residenza, riorganizzazione dell'assistenza e della cura su base territoriale per garantire a piccoli gruppi di pazienti di essere seguiti in strutture chiaramente diverse dall'Opg con risultati migliori e un più facile reinserimento. Chi non l'ha ancora visto forse non ci crede. L'Ospedale psichiatrico giudiziario deve chiudere.

Circolo Arci città futura
Casa di Solidarietà ed Accoglienza

venerdì 16 luglio 2010

Verità e Giustizia per i Corsisti Salernitani del Progetto Conoscenza e Lavoro!

Comunicato Movimento di Lotta dei Corsisti Salernitani del Progetto Conoscenza e Lavoro

Per la difesa della nostra dignità, dei nostri diritti!
Per garantire un futuro migliore ai nostri figli!
Per non andare, per non tornare in galera!

…che Salerno non contasse nulla a livello regionale i disoccupati e le disoccupate di Salerno lo sanno da una vita ma, assistere al gioco delle tre carte (tra la Provincia di Salerno e la Regione Campania) è troppo!

Il gioco consiste nel far apparire e sparire i finanziamenti Europei destinati a Salerno, fondi attestati da delibere, decreti ed atti pubblici, che riconoscono e legittimano la continuità della Formazione in Aziende sia Pubbliche che Private, questo è il massimo della strafottenza e dell’arroganza.

Se poi a tutto questo si aggiunge il solito valzer/scaricabarile delle responsabilità, in questo periodo di drammatica povertà, di miserie e di precarietà a Salerno, è ancora più grave. Questo modo di agire delle istituzioni locali (Regione e Provincia) grava sulle aspirazioni di centinaia di uomini e donne di Salerno che sperano di accedere ad un diritto, peraltro acquisito legalmente, di un minimo di reddito con la speranza di un ‘inserimento socio/lavorativo.

PRETENDIAMO ED ESIGIAMO, IN QUANTO NOSTRO DIRITTO, LA VERITÀ!

Che fine hanno fatto i 2.500.000 di euro dei Fondi Europei 2007/2013 (BURC N° 51 del 24/09/2007) destinati alla prosecuzione con le Work-Experience ai Corsisti Salernitani del Progetto Conoscenza e Lavoro?

Non possiamo assistere alla partita di ping pong tra l’Assessorato al Lavoro della Provincia di Salerno che afferma addirittura la sparizione dei Fondi ed i Funzionari della Regione che ribadiscono non solo che i finanziamenti del progetto ci stanno e che dipende solo dall’Assessore al Lavoro della Provincia di Salerno che da Marzo 2010 non vuole firmare la convenzione.

Questa farsa deve finire, perché si scherza sulla pelle della povera gente, che da due anni viene presa in giro e le istituzioni (Provincia e Regione) comportandosi così ci istiga quotidianamente a delinquere.

IL PREFETTO, IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI SALERNO CI DICANO LA VERITÀ

Devono spiegare ai Salernitani se per un diritto già acquisito, addirittura legiferato dobbiamo consumare dei reati, a seguito di manifestazioni, andando così ad accrescere il popolo di detenuti che affolla il carcere/lager di Fuorni. Ci dicano se per noi e per i nostri figli le scelte sono: la galera, l’emigrazione, la depressione, la droga, il suicidio che poi faranno versare le ipocrite lacrime ai Politici e alla Salerno Bene.

A Salerno le lotte dei docenti precari, dei ricercatori universitari, degli studenti e disoccupati si uniscono!

Scoppia la rabbia dei disoccupati e corsisti salernitani. Ieri trenta manifestanti hanno presidiato il palazzo della Provincia. Ad innescare la mobilitazione, il mancato sblocco di 2 milioni e 500 mila euro da parte della Regione per il completamento del progetto «Conoscenza e Lavoro» che interessa ad oggi 375 corsisti di Salerno e provincia.

«Vogliamo chiarezza, questi soldi, ammesso che ci siano, devono essere sbloccati, il paradosso è che sono stati stanziati ma mancano le firme necessarie per l’erogazione», la denuncia di Franz Cittadino, del movimento dei Corsisti salernitani. «Chiediamo alla Provincia e all’assessore provinciale al Lavoro, Anna Ferrazzano, di andare al più presto a Napoli per firmare con la Regione la convenzione utile per lo sblocco dei fondi – continua Cittadino – c’è una corsa contro il tempo perché il 31 dicembre scade il termine per la consegna delle relazioni per la continuità del progetto che prevede esperienze lavorative part time presso aziende, dopo una fase di formazione con corsi di 400 ore».


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Una fiumana di slogan e cori che ha mandato in tilt mezza città. Un unico movimento, compatto, che ha gridato forte e chiaro il proprio dissenso contro le manovre del Governo, la riforma della scuola e il disegno di legge Gelmini sull’Università.


Mondo accademico e dell’istruzione salernitana formano un fronte comune di protesta, riversando in piazza rabbia, colori, folklore. Erano poco più di 400 i manifestanti che ieri mattina si sono dati appuntamento in piazza Portanova per dire «no» alla riforma della scuola e della ricerca.

C’erano studenti, ricercatori. C’era il movimento dei Cobas Scuola, dei docenti precari in lotta contro i tagli e la riduzione delle cattedre. Dall’anno prossimo più di 1200 docenti e impiegati Ata precari non lavoreranno nella scuola salernitana. «Un disastro, uniamoci o sarà la fine, basta con le lotte individuali, studenti, docenti, ricercatori, stringiamoci», urla Alessandro D’Auria, vox populi dei prof precari salernitani. Ad applaudirlo un’intera categoria in agitazione, quella dei ricercatori del Campus di Fisciano, sul piede di guerra da fine giugno contro il disegno di legge Gelmini che a loro dire «segnerà la fine della ricerca pubblica». «Non si va avanti, i più giovani di noi possono scordarsi un percorso di ricerca universitaria», sostiene il ricercatore Massimo Blasone. Serpeggia delusione, preoccupazione. «Che futuro c’è per noi?», l’interrogativo di due studenti, Mario Capasso e Rosario Antonini. Prof, studenti, docenti, l’unione c’è. «Siamo tutti uniti, basta con i tagli indiscriminati, salviamo la risorsa scuola», predica il segretario provinciale della Flc Cgil. E allora si studiano le strategie di mobilitazione.

Già stamane, aula delle lauree di Ingegneria, ore 10.30, ricercatori e prof dell’Ateneo di Fisciano si riuniranno in assemblea per decidere iniziative di protesta «inaspettate e di grande impatto per l’opinione pubblica», rivela sotto un caldo torrido, Jonathan Pratschke, ricercatore di Sociologia. Le bocche, per ora restano cucite, ma già ieri serpeggiavano clamorose prese di posizione. Una potrebbe essere la decisione di scendere in piazza e spostare le sedute d’esame in pubblico. L’altra sarebbe quella di tenere gli esami all’Università ma nelle ore notturne. E così, dopo il blocco degli esami nelle scorse settimane ad inizio luglio, il mondo dell’università sceglie di non fermarsi. «Per settembre si annuncia un collasso dell’Università con il 60 per cento dei 450 ricercatori di Fisciano che si sono rifiutati di dare la loro disponibilità a svolgere le attività didattiche», dichiara Pratschke. «Siamo di fronte al rischio di una privatizzazione dell’università sempre meno pubblica e di massa», denuncia il rappresentante della Cgil Università, Michele Pirone. Poco dopo mezzogiorno, l’orda dei manifestanti con tanto di t-shirt «Unisa in lotta» si sposta sul Lungomare fino ad arrivare in Prefettura dove una delegazione di manifestanti viene ricevuta dal prefetto, Sabatino Marchione, al quale vengono illustrate le ragioni della protesta.

fonte Il Mattino di Salerno

Suicidio nel carcere di Torino: 101° detenuto morto nel 2010

È morto tre giorni dopo aver tentato il suicidio nel carcere delle Vallette, Antimo Spada. Il 35enne originario di Aversa, esponente dei Casalesi di secondo piano, era stato arrestato nel 2005.

