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lunedì 25 gennaio 2010

Onorare gli immigrati

Filosofia Democrazia Razzismo

di Pierandrea Amato, Gianfranco Borrelli, Giuseppe Antonio Di Marco, Bruno Moroncini, Maurizio Zanardi

La rivolta di Rosarno e la risposta data dal governo portano alla luce, una luce cruda e violenta, una realtà con cui conviviamo da tempo in Italia, ma che ci rifiutiamo di guardare e affrontare democraticamente. Democrazia è oggi una parola logora, ridotta al computo dei risultati elettorali o dei sondaggi, indebolita al punto tale da esistere quasi solo come un rito elettorale in cui non si sceglie nulla, se non di non di essere contati per non contare quasi nulla. Ma proprio la lotta per l’emancipazione degli immigrati può ridare un senso profondo e un avvenire non miserabile alla cosa che chiamiamo “democrazia”. Forse, proprio gli immigrati, quelli che non contano nulla, che non sono contati da nessun risultato elettorale, e quindi non fanno parte del “gioco” democratico, possono ricordarci e già ci ricordano con la loro ribellione di fronte all’intollerabile che cosa può significare democrazia.
La nuova schiavitù e il razzismo di Stato – ben più micidiale del già micidiale razzismo “privato”, che giunge ormai ad armarsi – sono nudi di fronte a noi. Non solo: è evidente che sugli immigrati si esercita, senza nessun freno, nessuna maschera, in tutta la sua brutalità, una politica che in realtà vale, nascosta da qualche ipocrisia in più, per tutti quei soggetti che non si rassegnano ad accettare dominio e ingiustizia. Su chi viene considerato non-uomo, e quindi indegno di ottenere anche solo uno straccio di motivazione per i provvedimenti che si prendono nei suoi confronti, quella politica appare in tutta la sua verità. La celerità degli sgomberi e delle espulsioni dei “neri” è la risposta al fatto, inaccettabile non solo per chi ci governa ma per gran parte delle forze politiche della cosiddetta opposizione, che gli schiavi hanno osato reagire e ribellarsi alle violenze subite quotidianamente. In verità, c’è da meravigliarsi che non lo abbiano fatto prima. C’è da meravigliarsi che non lo facciano ogni giorno. E se non ci si stupisce della loro capacità di sopportazione è perché li si considera naturalmente disposti a essere dominati e trattati come cose, anzi senza neanche il riguardo che si ha per le cose. Se manifestano la loro umanità di fronte all’inaccettabile, se decidono di “esistere” nei modi che consente loro una situazione di vita al limite della sopravvivenza, ecco alzarsi cori d’indignazione ed ecumenici ripudi della violenza da qualsiasi parte essa provenga. Ma mettere sullo stesso piano qualsiasi violenza non aiuta a capire nulla della realtà delle situazioni e finisce sempre per favorire la violenza degli sfruttatori o dei criminali, di chi esercita un dominio.
Che cosa ha fatto, in fondo, l’intervento dello stato se non realizzare i desideri della criminalità organizzata e degli sfruttatori: allontanare i neri che non obbedivano? Chiedere a chi è trattato come non-uomo – vessato da una violenza quotidiana al di là dell’immaginabile – di agire con buona forma ed “educazione”, non solo è un vero e proprio esercizio di idiozia piccolo-borghese, in cui si esercitano mediocri politici, giornalisti e opinionisti, ma anche la dimostrazione che si è disposti a sopportare solo gli immigrati deboli, che suscitano pietà, che dipendono da noi. Ma se solo quegli immigrati dimostrano forza, si presentano come soggetti che non attendono la nostra compassione, ecco l’accusa d’ingratitudine, ossia la colpa di “esistere”. Siamo in un tempo che non ama chi tenta di diventare un soggetto. Si amano le vittime, mute e disperate, remissive, così che si possa parlare al loro posto.
