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martedì 31 agosto 2010

Lotta di classe

di Luigi De Magistris (28 Agosto 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org

Nel nostro Paese da alcuni anni e negli ultimi mesi in particolare è in fase di definitiva attuazione un disegno strategico autoritario, di impronta piduista, teso all'introduzione del fascismo del terzo millennio. Verticalizzazione e concentrazione del potere nelle mani di una singola persona, con pieni poteri, circondata da sodali servili, imbottito di denari e protetto dalle organizzazioni criminali. Asservimento al capo degli organi di garanzia. Sottomissione della magistratura al potere politico, controllo capillare dei mezzi di comunicazione.

Al fine di consolidare il neo-autoritarismo populista si attua la criminalizzazione di ogni forma di dissenso, con la distruzione di ogni luogo in un cui si possa formare il pensiero libero. Rendere l'Italia una grande SPA, in modo da rafforzare il liberismo senza regole e consentire la vendita di ogni cosa - compresa l'identità della nazione - che sia suscettibile di valutazione economica.

Acqua spa, protezione civile spa, difesa spa, sicurezza spa, giustizia spa, patrimonio culturale spa, ambiente spa.

In definitiva, la privatizzazione della democrazia e il dissolvimento dell'etica pubblica. La propaganda di regime di Scodinzolini & C. serve per nascondere i fatti ed esaltare il sub-modello neo-fascista anche in vista della normalizzazione post-berlusconiana. Accanto al massacro dello stato di diritto è in atto, con la colpevole sottovalutazione di parte significativa del centro-sinistra e di settori rilevanti del sindacato, lo smantellamento dello stato sociale di diritto per mutare i rapporti tra capitale e lavoro, in favore del primo, ovviamente. Distruzione dello statuto dei lavoratori, attraverso l'eliminazione della norma simbolo dell'art. 18. Riduzione del diritto di sciopero. Repressione della manifestazione del pensiero all'interno delle fabbriche. Consolidamento del precariato, in violazione dell'art. 1 della Costituzione, come regola ordinaria dei rapporti tra capitale e lavoro. Il ricatto ai lavoratori: il lavoro non è un diritto, ma una concessione del potere, come tale condizionabile e revocabile. Lavoro in cambio di compressione dei diritti, come un baratto. L'utilizzo dell'immigrato non-persona in maniera servente agli interessi del capitale: un corpo da sfruttare fino a quando utile, poi scarto sociale da smaltire, magari nelle discariche sociali delle carceri in quanto l'immigrato è criminale perchè clandestino e non autore di reati. I neofascisti hanno rispolverato, anche grazie al "compagno" Fini, la colpa d'autore che Hitler creò per gli ebrei. I lavoratori, inoltre, non debbono pensare, ma solo ubbidire a chi concede loro il privilegio di lavorare. La pretesa di un diritto è sovversione, nelle fabbriche come nei luoghi di lavoro.

Se si comprimono i diritti si uccide la democrazia; se si ammazzano i diritti dei lavoratori la soppressione è ancora più odiosa. Di fronte a questo progetto eversivo di attacco profondo alla democrazia - che passa anche attraverso lo schiaffo istituzionale di Marchionne che ordina ai suoi di non ottemperare alla sentenza del giudice che dispone il reintegro dei lavoratori di Melfi - non si può rimanere fermi. Si deve consolidare la lotta per i diritti già in atto nel Paese. Se il governo, con il ministro Tremonti, adotta una manovra di classe colpendo i soliti noti e tutelando i soliti noti, i ceti oppressi (lavoratori, precari, studenti, senza lavoro, senza dimora, operai, pensionati, impiegati, imprenditori onesti diversi dai prenditori, professionisti perbene, servitori dello stato stanchi del regime delle cricche e dei mafiosi di stato) devono attuare la "nuova lotta di classe".

Sì ai diritti, no ai privilegi. Sì alla giustizia, no alle mafie. Si alla legalità costituzionale, no alla legalità illegale. No allo scudo - fiscale, economico e penale - per i potenti, sì alla redistribuzione dei redditi. Lotta ad evasione e privilegi fiscali. Tassazione delle rendite finanziarie. Aumento dei salari e previsione di un reddito minimo per i senza lavoro. Utilizzo diverso dei fondi pubblici, per uno sviluppo economico compatibile con l'ambiente e per valorizzare ricerca e cultura.