Secondo quanto si apprende, l’uomo, che doveva scontare ancora nove anni di condanna all’interno del penitenziario “Lorusso e Cotugno” si era impiccato in cella domenica pomeriggio. Era stato subito soccorso dagli agenti di polizia penitenziaria che l'avevano trasferito all’ospedale Maria Vittoria. Spada che si trovava nella settima sezione - blocco A del carcere era sottoposto a regime di alta sicurezza.

Dall’inizio del mese, oltre al suicidio di Antimo Spada, abbiamo raccolto segnalazioni di altri tre detenuti morti nelle carceri italiane: al Nuovo Complesso di Rebibbia, Roma, il 3 luglio è morto Hugo Cidade, 47 anni, argentino. Aveva una cirrosi epatica, patologia già ampiamente diagnosticata e per cui pare i medici del carcere avessero già da tempo dichiarato l'incompatibilità con il regime carcerario. Nonostante questo è rimasto in cella e vi è morto.

Tra il 7 e l’8 luglio, nel carcere di Napoli Secondigliano sono morti due detenuti italiani, sembra a causa di gravi malattie di cui erano affetti. Non sappiamo altro su di loro, né i nomi né l’età.

Con questi ultimi 4 casi salgono così a 101 i detenuti morti da inizio anno: 30 si sono impiccati, 7 sono morti per avere inalato del gas (4 di loro si sono suicidati, per gli altri 3 probabilmente si è trattato di un “incidente” nel tentativo di sballarsi), mentre 64 detenuti sono morti per malattia, o per cause ancora da accertare. In 10 anni i detenuti morti sono stati 1.699, di cui 591 per suicidio.

fonte: Ristretti Orizzonti

Chi finanzia GREENPEACE?‏

L'organizzazione ambientalista più famosa del mondo riceve donazioni da grandi magnati del petrolio, automotive e mass media. Il caso più eclatante è quello dei Rockefeller, azionisti e fondatori di compagnie petrolifere come Exxon Mobil. La loro fondazione ha sostenuto Greenpeace con oltre un milione di dollari.

Manuel LLamas.- Greenpeace, l'organizzazione ambientalista più famosa e forse, più potente del mondo, si finanzia attraverso contributi volontari versati annualmente dai suoi donatori. Secondo quanto recita il suo statuto, al fine di "mantenere la loro totale indipendenza, Greenpeace non accetta fondi da aziende, governi o partiti politici. Noi prendiamo questo molto seriamente, e controlliamo e rimborsiamo assegni quando provengono da un account aziendali. Noi dipendiamo dalle donazioni dei nostri sostenitori per svolgere le nostre campagne non violente per proteggere l'ambiente".

Tuttavia, tale slogan non include le donazioni generose che abitualmente ricevono da grandi fondazioni e organizzazioni non profit che, curiosamente, appartengono a grandi famiglie e magnati legati al petrolio, banche, media e anche automobili.

Come è possibile? La ONG ambientale per eccellenza finanziata con il denaro generato da alcuni dei settori produttivi più inquinanti del pianeta? Un tuffo profondo nei conti oscuri di questa organizzazione rivela grandi segreti e, soprattutto, molte sorprese.

Greenpeace ha molte filialii situate in tutto il mondo, ma in tutto il mondo uno dei più potenti ed influenti a livello mondiale è, senza dubbio, il quartier generale situato negli Stati Uniti. Il franchising di Greenpeace ha 4 volti: Greenpeace Foundation Inc. Greenpeace Fund, Inc. e Greenpeace Greenpeace Vision Inc.

Il progetto Activist Cash, creato dal Center for Consumer Freedom, un'importante associazione di consumatori statunitense, rivela alcune delle fonti di finanziamento più controverse di questo gruppo ambientalista.

Il progetto nasce con l'idea di fornire informazioni sul profilo e le risorse economiche dei gruppi anti-consumo. E come non potrebbe essere diversamente, tale entità dedica una sezione esclusiva a Greenpeace . Secondo Activist Cash, Greenpeace ha ricevuto significtive donazioni dalle seguenti fondazioni, come evidenziato dal grafico seguente:

Ma cosa sono questi gruppi? Sono le fondazioni appartenenti ad alcune delle famiglie più ricche del mondo, le cui fortune provengono dal business petrolifero, automobilistico e grandi gruppi mediatici statunitensi. Il blog Desdeelexilio ha analizzato questi dati per dimostrare la quantità e la veridicità di tali azioni e il risultato è il seguente.

Il flusso di denaro tra il franchising di Greenpeace con sede negli USA è costante. La legge statunitense impone una dichiarazione annuale delle imposte a tali organismi, nella quale figurano le entrate e le spese.

Le informazioni annuali del pagamento dell'imposta si trovano nella cosiddetta IRS Form 990 (Return of Organization Exempt From Income Tax). In questi documenti ufficiali appaiono dettagliatamente, ad esempio alcune di queste donazioni nel corso degli ultimi anni.

Rockefeller Brother´s Fundation: 1,15 milioni dollari

Dal 2000 al 2008 la Fondazione della famiglia Rockefeller ha finanziato Greenpeace con 1,15 milioni. La fortuna dei Rockefeller pro viene dal business del petrolio.

John D. Rockefeller fondò la compagnia petrolifera Standard Oil, che venne a monopolizzare il business del petrolio agli inizi del XX secolo. Tuttavia, il governo degli Stati Uniti accusò la compagnia di monopolio e decretò la sua divisione in 34 società, ma i Rockefeller mantenennero la loro presenza in esse.

La più famosa è ora, Exxon Mobil Corporation, una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo. I discendenti di John D. Rockefeller sono azionisti di Exxon Mobil. Anche se di minoranza hanno ancora notevole influenza e peso nella società. I Rockefeller hanno anche una presenza in grandi banche come JP Morgan Chase & Co (Chase Manhattan Bank) o City Bank, che a sua volta detiene azioni in grandi compagnie petrolifere internazionali.

Marisla Foundation: 460.000 dollari

Questa fondazione è anche conosciuta sotto il nome di Homeland Foundation. E 'stata fondata nel 1986 dalla potente famiglia Getty. J. Paul Getty fondo la petrolifera Getty Oil, ora nelle mani della russa Lukoil.


Turner Foundation: 450.000 dollari

Turner Foundation è stata creata da Robert Edward Turner nel 1990. Ted Turner è uno dei grandi magnati della comunicazione negli Stati Uniti, noto proprietario di canali televisivi come CNN, TNT e AOL Time Warner, tra gli altri. Il suo contributo alla Greenpeace, è di 450.000 dollari in soli tre anni.

Charles Stewart Mott Foundation: 199.000 dollari

Charles Stewart Mott era il padre del terzo gruppo industriale di produzione automobilistica a livello mondiale: la General Motors. Prima di presentare istanza di fallimento, nel giugno 2009 - questo gruppo fabbricava i suoi veicoli con marchi come paradigmatici e a basso inquinamento come Buick, Cadillac, Chevrolet, GMC, GM Daewoo, Holden, Opel, Vauxhall o il famoso Hummer.

In breve, non è sorprendente che una delle organizzazioni ambientaliste più attive contro le emissioni di CO2 in atmosfera, accetti succulenti somme di denaro da alcuni dei principali attori del petrolio e del settore automotive in tutto il mondo. Soprattutto se si tiene conto del fatto che Greenpeace sbandiera grandi campagne accusando gli scettici del cambiamento climatico per ricevere denaro dal settore petrolifero e grandi imprese industriali.