Dopo la strage di Castelvolturno non sì è forse avuto un moto di condanna nei confronti della dura contestazione degl’immigrati e non si è cercato di dimostrare che in fondo si trattava di un regolamento di conti interno alla criminalità, e cioè che quegli immigrati in qualche modo la morte se l’erano meritata? Altri immigrati verranno a sostituire quelli che ora sono stati espulsi – l’economia italiana ha bisogno dello sfruttamento del loro lavoro e delle loro miserabili paghe – ma dovranno sapere, è questo il senso dei provvedimenti adottati, che saranno guai se oseranno tentare di entrare nel mondo degli “uomini”. E ciò varrà non solo per i clandestini ma anche per quelli che hanno il permesso di soggiorno.
Del resto, nel nostro paese gli immigrati non sono colpevoli ancor prima di aver commesso un reato? Non pagano la pena per la colpa di esistere con le infinite prove cui sono sottoposti prima di accedere allo statuto di cittadini a tutti gli effetti? E l’indegna legge che li vuole colpevoli solo perché clandestini, non li ha già condannati ancora prima che abbiano commesso anche il minimo reato? Colpevoli dunque non per ciò che si fa, ma per ciò che si è.
Tutti i partiti italiani hanno tentato di lucrare in questi anni sul tema della paura e della sicurezza. Chi in modo più aggressivo; chi in modo più sfumato. Nessuno se n’è tirato fuori. Ma paura e sicurezza non sono principi politici. Sono, al contrario, principi con i quali la politica e la democrazia – nel senso machiavelliano di lotta del “popolo” contro i “grandi” – sono distrutte. Principi politici sono la libertà e l’uguaglianza.
Oggi bisogna chiedere e lottare per ciò che dal punto di vista politico è il minimo, ma quel minimo che nella nostra situazione sembra “impossibile” da ottenere. È stato un lucido pensatore conservatore come Max Weber a scrivere che la politica deve mirare all’impossibile e tenersi ferma a esso, senza cedere di un millimetro, aggiungiamo noi. L’impossibile nel nostro paese è la regolarizzazione dei lavoratori immigrati, la concessione del voto amministrativo e politico; la drastica diminuzione degli anni richiesti per ottenere la cittadinanza italiana. Ebbene, che si regolarizzino i lavoratori, si cancelli la legge che li condanna in quanto clandestini, si riducano gli anni necessari per ottenere la cittadinanza, si ammetta il voto politico e amministrativo, si separi la possibilità di uscire dal lavoro sommerso dal permesso di soggiorno. Insomma, vogliamo semplicemente il minimo: gli immigrati che vivono in Italia devono poter eleggere i propri rappresentanti politici. Non risolveranno certo in questo modo tutti i loro problemi, ma almeno costringeranno una parte del paese a fare i conti con le loro decisioni.
Nessuna forza politica che si dice democratica, osi ancor farlo se non assume, oggi, il compito di onorare i lavoratori immigrati. In ogni caso, a decidere di un ritorno della politica sarà, anche in Italia, una nuova alleanza e inedite forme organizzative tra immigrati e soggetti impegnati a lottare contro le nuove forme del dominio.