Qualche casa del popolo in più e qualche casa di Propaganda Fide in meno. Riduzione drastica delle forme più odiose di precariato. Valorizzazione dei beni comuni ed eliminazione del federalismo dei ricchi a discapito dei più deboli. Un federalismo che punta anche alla vendita dei beni pubblici patrimonio comune del Paese: dalle foreste ai beni culturali, dai siti archeologici ai beni architettonici. La nuova lotta di classe, ovviamente pacifica, deve essere dura, senza sconti. E' il momento che il popolo, non quello evocato strumentalmente dal neofascista Berlusconi o dal peones Bossi, ma quello che soffre e che non gode dei privilegi, si ribelli, faccia sentire la sua voce, forte e chiara. Si riappropri delle comunità, dei territori violentati. Si convinca che può essere protagonista del proprio destino. Mettiamoci tutti in movimento, come il popolo del quarto stato, quali soggetti politici e pensanti, per far valere diritti e democrazia. Il potere ha paura della gente che pensa in modo libero e critico e che dissente dal pensiero unico, ha il terrore delle facce pulite, dei cuori generosi, teme la democrazia. Viviamo in un regime che dispensa, allo stesso tempo, sorrisi e violenza morale, prebende e "picconate istituzionali".

Un sultanato amorale che vede l'Italia come cosa da sfruttare: l'ideologia degli "utilizzatori finali".

Non consentiamo più l'usurpazione dell'Italia, del nostro futuro e del sogno di vivere in un Paese pulito, senza il puzzo del compromesso morale. Dipende anche da noi, da ognuno di noi, in modo anche da poterci guardare allo specchio con un sorriso e non con gli occhi abbassati


San Salvo - Lavoratori sospesi dopo uno sciopero

San Salvo, pugno duro nei confronti di quattro addetti del centro di smistamento Conad

SAN SALVO. Pugno duro della Cft di Firenze, azienda che lavora per il centro smistamento Conad di Piana San Angelo, nei confronti di quattro dipendenti iscritti al sindacato Slai Cobas. I lavoratori sono stati sospesi in via cautelativa per aver partecipato a uno sciopero. A giudizio dell'azienda, il loro comportamento avrebbe impedito il corretto svolgimento dell'attività lavorativa. Lo Slai Cobas non ci sta e annuncia l' impugnativa del provvedimento davanti al tribunale di Vasto. Clima infuocato nello stabilimento sansalvese del gruppo Conad dopo la sospensione cautelativa di 4 dipendenti della Cft, la coop toscana addetta al facchinaggio e trasporto delle merci del consorzio. Venti dei 200 addetti nella azienda abruzzese, giovedì pomeriggio, hanno incrociato le braccia dalle 15 alle 18 per protestare contro le pracarie condizioni di lavoro, sia dal punto di vista igienico che della sicurezza. Lo sciopero è stato indetto dalle Rsa dello Slai Cobas. Fra i manifestanti due sindacalisti attivi dello Slai e due iscritti. A parere del sindacato, l'astensione dal lavoro è stata pacifica e in linea con quanto preveede lo statuto dei lavoratori. Alle 18, gli scioperanti sono tornati a casa. La sorpresa per i 4 sindacalisti dei Cobas è arrivata ieri mattina. «Entrati in azienda, hanno ricevuto una lettera in cui veniva comunicata loro la sospensione cautelativa dal lavoro per avere impedito il corretto svolgimento dell'attività lavorativa», fa sapere Andrea Di Paolo, coordinatore provinciale Slai Cobas di Campobasso. Alla scena hanno assistito anche i carabinieri della stazione di San Salvo che si trovavano davanti ai cancelli della fabbrica a scopo preventivo. «E' un fatto inaudito», tuona Di Paolo, «siamo in stato di assedio. Ai lavoratori viene negato il diritto di scioperare. Quello dei responsabili della Cft è un comportamento antisindacale contro il quale ci appelleremo al Tribunale di Vasto». La Cft, è azienda leader nel settore del facchinaggio. In tutta Italia conta 1500 lavoratori. Il 60 per cento dei dipendenti occupati a San Salvo, all'interno del centro smistamento merci Conad, è di origine straniera. «Sono lavoratori extracomunitari assunti con contratto multiservizio», fa sapere lo Slai Cobas convinto che i 4 manifestanti siano stati «puniti perché iscritti al sindacato. I 4 lavoratori sono stati trattati in modo scorretto. Quello dell'azienda è un atto inaudito e tristissimo. Il primo passo che precede il licenziamento», incalza Di Paolo. Le altre sigle sindacali per il momento tacciono. L'azienda, che da parte sua ritiene di essere stata danneggiata, è pronta a rispondere al sindacato nelle sedi opportune. Certo è che la vicenda aumenta la preoccupazione di tanti precari. Anche perché fa il paio con la disavventura capitata a Giovanni Musacchio, il dipendente della Fiat di Termoli licenziato dopo aver partecipato al presidio di Pomigliano D'Arco, il 22 giugno scorso. Lo Slai Cobas non accetta il pugno di ferro e non intende subire passivamente un comportamento che definisce qualcosa di molto simile a una rappresaglia.