20 LUGLIO A CATANZARO,PROCESSO DI APPELLO AL SUD RIBELLE

20 LUGLIO A CATANZARO,PROCESSO DI APPELLO AL SUD RIBELLE
“SIAMO TUTTE/I IMPUTATE/I, CARLO GIULIANI E’ TUTTE/I NOI”

 Dopo 8 anni il processo al "Sud Ribelle" si avvicina alla conclusione. Il 20 luglio, 9° anniversario dell’assassinio di Carlo Giuliani e data simbolo delle giornate di Genova, la Corte di Assise d’Appello diCatanzaro si pronuncerà sulla decisione della Corte di Assise di Cosenzache ha assolti i 13 compagni/e , mandando in frantumi il forcaiolo teoremaFiordalisi.Nel rituale questurino-giudiziario , sotto accusa sono sempre le idee e i propugnatori dell’uguaglianza e della giustizia sociale, che la piazza di Genova chiedeva unanimemente. Genova ha segnato il movimento con la morte impunita e archiviata di CarloGiuliani; con i pestaggi di massa e le violenze alla scuola Diaz e a Bolzaneto, con le pesanti condanne inflitte alle/i compagne/i condannati sdoganando i reati fascisti di “devastazione e saccheggio”. E il 20 luglio a Catanzaro pende il rischio che la Corte di Assise d’Appello possaaccogliere il ricorso della Procura di Cosenza o anche riportare il processo addirittura all'anno zero. Le accuse, molto fantasiose, vanno dall'Associazione Sovversiva alla "Cospirazione contro lo Stato" e contro l'Ordine economico mondiale"(!! magari..)per le contestazioni di Napoli e Genova 2001. Il processo al Sud ribelle, è bene ricordarlo, è uno dei due filoni d'inchiesta aperti da Genova, che ha tentato di raccontare in chiavecriminale quella informale aggregazione autonoma che contestava chi affama e avvelena il pianeta... Mentre i veri criminali hanno assassinato Carlo e assassinano giorno dopo giorno la libertà di pensare e dissentire, di agire e di esistere . Il 20 luglio 2010 a Catanzaro, a Genova e dovunque, dobbiamo essere piùche mai presenti in piazza per non dimenticare e per non lasciare chesiano i giudici a scrivere la storia e a legittimare la repressione delle idee e delle azioni. Facciamo sentire a tutte/i che il processo a carico delSud Ribelle non coinvolge solo 13 compagne/i, bensì l’intero movimento cheprotestò da tutta Italia a Genova nel luglio 2001 !Così come le condanne che hanno per ora sentenziato decine e decine di anni di carcere nel processo genovese ad un gruppo di manifestanti del G8 sono una rappresaglia inaccettabile che va denunciata e fermata.Il 20 luglio 2010 a Catanzaro è necessario più che mai assumersi questa responsabilità collettiva , partecipando con delegazioni nazionali alpresidio davanti al Tribunale.

Martedì 20 luglio PRESIDIO davanti il tribunale di Catanzaro dalle ore 9.
Coordinamento liberi tutti

Comunicato disoccupati di Napoli in relazione ai fatti dei 12 luglio

Questa mattina i precari Bros organizzati di Napoli e provincia hanno dato vita ad una lunga e calda giornata di lotta, mettendo in campo svariate iniziative intente a dare una svolta alla situazione critica che questa platea sta vivendo. Si è iniziato con l’occupazione delle stanze del Museo Nazionale di Napoli, una ventina di precari sono entrati nella struttura che in tarda mattinata sono stati costretti a lasciare xkè prelevati e portati in questura, nonostante la già avvenuta identificazione sul posto. Occupazione che ha prodotto l’incontro in prefettura con la dott.ssa Cerni; in contemporanea un altro gruppo di precari entrava nella Mostra D’Oltremare dove era in corso una convention del PDL, e approfittando della presenza del presidente Caldoro, faceva richiesta di un incontro, cosa a cui, tramite la segreteria di partito il presidente affermava di dare ampia disponibilità previa una richiesta scritta formale; ma la protesta continuava nonostante caldo e repressione in atto, nelle prime ore del pomeriggio era in corso un tentativo di occupazione della sede di partito del PDL, una quarantina di donne precarie, eludendo la sorveglianza fuori al portone, riuscivano a raggiungere l’uscio della porta della sede, ma venivano purtroppo bloccate da alcuni agenti di polizia che presidiavano la riunione in corso alla quale partecipavano esponenti noti della politica regionale e nazionale come Casentino, Rispoli, Cesaro ed altri. Nelle stesse ore la protesta si spostava stavolta alla sede del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in Via Marina, che è stato a sua volta occupato; finalmente nelle prime ore della sera giunge un primo risultato, da Roma giunge la notizia che una nostra delegazione giovedì verrà ricevuta al Ministero del lavoro per dare chiarimenti e ulteriori notizie riguardo al proseguimento del nostro percorso.

Tutte le iniziative di oggi infatti erano in risposta al mancato rispetto da parte delle istituzioni regionali dell’impegno a dare corso al tavolo interistituzionale che deve discutere del futuro di questa platea di disoccupati. La giunta Caldoro e l’assessore al Lavoro Nappi sembrano aver scelto di perseguire la via dei loro predecessori della cosiddetta sinistra: tante promesse, l’arroganza e la chiusura verso i movimenti, la volontà a mettere sul piano dell’ordine pubblico la vertenza Bros.

Dopo la trasferta romana del 1 luglio a Roma ed il mancato incontro alla presenza del Ministro del Lavoro Sacconi, i precari Bros avevano in questi giorni chiesto ripetutamente la convocazione del tavolo per discutere e valutare l’entità e la consistenza delle ricadute occupazionali per la platea del progetto bros del piano straordinario per il lavoro a Napoli, varato nell’intesa tra il governo e la regione Campania.

Invece, ancora una volta il tavolo ci viene negato esasperando la rabbia e la disperazione di migliaia di disoccupati che, dopo anni di dure lotte per il diritto al lavoro, sono prossimi a perdere anche quel misero reddito mensile finora riconosciuto.

Infatti, in un perverso gioco delle parti da un lato il governo non sblocca i fondi (7,5 milioni) destinati al progetto Bros in attesa di un piano regionale di stabilizzazione di questi precari, dall’altro le istituzioni locali non solo non mettono mano a nessun serio piano per il lavoro, ma si rifiutano di discutere e di prendere in considerazione anche le proposte da sempre avanzate dai movimenti organizzati. Non permetteremo che la mancanza di volontà politica, l’inettitudine di chi governa e la difesa di interessi forti metta in discussione anche il diritto al misero reddito mensile finora percepito. I 7,5 milioni già destinati devono essere sbloccati insieme ai fondi necessari per la copertura del reddito fino alla stabilizzazione lavorativa che questo piano straordinario deve mettere immediatamente in atto.

Purtroppo ancora una volta la nostra lotta ci costa in termini di repressione infatti oggi si sono contati oltre una cinquantina di fermi, di cui 15 disoccupati denunciati e identificati in questura, altri identificati sul posto dell’occupazione senza contare le intimidazioni degli agenti della digos a svariati disoccupati che semplicemente camminavano per le strade di Napoli mentre si apprestavano a raggiungere il resto del movimento. La determinazione messa in campo oggi, a proseguire nella lotta nonostante tutto è stato un segnale chiaro dato dal movimento: non avete scalfito la nostra voglia di lottare x il raggiungimento del nostro obbiettivo né ci fermerà la vostra repressione.

In contemporanea i precari Bros di Acerra hanno occupato il comune con la stessa rivendicazione portata dai compagni di Napoli

MOVIMENTO DI LOTTA X IL LAVORO BANCHI NUOVI

mercoledì 14 luglio 2010

La guerra contro Cuba

http://www.resistenze.org/ - popoli resistenti - cuba - 07-07-10 - n. 326
da Amicuba online del 26 giugno 2010

di Pedro Etcheverry Vázquez (Prensa Latina)

Da l trionfo della Rivoluzione Cubana nel 1959, circa 3.500 persone sono state assassinate in attacchi terroristici, esecuzioni e combattimenti patrocinati da una controrivoluzione sempre legata alle amministrazioni statunitensi. Ma la guerra si sviluppa anche nei campi commerciale, scientifico e culturale. Più di 93.000 milioni di dollari in perdite per il blocco economico, oltre agli impedimenti all'entrata di medicinali e attrezzature tecnologiche nell'isola.

Durante mezzo secolo, gli Stati Uniti hanno realizzato una guerra sporca contro Cuba che oltre al campo politico, militare ed economico, ha compreso l'educazione, la scienza e la cultura.

Dal 1959, il governo rivoluzionario ha preso misure di beneficio popolare, come la creazione di 10.000 nuove aule in zone rurali e 200 scuole, la costruzione di città scolari e la formazione di maestri volontari.

Il nuovo processo sociale ha anche ribassato di circa il 35% il prezzo dei libri, ha approvato la Riforma Integrale dell'Insegnamento e ha trasformato 66 caserme in scuole.