mercoledì 20 gennaio 2010

Caserta: i migranti reclamano diritti

19 gennaio 2010. Alcune centinaia i migranti che nella mattinata si sono riuniti sotto palazzo acquaviva, sede della prefettura e della questura di Caserta, per la manifestazione promossa dal movimento degli immigrati e dei rifugiati di Caserta, il centro sociale ex canapificio e l'associazione senegalesi e padri sacramentini. Volevano braccia, sono arrivati uomini si leggeva sui cartelli. Molti dei lavoratori migranti stanziati nel casertano, e più precisamente a Castelvolturno, sono gli stessi che si spostano a ritmo delle”stagioni”, quelle di raccolta, e che costituiscono la forza trainante dell'economia agricola nel meridione.“Noi siamo lavoratori. Contribuiamo all'economia italiana. Non siamo criminali. Siamo esseri umani. E vogliamo essere riconosciuti. Il permesso di soggiorno non dev'essere solo un foglio di carta, ma essere simbolo dei diritti che ci devono essere riconosciuti.” questo riportavano i vari interventi susseguitesi durante il presidio. Espressione della coscienza di essere parte integrante e necessaria dell'economia di questo paese. Ma ancora più forte emergeva la consapevolezza di costituire una componente, seppur numerosa, circa 4 milioni di persone, invisibile nella società italiana. Per molti di loro regolarizzazione significa maggiori diritti e la possibilità di sfuggire al ricatto del lavoro in nero; possibilità tuttavia remota in un paese in cui il lavoro irregolare costituisce l'unica via d'uscita rispetto in un sistema sempre più in crisi e in cui la disoccupazione è dilagante.Una delegazione è riuscita ad incontrarsi con il prefetto Ezio Monaco e con il questore Guido Longo e le richieste per la riapertura del canale delle udienze per ottenere date precise per gli incontri di rinnovo dei permessi di soggiorno e di regolarizzazione sono state accettate. In più si richiedeva il riconoscimento del permesso umanitario per i migranti di Rosarno, permesso a cui secondo il ministro Maroni possono accedere quei migranti che hanno riportato ferite e che sono stati accertati in ospedale. Questo non è abbastanza, perché oltre a coloro che sono stati refertati, molti altri in quei giorni sono stati vittime di attacchi e comunque tutti i migranti costretti a fuggire o ad essere deportati dovrebbero ricevere tale permesso.Molti anche gli interventi in solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici di Rosarno, in cui si palesava l'evidente bisogno di creare un legame tra le lotte di migranti, lavoratori, precari e studenti. In un paese in cui è sempre più forte l'oppressione di governo e istituzioni verso qualunque tipo di rivendicazione sociale, è necessario individuare le cause e i responsabili della crisi economica e sociale, governo, confindustria, creando un'interazione tra le soggettività oppresse e sfuggendo alla così detta “guerra tra poveri”, riversando la rabbia sociale contro chi l'oppressione l'agisce, non la subisce.
Parlando di repressione, anche in questo caso immancabile l'intervento delle forze dell'ordine che hanno fermato tre pullman di linea diretti alla manifestazione che sono stati soggetti a controlli di massa.

ARTICOLO di Marzia Matarese

sabato 9 gennaio 2010

Rosarno: preoccuparsi oggi dopo anni di indifferenza è vagamente vergognoso


(foto Franco Cufari) - Era il maggio del 2009, Sergio Conti firmava su Reggio Tv un eccellente reportage dal titolo "Fantasmi" che metteva a nudo,
come un pugno nello stomaco, la condizione sub-umana degli extracomunitari (oltre un migliaio) di Rosarno.
Non era certo la prima denuncia, altre ve ne erano state, da parte di strill.it ed anche a firma di prestigiose firme nazionali. Già il 26 dicembre del 2008 Claudio Cordova firmava per strill.it l'articolo che segue. Sorprendersi, meravigliarsi, indignarsi ora da parte delle istituzioni è falso, meschino e vagamente vergognoso. Preoccuparsi solo adesso per uno scontro di piazza matematicamente scontato, probabilmente inevitabile e che porterà a scontrarsi i "residenti" con i "migranti", è tanto necessario quanto vomitevole.
C'era tutto, in quel pezzo di Claudio Cordova. C'era già tutto.

Nei mesi invernali, da novembre a febbraio, migliaia d'immigrati si riversano nelle campagne della Piana di Gioia Tauro per lavorare alla raccolta di mandarini e arance”.



Comincia così la parte che riguarda la Calabria del rapporto svolto da Medici senza frontiere sugli immigrati impiegati in agricoltura nelle regioni del Sud Italia.

La Piana di Gioia Tauro, ma soprattutto la zona di Rosarno, è interessata da flussi piuttosto consistenti di immigrati che, nei mesi invernali, quando il vento freddo della campagna colpisce e ferisce come una lama arroventata, lavorano la terra al posto dei “padroni”.