28 agosto 2010

sabato 12 giugno 2010

Polemiche su no Italia a Onu su tortura in codice penale

La decisione del governo italiano di non inserire la tortura tra i reati del codice penale, come raccomandato nei mesi scorsi dal Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu, sta provocando una polemica politica in Italia.

Oggi, nell'ambito della revisione del dossier sull'Italia da parte del Consiglio per i diritti Umani, la rappresentante italiana Laura Mirichian ha detto che l'Italia ha accettato 78 raccomandazioni sulle 92 formulate complessivamente a febbraio dall'organismo di Ginevra, di cui fanno parte 47 stati.

Mirichian - come indica il sito web del Consiglio - ha detto che l'Italia è intervenuta in particolare su settori come quello delle politiche per l'integrazione delle pari opportunità, ma anche con la ratifica della Convenzione di Varsavia sulla protezione delle vittime dei trafficanti di esseri umana. La rappresentante italiana ha anche annunciato il prossimo lancio di un Piano d'azione nazionale contro il razzismo e la discriminazione razziale.

Altre due raccomandazioni sono state accolte parzialmente, 12 respinte. Tra quelle respinte, la rappresentante di Amnesty alla seduta odierna ha criticato la mancata introduzione nel codice penale del reato di tortura, ma anche la "criminalizzazione" degli immigrati irregolari.

"E' gravissimo il no dell'Italia all'introduzione di una definizione esplicita di ''tortura'', nel Codice penale così come raccomandato dal Consiglio diritti umani dell'Onu", ha commentato in una nota Gianclaudio Bressa, capogruppo del Partito democratico alla commissione Affari Costituzionali della Camera e primo firmatario du una proposta di legge che punta proprio a inserire nel codice la tortura.

" E' inconcepibile che nel 2010 il governo di un Paese la cui Costituzione è tra le più avanzate del mondo rifiuti di far proprio ciò che viene considerato un valore indiscutibile e condiviso". Il voto dell'Italia sulla tortura ci fa vergognare di essere italiani", ha detto in un comunicato il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, ricordando che la "patria di Cesare Beccaria è sempre stata un punto di riferimento in campo internazionale per il rispetto dei diritti umani ed un baluardo contro la tortura... siamo a una regressione preoccupante ed inspiegabile".



venerdì 28 maggio 2010

Amnesty International: “l’Italia viola i diritti umani”.

Migliaia di rom residenti a Roma si trovano di fronte alla minaccia di subire molteplici violazioni dei diritti umani come effetto del nuovo piano destinato a chiudere buona parte dei campi della capitale.

Il "Piano nomadi" spiana la strada allo sgombero forzato di migliaia di rom e al trasferimento della maggior parte di essi, ma non di tutti, in campi ampliati o di nuova costruzione situati nella periferia di Roma.

Anche se sono state effettuate alcune consultazioni nei campi coinvolti dal "Piano nomadi", gli standard internazionali sui diritti umani richiedono che vangano consultate tutte le persone di cui è previsto lo sgombero. Coloro che saranno titolati a essere trasferiti verranno portati in altri campi, non in alloggi permanenti in cui molti rom vorrebbero vivere. Non avranno possibilità di scegliere in quale campo andare.

Molti temono che le loro prospettive d'impiego e la carriera scolastica dei figli verranno compromesse. Ma questi sono i fortunati. Agli altri non verrà fornito alcun alloggio alternativo: alcuni lasceranno Roma, altri troveranno un rifugio dove potranno, fino a quando non verranno di nuovo sgomberati.

Firma l'appello.

Commissario straordinario per l'emergenza nomadi a Roma
Prefetto Giuseppe Pecoraro
Prefetto di Roma
Via IV Novembre 119/a
00187 Roma


Egregio Commissario straordinario

Le scriviamo per esprimere la nostra profonda preoccupazione relativa al "Piano nomadi" che, qualora fosse attuato, causerebbe molteplici violazioni dei diritti umani dei rom.

Il piano contiene numerose disposizioni discriminatorie ed è mal concepito. Non risolverà i problemi sociali da cui ha preso le mosse né assicurerà il godimento del diritto all'alloggio alla maggior parte dei rom interessati.

La esortiamo quindi a rimandare l'attuazione del "Piano nomadi" e a rivederlo sulla base di un'appropriata consultazione con coloro che sono direttamente coinvolti, assicurando che la revisione del "Piano nomadi" rispetti il diritto a un alloggio adeguato.

La sollecitiamo inoltre ad assicurare che gli sgomberi siano eseguiti solo come soluzione estrema e nel pieno rispetto delle salvaguardie previste dagli standard europei e internazionali in materia di diritti umani.

La ringraziamo per l'attenzione.

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