Inoltre ha dato inizio alla Campagna di Alfabetizzazione, alla realizzazione della Riforma Universitaria e alla creazione dell'Università di Oriente. Analogamente ha appoggiato lo sviluppo del balletto classico, il trasferimento del teatro e del cinema alle popolazioni rurali; ha inaugurato La Casa de las Américas e ha creato le condizioni per lo sviluppo della ricerca scientifica. Il fatto di portare l'insegnamento in forma gratuita dappertutto, di mettere la scienza in funzione degli interessi della società e di fomentare una cultura nazionale a portata di tutti fu mal visto dal governo statunitense e dalla borghesia creola appena spodestata. Si stava sviluppando una manifestazione di giustizia sociale che costituiva un precedente per le nazioni latino-americane e colpiva gli interessi egemonici di Washington.

Durante i primi mesi, stimolati dalla propaganda statunitense e da una politica di trattamento preferenziale, più della metà dei 6.000 medici su cui contava Cuba abbandonò il paese. In quel periodo emigrarono anche migliaia di ingegneri e di tecnici di differenti rami dell'industria. Il 17 marzo 1960, il presidente Dwight D. Eisenhower approvò un programma di azioni segrete che preparava le condizioni per scatenare un'invasione. Il 28 febbraio 1961, un ordigno esplosivo posizionato in un servizio sanitario della Scuola di Segretariato Commerciale Nobel Academy, di La Víbora, dall'organizzazione terroristica Legión Democrática Constitucional, esplose attorno alle quattro del pomeriggio, quando un gruppo di alunne si trovava al doposcuola. Una maestra e sette giovani risultarono ferite. Il bagno e due aule furono completamente distrutte.

Alcuni giorni dopo, nell'Accademia Newton, anch’essa del Segretariato Commerciale, ubicata in calle San Indalecio 417, nel quartiere di Santo Suárez, municipio 10 di Octubre, accadde un altro atto terroristico. All'alba del 15 di aprile, aerei B-26, provenienti dal Guatemala, con false insegne della Forza Aerea Rivoluzionaria, attaccarono di sorpresa l'aeroporto internazionale Antonio Maceo, di Santiago di Cuba, e gli aeroporti di San Antonio de los Baños e Ciudad Escolar Libertad, a La Habana. In quell'ultimo posto ci furono 7 morti e 53 feriti. I minori Miguel J Garay, Olivia González Chiaro, Miriam, Jorge e Roberto González furono feriti gravemente.

Attorno alle sei della mattina, in calle 80, di Marianao, la casa della famiglia González López, al numero 2306, fu distrutta da una bomba di 200 libbre lanciata dall'aviazione mercenaria. Georgina Garrido e i suoi due figli riportarono lesioni.L'invasione della Brigata Mercenaria di Assalto 2506 cominciò a scatenarsi attorno alle 12 della notte del 17 aprile, sulla costa meridionale della Palude di Zapata, municipio Aguada de Pasajeros, a Las Villas. Il capo della postazione delle Milizie di Playa Girón, accompagnato da un alfabetizzatore, scambiò i primi spari coi mercenari. Alcune ore dopo, il fuoco degli attaccanti causò la morte di varie persone, tra esse Dulce María Martín, di 14 anni, e Berto Córdoba Morales, di sei. Una maestra volontaria e cinque brigatisti alfabetizzatori furono fatti prigionieri dai mercenari, ma si mantennero fermi nelle loro convinzioni. La forza d’invasione era composta da circa 1.500 controrivoluzionari di origine cubana. Era stata concepita, organizzata, addestrata, equipaggiata e finanziata dal governo statunitense e dall'Agenzia Centrale di Intelligence (CIA). Fu accompagnata fino alle coste di Cuba da imbarcazioni delle forze navali degli Stati Uniti, e anche così risultò sconfitta in 66 ore.

Il 28 maggio, nel cinema Riesgo, a Pinar del Río, mentre si svolgeva il matiné infantile, un gruppo di controrivoluzionari scatenò un incendio: utilizzò “fosforo vivo”. Come conseguenza di questo sabotaggio, 26 bambini e 14 adulti riportarono ferite. I danni si calcolarono in circa 379.222 dollari. Tra 1960 e 1961, si riportarono 48 feriti in sabotaggi a sale cinematografiche della capitale, come Patria, Lido, Manzanares , 23 e 12, La Rampa, Rex, Cándido, Radiocentro, Mónaco, Payret e Negrete, e al Teatro América. Il 3 febbraio 1962, il presidente John . Kennedy firmò l'Ordine Esecutivo Presidenziale 3447, che stabilì il blocco totale sul commercio con Cuba. Il testo diede potestà al segretario del Tesoro di proibire l'importazione di qualunque prodotto cubano, e indicò al segretario di Commercio di proibire le esportazioni statunitensi verso l’isola. Il giorno dopo, nella Piazza della Rivoluzione, durante un'enorme concentrazione popolare, centinaia di migliaia di cubani approvarono la Seconda Dichiarazione di La Habana. Nel periodo 1960- 1965, tra i 196 civili che furono assassinati da bande di sovversivi fomentate, armate e finanziate dalla CIA, si trovano maestri volontari, brigatisti alfabetizzatori e 15 bambini. Il 25 agosto 1967, attorno all'una della mattina, la scuola primaria Vicente Díaz, ubicata nell'Asociación Campesina Blanquizal, a Las Pelonas, fattoria Adriana Nieves, a Guáimaro, Camagüey, fu distrutta da un incendio intenzionalmente provocato dai terroristi.

Fino a quella data, la controrivoluzione aveva commesso 152 atti terroristici contro scuole e 13 contro altri obiettivi legati all'educazione. Il 6 ottobre di 1976, fu abbattuto in pieno volo un aereo civile DC-8, della compagnia aerea Cubana de Aviación, partito dall'aeroporto Seawell, di Barbados.

Aveva a bordo 73 persone, compresa la squadra di scherma, di essi, 14 erano studenti universitari e due erano lavoratori. In quell'attentato terroristico con bombe perirono tutti i passeggeri tra cui anche una bambina di nove anni, i sei studenti di medicina guyanesi e cinque funzionari della cultura della Repubblica Democratica della Corea. Come conseguenza di questo fatto terroristico, ci vollero 15 anni perché Cuba tornasse a recuperare il livello competitivo raggiunto nella scherma.

A metà del 1981, fu introdotto a Cuba il virus del dengue emorragico tipo II, una malattia caratterizzata da sintomi acuti che infiammano il fegato e provocano la morte. L'attacco scatenò un'epidemia che colpì 344.203 cittadini e tolse la vita a 158 persone, di esse 101 bambini, 32 donne, 18 uomini in età lavorativa e sette anziani di 60 anni. 70 dei 101 bambini morti erano in età scolare.

Le spese totali del governo rivoluzionario per affrontare l'epidemia ammontarono a 103,2 milioni di dollari.Una rigorosa ricerca realizzata da scienziati cubani rivelò che l'epidemia era stata ottenuta in laboratorio e introdotta previamente nell'isola: “il ceppo del virus che colpì Cuba nel 1981 non circolava nel mondo nel momento in cui si produsse l'epidemia”.

Nel 1984, il terrorista di origine cubana Eduardo Arocena Pérez, capoccia del gruppo controrivoluzionario Omega 7, dichiarò davanti a un tribunale federale della città di New York, che lo giudicava per fatti terroristici commessi in territorio statunitense, che la missione del suo gruppo era ottenere certi germi per introdurli a Cuba. Questa dichiarazione fu respinta dalle autorità giudiziali degli Stati Uniti. Il 25 marzo 1984, durante l'attacco terroristico dell'Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale dell'Angola (UNITA) nella località angolana di Sumbe, morirono più di 100 persone tra civili e reclute di una scuola militare, quattro costruttori e tre maestri internazionalisti cubani: Héctor Alfredo Pineda Zaldívar, di 29 anni; Alfredo Guillot Pozo, di 27, e Lázaro A Molina López, di 28. Anche in quell'azione si riportarono sette maestri e 14 costruttori cubani feriti. Il 19 aprile 1984, un gruppo terroristico fece esplodere un'autobomba con una carica di grande potenza di fronte a un edificio di appartamenti, ubicato a Huambo, Angola, dove alloggiavano collaboratori civili cubani dei settori della costruzione, dell'educazione e della salute; 14 costruttori cubani e 10 angolani morirono, compresi donne e bambini, e ci furono più di 100 feriti di entrambe le nazionalità. Tra i 25 cubani feriti, ci furono vari costruttori e alcune maestre con lesioni di differente gravità.