Rosarno è un comune, attualmente sciolto per infiltrazioni mafiose e affidato ai commissari prefettizi, di quindicimila abitanti.

Il numero di immigrati, nei mesi della raccolta, raggiunge circa le quattromila unità.

Sono per il 94% africani sub-sahariani, tutti giovani: per l’87% di età inferiore ai 30 anni. Il 90% di essi è entrato in Italia in maniera irregolare. Nessuno possiede un contratto di lavoro.

Basterebbero questi numeri per giustificare il titolo del rapporto stilato da Medici senza frontiere: “Una stagione all’inferno”.

Gli immigrati della Piana versano in condizioni spaventose. Ecco, la descrizione fornita dal rapporto di Msf: sfruttamento sul lavoro, alloggi totalmente inadeguati, esclusione sociale e in alcuni casi episodi di violenza costituiscono la realtà quotidiana degli stagionali in quest'area.
La situazione nella Piana di Gioia Tauro presenta caratteristiche riferibili dunque a un contesto di crisi umanitaria”.

Crisi umanitaria.

Un’espressione entrata da tempo nel vocabolario comune. Un’espressione che, solitamente, si attaglia ai Paesi poveri, sottosviluppati. Quelli del cosiddetto Terzo Mondo.
Repubblica democratica del Congo, Somalia, Iraq, Sudan, Pakistan, Zimbabwe, Myanmar, Etiopia, Haiti, Cecenia, Colombia, Uganda settentrionale, Costa d’Avorio.

Questa volta, però, l’espressione viene usata per Rosarno, piana di Gioia Tauro, Italia, Europa.
Eppure non si tratta di un’esagerazione. Gran parte degli immigrati della piana di Gioia Tauro, una cifra molto vicina al 90%, vive in strutture abbandonate: fabbriche dismesse, cascine disabitate. Strutture nelle quali mancano le più elementari basi su cui si poggia la civiltà moderna: riscaldamento, elettricità, acqua corrente, servizi igienici.Lavorano in media due giorni alla settimana, per 25 euro al giorno. Da questa misera ricompensa devono sottrarre, però, i “costi d’equipaggiamento”, dato che devono acquistare, con i propri soldi, i guanti e gli stivali necessari per il lavoro.

Un lavoro che deve essere cercato, mendicato, quotidianamente: ogni giorno, fin dalle prime ore dell'alba, gli immigrati si riversano nel centro del paese aspettando di essere reclutati da datori di lavoro e caporali.
Nella piana di Gioia Tauro il feudalesimo non è ancora finito.
Il rapporto di Medici senza frontiere ha come anno di riferimento il 2007. Scrivono da Msf: “A rendere la situazione ancora più drammatica, gli immigrati intervistati hanno denunciato di essere vittime di maltrattamenti e atti di violenza, come il lancio di pietre e oggetti, da parte di adolescenti per lo più”.
E’ una descrizione veritiera, accurata e inquietante che riporta immediatamente all’attualità. Al 12 dicembre scorso, quando, a Rosarno, vennero feriti due immigrati che vennero raggiunti da diversi colpi di arma da fuoco mentre si trovavano in contrada Focolì di Rosarno, lungo la strada per San Ferdinando.
Secondo gli inquirenti gli spari contro i due extracomunitari sarebbero una reazione ad una fallita richiesta estorsiva rivolta al gruppo di immigrati impiegati nei lavori agricoli a Rosarno e che sono ospitati in un ex cartiera.
Una di quelle strutture fatiscenti per usufruire delle quali gli immigrati sono costretti a pagare anche fino a cinquecento euro al mese.
Gli inquirenti ipotizzano un possibile collegamento con la ‘ndrangheta del luogo.
Sì perché in Calabria, nella Piana di Gioia Tauro, a Rosarno, c’è la ‘ndrangheta. E se gli immigrati vivono in condizioni disumane, senza la possibilità di usufruire di cure mediche, lavorando per pochi spiccioli e, per di più, sono vittime di estorsioni e di aggressioni anche a suon di pallottole, la ‘ndrangheta c’entra eccome.