Nonostante quelle azioni terroristiche, la Rivoluzione Cubana continuò a offrire il suo aiuto internazionalista ad altre nazioni sottosviluppate. Dopo la sparizione del campo socialista europeo nel 1989 e la disgregazione dell'Unione Sovietica nell’agosto del 1991, a Cuba cominciò il Periodo Speciale in Tempo di Pace. L'economia cubana fu colpita, poiché l’85% dello scambio commerciale era con l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Il prodotto interno lordo cadde del 35%. Nella pratica, costituì un secondo blocco. In queste difficili circostanze, i governi statunitensi misero in pratica altri meccanismi per acutizzare la critica situazione economica nella quale si dibatteva la Rivoluzione Cubana.

L'Emendamento Torricelli (settembre 1992), la Legge Helms-Burton (marzo 1996), il Programma per la Transizione a Cuba (1997), l'Emendamento Graham (1998) e il Piano Bush (maggio 2004) portarono altre privazioni materiali e obbligarono il paese a ricorrere a nuovi sforzi. Il sistema educativo, scientifico e culturale cubano vide enormemente colpita la sua assicurazione tecnico-materiale in capitoli vitali, ma nessuna scuola fu chiusa, nessun maestro rimase disoccupato e nessuno studente vide interrotti i suoi studi. Nessun programma educativo, scientifico o culturale della Rivoluzione fu definitivamente interrotto. Durante il decennio del 1990, le scuole di borsisti e i centri speciali per bambini con limitazioni fisiche o mentali continuarono a ricevere i mezzi materiali. Neanche il sistema di recupero degli adulti si fermò. Nonostante questa guerra sporca, nel 2000 Cuba aveva elevato il numero di medici di 22 volte e disponeva di 66.505 laureati nelle sue facoltà di medicina. Contava su un medico per ogni 168 abitanti, il migliore indice del mondo. La rivoluzione educativa formò anche gli ingegneri, i tecnici e gli operai qualificati di cui il paese aveva bisogno.

La guerra sporca scatenata contro Cuba era costata la vita a 3.478 cubani e causato 2.099 handicappati; ha lasciato un'incalcolabile sequela di sofferenza e dolore in centinaia di vedove e migliaia di orfani, e ha provocato enormi perdite economiche e danni materiali. I sistemi educativo, scientifico e culturale agli inizi del primo decennio del XXI secolo hanno continuato a svilupparsi con le stesse limitazioni. La guerra economica del governo statunitense contro Cuba ha ostacolato l'accesso dei ricercatori cubani a centri di prestigio del primo mondo i cui governi in molte occasioni non hanno concesso borse di studio a professionisti residenti nell'isola per paura delle rappresaglie. È stata una costante anche la limitazione dell'accesso a fonti di finanziamento internazionale, a progetti di ricerca, sviluppo e formazione postlaurea, legati a tecnologie di punta. Le imprese statunitensi e le loro filiali producono attrezzature di alta tecnologia alle quali Cuba non ha accesso. L'acquisto di queste attrezzature, di reagenti e di componenti elettronici, rincara il loro prezzo, perché i funzionari cubani si vedono obbligati a comprarli attraverso terzi, e dopo la contrattazione, il ritardo nel trasferimento per via marittima si può prolungare per mesi. Il 5 giugno 2006, Giornata Mondiale dell'Ambiente, ha avuto luogo nel Palazzo delle Nazioni, della città di Algeri, la consegna dei premi ai vincitori del XV Concorso Internazionale Infantile sull’Ambiente, promosso dal Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (PNUMA). Oltre al presidente algerino, Abdelazid Bouteflika, e ai rappresentanti del PNUMA, hanno assistito all’evento anche rappresentanti della Bayer, della Fondazione per la Pace Globale del Giappone, copatrocinante del concorso, e della casa produttrice giapponese Nikon,compreso il presidente della compagnia. Ai ragazzi vincitori sono state consegnate le rispettive targhe di riconoscimento, una maglietta, materiali da disegno e una macchina fotografica digitale Nikon. A tutti, meno che a Raysel Sosa Rojas, un bambino cubano malato di emofilia, vincitore regionale per la zona dell'America Latina e i Caraibi, e che, sorpreso, osservava che era l'unico a cui non era stata consegnata la macchina fotografica. Quando Jorge González, altrettanto sorpreso, cominciò a indagare sul perché non c'era la macchina fotografica per Raysel, ha dovuto sentire dal rappresentante in Algeria della Nikon, Ideo Fujica, che, a causa del blocco degli Stati Uniti contro Cuba, non potevano consegnare la macchina fotografica al bambino, poiché questa aveva componenti statunitensi.

Raysel Sosa partì da Algeri per Cuba senza la sua macchina fotografica, ma si portò in patria la solidarietà degli altri bambini, dei loro accompagnatori e dei familiari, compresa la madre del bambino statunitense vincitore per la sua regione, tutti costernati per quanto accaduto. Sempre a causa del blocco, si ostacolano i visti affinché professori e scienziati di università statunitensi non viaggino a Cuba per partecipare a eventi organizzati nelle università cubane, in quanto facenti parte delle delegazioni come invitati o portando con sé nuove tecnologie e informazioni. Il governo statunitense ha continuato a prendere misure restrittive. In alcune occasioni stabilendo autorizzazioni specifiche per viaggiare a Cuba, in altre, regolando il conferimento di permessi o l'approvazione perché i cittadini statunitensi visitino l'isola. Se si violano queste regole, qualunque ente o individuo si espone a subire sanzioni in virtù della Legge Helms-Burton.

Il 30 giugno 2007, i funzionari del Dipartimento di Sicurezza Interna degli Stati Uniti che prestavano servizio alla frontiera Maine- Québec, avevano istruzioni di non lasciare passare niente con destinazione Cuba, con il premuroso pretesto che avrebbe potuto essere minacciata la sicurezza nazionale degli statunitensi. L’11 luglio, l'Ufficio di Controllo dei Fondi Stranieri (OFAC), una dipendenza del Dipartimento del Tesoro, informò che la compagnia statunitense Logica CMG, Inc, era stata multata di 220.000 dollari, perché l'azienda predecessore CMG Telecommunications, Inc, aveva procurato, assemblato ed esportato calcolatrici a Cuba e aveva offerto assistenza tecnica dopo l'esportazione. Il 24 ottobre, il presidente George W Bush ratificò la sua politica di blocco e annunciò “nuove iniziative”, e a questo ha unito un appello all'uso della forza per abbattere il governo cubano. Le azioni erano in sintonia con la strategia tracciata nel Piano per la Ricolonizzazione di Cuba (Piano Bush), approvato il 6 maggio 2004 ed elaborato da una commissione presidenziale. Il Piano Bush è stato aggiornato il 10 luglio 2006 e rafforzato il 24 ottobre 2007.

In quel processo si aggiunse in questo programma un capitolo classificato segreto, nel quale si aggiunsero azioni che non poterono diventare pubbliche per la loro natura di violazione del diritto internazionale. Questo capitolo non è stato declassificato. In una relazione elaborata dall'Ufficio di Auditing (Revisione Contabile) del Governo, pubblicato nel novembre 2007 su richiesta del rappresentante democratico per New York, Charles Rangel, presidente del Comitato di Mezzi e Arbitrati della Camera dei Rappresentanti, si riconobbe che il blocco contro Cuba costituiva l'insieme di sanzioni economiche più esteso imposto dagli Stati Uniti nella loro storia, considerando i 20 programmi di sanzioni applicati ad altri paesi. Il 18 dicembre 2007, il senatore democratico Bill Nelson (per la Florida) presentò il disegno di legge S.2503, “per proibire l'entrata negli Stati Uniti di stranieri che abbiano contribuito in maniera diretta o significativa alla capacità di Cuba di sviluppare le sue risorse petrolifere”.

Detto progetto propose abrogare l'Accordo di Frontiera Marittima e altre misure, adducendo la necessità di “affrontare il potenziale pericolo che affrontano gli ecosistemi in Florida”, come risultato del programma cubano di esplorazione e sfruttamento di idrocarburi nella sua zona economica esclusiva. Fino alla fine di dicembre 2007, il blocco aveva causato a Cuba perdite per un valore superiore ai 93.000 milioni di dollari. Il 22 febbraio 2008, furono multati il Bank Atlantic e la RMO, Inc. Nel primo caso si sostenne che nel luglio 2004 non si era bloccata una transazione finanziaria, nella quale si supponeva che il governo cubano avesse interessi. Nel secondo caso, si addusse il supposto inizio di un trasferimento di fondi relazionati con viaggi a Cuba.

In aprile, la Divisione Salute della General Electric ha comprato la compagnia britannica di forniture mediche Whatman, per un importo di 713,7 milioni di dollari. Dopo l'operazione, l'impresa commerciale Merck, SA, ha informato di aver “ricevuto una comunicazione dalla GE nella quale ci proibisce tassativamente di vendere prodotti di Whatman a Cuba”. Per un altro trapasso di proprietà verso la bandiera statunitense, la società svedese Pharmacia ha congelato la vendita a ospedali cubani dell'ormone della crescita GH, impiegato in endocrinologia pediatrica per curare bambini con problemi nella crescita.

Cuba non ha potuto comprare tre milioni di siringhe monouso per un valore di 256.000 dollari per la vaccinazione infantile, attraverso l'Alleanza Mondiale per Vaccini e Immunizzazione. Questi sono solo esempi del blocco. A Sandra Levison, direttrice del Centro di Studi Cubani, di New York, ritornando da un viaggio a La Habana furono trattenute in aeroporto varie opere d'arte cubane. Le perdite per le azioni di rafforzamento del blocco promosse dal Dipartimento del Tesoro su collezionisti e galleristi cubani, ammontarono quell'anno a 150.000 dollari.

Le gallerie cubane dovettero partecipare alle esposizioni convocate dall'Europa, ma con l'inconveniente di promuovere l'arte cubana a un costo addizionale, quello delle spese di trasporto e di noli. A causa di questo ostacolo sono stati spesi quasi 100.000 euro all’anno per accedere a mercati emergenti, di fronte all'impossibilità di collocare l'arte cubana nel suo mercato potenziale. L’8 ottobre 2008, a La Habana si fecero conoscere gli enormi o stacoli esistenti perché le autorità cubane dell’educazione potessero acquistare mezzi di diagnosi, didattici e informatici fabbricati negli Stati Uniti, il che continuava a colpire il sistema educativo, principalmente le scuole vocazionali e i centri speciali di educazione per handicappati. Queste proibizioni si estendevano ai pezzi di ricambio e ad altre attrezzature prodotti da filiali con sede in paesi terzi.

Una relazione di Cuba presentata all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) segnalava che, nel 2007, era stato colpito il funzionamento di 16 scuole speciali per bambini sordi e ipoudenti e vari circoli infantili che richiedevano attrezzature speciali per lo sviluppo della percezione uditiva. “L'intransigenza di Washington ha impedito nell'ultimo anno che la nazione caraibica potesse contare su ambulatori per l’udito e visualizzatori di linguaggio per il lavoro correttivo individuale la cui vendita è stata proibita come se si trattasse di armi molto letali”, ha indicato il testo.

“Ha provocato anche che 2.230 bambini con limitazioni fisiche motorie, che ricevono cure ambulatoriali offerte dallo Stato in questi casi, non possano contare su mezzi informatici il cui acquisto negli Stati Uniti permetterebbe risparmio e un rapido trasporto”, ha aggiunto. Raciel Proenza, direttore dell'America del Nord nel Ministero di Investimenti Stranieri e Collaborazione Economica, ha dichiarato che come conseguenza del blocco, Cuba non beneficia dei flussi di investimento straniero internazionale che, secondo i calcoli di quell'organismo, prendendo come riferimento paesi dell'Associazione Latinoamericana di Investimento, potrebbero arrivare a 232 milioni di dollari annuali, solo provenienti degli Stati Uniti.

Ha assicurato che per quelle restrizioni, Cuba non ha beneficiato dei crediti e dell'assistenza per lo sviluppo che concedono la Banca Mondiale e la Banca Interamericana di Sviluppo. Proenza ha spiegato che, allo stesso tempo, Washington destinava forti risorse materiali e finanziarie alla sovversione e ai gruppi controrivoluzionari che agivano a Cuba. Il 25 ottobre, Jorge Luis Fernández Chamero, direttore di Collaborazione Internazionale del Ministero della Scienza, Tecnologia e Ambiente (CITMA), ha detto che era stato impossibile comprare prodotti del fabbricante Amersham Biosciences, appartenente alla compagnia General Electric, perché questa società non ha autorizzato l'operazione scoprendo che la richiesta era per Cuba. Ha aggiunto che era risultato impossibile l'acquisto delle attrezzature adeguate per la certificazione di laboratori di sicurezza biologica e la loro calibrazione, così come apparati di protezione radiologica destinati ad affrontare emergenze.

il funzionario cubano ha fatto un esempio: a istituzioni cubane è stato negato l'accesso a database come la SpringerLink, il provider di informazioni scientifiche, tecniche e mediche più completo del mondo, e alla Science Citation Index, il repertorio più importante che esiste per conoscere la produzione intellettuale di qualunque nazione. Secondo le valutazioni del CITMA, a partire da aprile 2008 i danni del blocco a Cuba hanno continuato a manifestarsi. Si sono avuti problemi nell'accesso all’informazione aggiornata su software e tecnologie, servizi che non sono disponibili per gli utenti cubani che si colleghino a internet.

Cuba ha continuato ad affrontare ostacoli per realizzare commerci con aziende straniere, a causa delle proibizioni esistenti, agli alti costi dei bonifici bancari, e alle commissioni che si richiedono nelle banche per eludere il blocco.

Ci sono state difficoltà nello scambio scientifico, nell'accesso limitato a istituzioni che producono conoscenza, come università e centri di ricerca, alle loro rispettive pubblicazioni, e a tecnologie di punta. Ci sono state limitazioni per realizzare scambi accademici, poiché gli statunitensi affrontavano enormi ostacoli per ottenere licenze che li autorizzassero a viaggiare a Cuba. Difficoltà per utilizzare i servizi di linee aeree statunitensi e per fare scali di transito in territorio statunitense, il che ha rincarato il costo dei viaggi in America Latina e in altre regioni.

Si è vista limitata la partecipazione statunitense a eventi internazionali organizzati dall'Istituto di Antropologia dell'Accademia delle Scienze di Cuba. L'Istituto di Informazione Scientifica e Tecnologica ha fatto conoscere che a Cuba è stato rifiutato l'accesso ai database Premier Academia e a libri elettronici dell'editoriale Taylor Francis, tra altre.

Il Centro di Informazione e Gestione Tecnologica di Holguín ha avuto problemi nei servizi di gestione di informazione per la riduzione nell'ottenere riviste come la Network in spagnolo e il Bollettino Ufficiale. Il Centro Meteorologico Provinciale di Holguín è stato colpito da proibizioni nello scaricamento di programmi gratuiti, di pacchetti di sicurezza e dal blocco all'informazione pubblica, l'aggiornamento dell'Antivirus Internazionale e installatori di MySQ.

La decisione del consorzio tecnologico Microsoft, di sospendere il suo servizio di conversazione On Line Messenger per Cuba, ha sollevato una polemica internazionale. Tra coloro che chiedono di emigrare, Washington seleziona chi entra nel suo territorio come parte di una politica di furto di cervelli che comprendequella di causare il maggiore danno alla società cubana. Al principio della Rivoluzione, hanno stimolato l'uscita in massa di medici, ingegneri e tecnici, e dopo hanno limitato l'entrata di artisti e scienziati invitati a partecipare a spettacoli e conferenze. Durante il 2008, l'Ufficio di Interessi degli Stati Uniti a La Habana ha approvato 360 uscite definitive di docenti, dotati di laurea in educazione. Le conseguenze di carattere sociale si sono tradotte in danni a centri scolastici del paese, dove questi professori impartivano lezioni a oltre a 7.000 bambini e giovani che hanno dovuto essere ridistribuiti in altre scuole con i problemi che questi processi provocano negli alunni. Per la formazione pedagogica di ognuno di questi professionisti emigrati, il governo cubano ha investito più di 41.000 dollari. Il totale di risorse finanziarie perse solamente in questo settore è stato calcolato in più di 14 milioni. Il 25 ottobre si è saputo che, alcuni mesi prima, la casa editrice dell'Educational Testing Service, di Austin, Texas, cercò di pubblicare il poema La Muraglia, del poeta nazionale Nicolás Guillén, ma quando iniziarono i le pratiche legali per l'acquisizione dei diritti d'autore, si scontrarono con l'OFAC.

Qualcosa di simile è successo con la casa Holt McDougal, una delle imprese di pubblicazioni di materiali di uso pedagogico che doveva pubblicare la poema Epistola, anch’esso di Guillén. Per le stesse ragioni, l'impresa Pearson Prentice Hall, specializzata nella pubblicazione di libri per l'insegnamento, non ha potuto includere poemi degli autori cubani José Lezama Lima, Roberto Fernández Retamar e Nancy Morejón e un racconto di Alejo Carpentier, nelle collezione Orme della letteratura latinoamericana. Allo stesso tempo, la Casa editrice dell'Università di San Diego, in California, ha dovuto cancellare un progetto relazionato con l'opera di Lezama.

L'Istituto Cubano dell'Arte e Industria Cinematografici non aveva potuto accedere all'American Film Market che si tiene ogni anno a Santa Monica, in California, né alle convencion dell'Associazione Nazionale dei Dirigenti di Programmi di Televisione, due avvenimenti importanti nel commercio audiovisivo.

Data l'impossibilità che Cuba potesse accedere a crediti in banche statunitensi, la base materiale di studi destinata agli studenti e le risorse materiali per garantire la riparazione e il mantenimento della rete scolastica si sono dovute comprare in Cina, il che ha portato come conseguenza il pagamento addizionale di elevate tariffe di noli e magazzino.

L'importo totale dei prodotti acquistati durante questo stesso anno ha raggiunto un valore di 40 milioni di dollari. Nel caso degli acquisti, l’8,7% di questa cifra è stata destinata al pagamento di noli. Se queste operazioni fossero state realizzate negli Stati Uniti, si la cifra sarebbe stata solo il 3.9%. Per queste cause, il Ministero dell’Educazione ha dovuto stabilire una riserva di mezzi immagazzinati che ha raggiunto il 60% dell'importo dell'importazione ascendente a 24 milioni di dollari per periodi di fino ad otto mesi. Questo ha originato spese addizionali di immagazzinamento per un valore stimato di 788.000 dollari. Senza contare che è stato necessario aumentare l'area dei magazzini a 11.594 metri quadrati, con il conseguente aumento di costo per un maggiore volume di perdite e deterioramenti causati dai lunghi periodi di permanenza di queste risorse nelle navi e per le numerosissime manipolazioni.

Le restrizioni dovute al blocco hanno limitato l'acquisto dei mezzi necessari per dotare 60 aule terapeutiche destinate a bambini con necessità educative speciali, per un costo stimato in Europa di 840.000 dollari. Se questi prodotti fossero stati acquistati in mercati statunitensi, le spese sarebbero scese alla metà. Le carenze di batterie per alimentare mezzi tecnici moderni, note come Wppisi, Wais e Grace Arthur, hanno colpito l'applicazione specializzata per la valutazione di bambini con limitazioni.

Queste tecnologie hanno un costo stimato in più di 15.000 dollari. Analizzando i danni del blocco nei diversi livelli del sistema educativo durante il 2008, le carenze che hanno maggiormente influito sul processo insegnamento- apprendimento si possono riassumere in deficit di libri e mezzi per l'insegnamento delle lingue straniere, ma anche nella carenza di carte geografiche, limitazioni nell'uso di internet per alunni e professori delle università pedagogiche, nell'acquisto di giocattoli didattici, mobili per la scuola, oggetti di toilette e igiene e vestiario, nella disponibilità di microscopi, atlanti geografici e storici, e nella capacità di acquisti di attrezzature, reagenti chimici, laminati ed elettrodi, destinati all'insegnamento tecnico e professionale.

All’inizio di novembre, l'OFAC ha rivelò che le imprese Myers Industries, Priceline, Trevolicity e Spirit Airlines, e un centro di ricerche culturali, erano stati multati per violazione delle leggi del blocco. Il Centro di Studi Interculturales, con sede ad Amherst, Massachusetts, ha dovuto pagare 15.000 dollari di multa.

Un po' prima, nel 2007, la Trevolicity, un'altra agenzia di viaggi via internet, ha dovuto pagare 182.750 dollari, mentre, nel 2008, l'impresa Spirit Airlines ha dovuto pagare 100.000 dollari. La stessa fonte ha aggiunto che le multe dell'OFAC, per le trasgressioni delle leggi della guerra economica imposta dal governo degli Stati Uniti a Cuba da 50 anni, durante l'anno fiscale 2008 hanno superato i 2 milioni. L’11 novembre, lo scienziato statunitense Eli Sercarz, dottore in immunologia dell'Università di Harvard, direttore del Gruppo di Immunoregolazione dell'Istituto Torrey Pines per Studi Molecolari, in California, per una visita a La Habana, ha deplorato che le barriere imposte dal blocco non permettano maggiori scambi e affluenza di scienziati statunitensi nell'isola, con il conseguente beneficio di entrambe le parti. Durante il 2008, le spese per l’educazione hanno avuto un aggravio di 1,39 milioni di dollari per il pagamento di noli per il trasporto delle merci a La Habana da differenti mercati in Asia.

I dollari che lo Stato cubano spende ogni anno a causa delle leggi statunitensi che impediscono di accedere al mercato degli Stati Uniti, o a filiali in paesi terzi, permetterebbero di comprare strumenti di geometria, scrittura e accessori, carta braille, strumenti di registrazione e di riproduzione di rilievo, per scuole di bambini ciechi, o l’acquisto di maggiori quantità di prodotti. Mentre l'opera di Cuba in materia educativa era riconosciuta a livello delle Nazioni Unite, un semplice libro bilingue di 32 pagine, che faceva parte di una serie di testi sulla vita dei bambini in 24 paesi, intitolato Andiamo a Cuba, scritto e disegnato soprattutto per i bambini dal prescolare fino a secondo grado, e concepito come “lettura extra- programma”, in determinati circoli estremisti della città di Miami ha provocato un'intensa onda d’isteria.

La Giunta Scolare della contea di Miami-Dade ha tolto dalla circolazione del sistema di biblioteche nelle scuole pubbliche il libro Andiamo a Cuba, scritto dalla tedesca Alta Schreier ed edito in dicembre di 2000 dall'editore Heinemann/Raintree. Agli inizi di 2009, dopo un esteso processo legale che ha compreso una forte polemica a livello della Giunta Scolare di Miami-Dade e di due comitati accademici assessori, il Tribunale di Appello del 11 Circuito di Atlanta ha concluso chela suddetta Giunta non aveva violato il Primo Emendamento quando aveva deciso di rimuovere il libro dalle biblioteche, perché questo materiale “presentava una visione distorta della vita nell'isola” ed “era inesatto e offensivo per tutta una comunità”.

La vera causa di tanto contrasto era che il testo esprimeva una realtà indiscutibile: l'infanzia cubana vive molto felice nella sua patria. Alla fine della contesa, la controversia giuridica era costata al contribuente statunitense più di 250.000 dollari. Le infondate preoccupazioni hanno privato i bambini di quella comunità, situata nel sud della Florida, del suo diritto di conoscere come vivevano e studiavano altri bambini che abitavano in un paese vicino. Il 16 gennaio, l'OFAC ha decretato “chiarimenti legali” che hanno imposto regole ancora più rigorose sui viaggi a Cuba e che hanno colpito le imprese statunitensi di voli charters, le agenzie di viaggio e gli invii di denaro che inviano gli emigrati cubani ai loro parenti nell'isola.

Queste misure, annunciate quattro giorni prima dell’insediamento di Barack Obama, sono state interpretate come un risultato della resistenza di funzionari “bushisti” recalcitranti che non erano d’accordo con l'arrivo di una nuova amministrazione. Anche quando è stato possibile che Galería Habana partecipasse a due fiere d’arte convocate in territorio statunitense, Pinta New York (novembre 2008) e Pulse New York (marzo 2009), le autorità statunitensi hanno continuato a praticare azioni di blocco per ostacolare la promozione dell'arte cubana.

Alla decima edizione della Biennale di La Habana, sono riusciti a partecipare solo 250 statunitensi, sotto il ridicolo e discutibile pretesto di renderlo possibile solo con licenze religiose. Alla Fondazione Amicizia è stato negato il visto e un gruppo di 48 viaggiatori (Maricarmen Arte e Cultura) che viaggiavano a Cuba via il Messico, e non avevano ancora richiesto l’autorizzazione, sono stati minacciati con sanzioni. Secondo studi dell'Impresa di Gallerie d’Arte (Génesis), il migliore mercato potenziale per le arti plastiche si trova negli Stati Uniti, per la vicinanza geografica con Cuba, che tende a ribassare passaggi e noli. Si stima che le esportazioni cubane sarebbero potute crescere il doppio se non fossero colpite da fattori come la diminuzione del turismo statunitense con indicatori da un 80% ad un 90%, la diminuzione nella stessa proporzione di visite di artisti, agenti, galleristi e collezionisti che viaggiavano a Cuba tra sei otto volte all'anno. Crea danni anche la diminuzione dell'assistenza a eventi culturali che contavano su una grande presenza e rappresentavano entrate per le gallerie cubane e l'impossibilità di realizzare le transa zioni commerciali in dollari statunitensi, il che implica perdite nel mercato dei cambia per i clienti di Cuba.

Cuba non ha accesso alla rete di pubblicità di media specializzati in arte che funzionano dagli Stati Uniti. Neanche accede alle industrie di stampe d’arte. Quella restrizione implica di dovere incaricare gli stampatori d’arte in Europa con un incremento dei costi di 100.000 euro all’anno. Si devono anche pagare costi addizionali di trasporto, nolo e bonifici monetari per potere collocare l'arte cubana negli Stati Uniti. Queste barriere economiche limitano le vendite di un volume vicino al milione di dollari, che rappresenta il 50% del valore totale delle esportazioni che il sistema di cultura cubano ha prodotto l'anno scorso, nel quale più del 60% è stato realizzato nel mercato europeo, considerato di più difficile penetrazione. Durante il 2010, anche quando l'arte latinoamericana ha segnato il boom del mercato e vari autori come Manuel Mendive, Manuel Mendive, Roberto Fabelo, Alexis Leyva Machado (Kcho), Roberto Diago, Carlos Quintana, il gruppo Los Carpinteros e Roberto González hanno raggiunto buone quotazioni in aste internazionali, è stata inaccessibile la presenza di rappresentanti cubani alle edizioni dei principali eventi d’arte, come alle aste Christie's e Sotheby's, o alle fiere Art América o Art Chicago, alle quali si era riusciti a partecipare precedentemente.

Nei ultimi tre anni, nelle audizioni di Arte Latinoamericana a New York si sono venduti più di 30 milioni di dollari in arte cubana, compresi artisti che risiedono a Cuba che sono presentati ad aste da enti o privati forestieri, di fronte all'impossibilità di farlo dall'isola, per il rischio della confisca dei fondi. Questo processo ostacola una fonte di entrate senza colpire il patrimonio dell'isola e cospira contro la promozione degli artisti cubani. In agosto del 2009 si fatto sapere che l'OFAC aveva appena imposto una multa di 10.341 dollari alla MGE UPS Systems, Inc (poi conosciuta come American Power Conversión Corporation) - una compagnia con sede in California - per aver venduto “regolatori elettronici la cui destinazione finale era Cuba”. Secondo questo ufficio, “il direttore regionale delle vendite avrebbe dovuto accertare che il carico in questione avrebbe potuto essere diretto verso Cuba e avrebbe dovuto prendere misure per bloccare la transazione”. Dall'arrivo al potere dell'amministrazione di Obama, l'OFAC ha applicato nuove sanzioni per supposte violazioni del blocco a Cuba, che ammontano a oltre 365.000 dollari, un terzo di tutto il denaro riscosso da quell'ente quest’anno a titolo di infrazioni commerciali.

In ottobre, il governo statunitense ha negato il visto al dottor Luis Raúl Paz, specialista dell'Istituto di Meteorologia di Cuba, per un viaggio alla sede del Fondo per l'Ambiente Mondiale, situato a Washington, che aveva intenzione di partecipare a una riunione legata alla Convención Marco de Naciones Unidas sobre el Cambio Climático. Inoltre non è stato concesso il permesso affinché un gruppo di scienziati statunitensi assistesse a un congresso internazionale che si sarebbe tenuto a La Habana dal 26 al 30 ottobre. Il 28 ottobre si sono registrati 187 voti a favore della risoluzione contro il blocco, presentata dalla delegazione cubana, tre contro (Stati Uniti, Israele e le Isole Palau) e due astensioni (Micronesia e le Isole Marshall). Questa è stata la diciottesima occasione in cui la sessione plenaria di quel forum mondiale ha ripudiato l’assedio economico instaurato da Washington contro Cuba. Il 5 novembre si chiuse nella capitale cubana il Congresso Biotecnologia Habana 2009 che riuniva circa 500 esperti di più di 30 nazioni. La scarsa presenza di scienziati statunitensi contrastava con quella di altri paesi. Durante l'evento, l'alto livello scientifico raggiunto nell'isola è stato riconosciuto dai premi Nobel tedeschi Robert Hubert (Chimica 1988) e Harald zur Hausen (Fisiologia e Medicina 2008). In uno dei suoi interventi, il vicepresidente del consiglio dei Ministri di Cuba, José Ramón Fernández, ha segnalato che gli ostacoli allo scambio scientifico tra Cuba e Stati Uniti erano una dimostrazione dell'anacronismo del blocco di Washington contro l'isola. Alla fine del 2009, a Cuba si continuava a negare l'accesso ai mercati di programmi informatici specializzati, tastiere intelligenti, schermi tattili, interruttori e opzioni innovative per bambini ciechi e sordomuti che sono stati create dalla scienza con la finalità di superare le limitazioni che provocano questi handicap.

Durante i 50 anni di Rivoluzione trascorsi, attraverso questo ferreo blocco, i governi degli Stati Uniti, con l'eccezione dell'amministrazione di Carter che aveva cercato di renderlo flessibile, hanno tentato di frustrare i programmi di sviluppo di Cuba in materia educativa, scientifica e culturale. Per questo, la principale potenza imperialista ha violato la Dichiarazione Universale dei diritti umani, del 10 di dicembre 1948; la Dichiarazione dei Diritti del Bambino, del 20 novembre 1959; il Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali, del 16 dicembre 1966; la Risoluzione 32-130 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, del 1977; e la Convenzione dell'ONU su Diritti del Bambino, del 20 novembre 1989.

In 50 anni, 16 cubani hanno offerto le loro vite nel nobile impegno di esercitare la docenza, alfabetizzare, collaborare, o incoraggiare la rivoluzione tecnica e sette professori internazionalisti cubani sono stati assassinati. In quello stesso lasso di tempo, 39 cubani legati all'educazione o alla cultura sono morti a causa del terrorismo e due maestri, quattro figli di maestri, quattro alfabetizzatori, 11 alunni e 12 bambini hanno riportato lesioni. Sette professori internazionalisti sono rimasti feriti in una sola azione terroristica in Angola; 40 cubani legati a questi settori sono stati feriti o lesi in atti terroristici; 152 atti terroristici sono stati perpetrati contro scuole e 13 contro altri obiettivi legati all'educazione. Inoltre, cinque “eroi” di Cuba si trovano imprigionati negli Stati Uniti da 11 anni: Antonio Guerrero, Ramón Labañino, Fernando González, René González y Gerardo Hernández.

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