da: www.strill.it

Due migranti gambizzati e due colpiti da spranghe: uno di loro è in gravi condizioni. Ronde e sassaiole in città.

dal corriere

ROSARNO (Reggio Calabria) - È altissima la tensione a Rosarno, in Calabria, per gli scontri tra immigrati e residenti. All'indomani della rivolta degli extracomunitari, due stranieri sono stati «gambizzati» da ignoti e altri due sono stati feriti a colpi di spranghe e bastoni. L'ultimo bilancio degli incidenti, fornito dal prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, parla dunque di 37 feriti: 19 extracomunitari e 18 uomini delle forze dell'ordine. Nella serata di venerdì è iniziato il trasferimento dei circa 200 immigrati che erano ospitati nell'ex fabbrica Rognetta. Gli immigrati, la maggior parte dei quali hanno chiesto loro stessi di essere portati via da Rosarno, sono stati trasferiti in pullman nel cpa di Isola Capo Rizzuto. Non si è invece ancora sbloccata la situazione dell'ex Opera Sila, l'altra struttura dove sono ospitati circa 600 immigrati. Lì, secondo quanto si apprende, sono in corso delle trattative ma è probabile che la situazione non si sblocchi prima della mattinata di sabato.

I FERITI - Uno dei feriti a colpi di spranga sulla statale 18 è in gravi condizioni, sottoposto a intervento chirurgico e ricoverato in codice rosso, in neurochirurgia a Reggio Calabria. Grave anche un altro extracomunitario ferito a colpi di spranghe, mentre il Prefetto ha confermato che gli ultimi feriti a colpi di arma da fuoco caricati a pallini non destano preoccupazioni. Secondo quanto riferisce l'Ansa, almeno cinque immigrati sono rimasti feriti in modo non grave dopo essere stati investiti da auto guidate da italiani. Secondo fonti investigative, gli incidenti sarebbero avvenuti in prossimità dei posti di blocco attuati dagli abitanti del posto. In un caso i responsabili dell'investimento sono stati fermati dai carabinieri. Otto gli arresti: sette cittadini extracomunitari accusati di devastazione, rissa e violenza a pubblico ufficiale, e uno degli italiani che ha tentato di investire gli stranieri con l'escavatore, ferendone uno. L’accusa per lui è di tentato omicidio. Ulteriori momenti di tensione si sono vissuti, in serata, in località Bosco di Rosarno quando alcuni abitanti della zona hanno cercato di avvicinarsi e accerchiare la struttura ex Esac dove sono accampate centinaia di immigrati e cercando di arrivare allo scontro con loro. Ne è scaturita una fitta sassaiola.

LA BARRICATA - La situazione resta comunque molto tesa. Per questo il capo della polizia Antonio Manganelli, sentito il ministro Maroni, sta inviando in Calabria un «consistente contingente di uomini delle forze di polizia, per assicurare il miglior controllo del territorio e garantire serenità a tutta la popolazione presente». Serenità che un centinaio di abitanti, armati di bastoni e spranghe di ferro, sta minando dopo aver tirato su una barricata sulla statale 18 all'altezza del km 474, a poche centinaia di metri dai locali dell'ex Opera Sila dove si trovano molti degli stranieri che la scorsa notte hanno dato vita agli scontri. Il blocco dei cittadini è tutt'altro che pacifico: quasi tutti hanno bastoni, stecche da biliardo, spranghe di ferro e mazze. E tra loro sono circolate anche alcune taniche di benzina.

LA RIVOLTA - I disordini in questa città che conta 15mila residenti, pochissimi centri di ritrovo, e quasi nessuna piazza, sono iniziati con la rivolta degli immigrati per il ferimento di due stranieri in un agguato e continuati dai residenti. Anche se secondo le forze dell’ordine chi ha sparato colpi ad aria compressa e usato anche spranghe è «gente che viene da fuori». Forse cani sciolti della criminalità organizzata. In ogni caso la tensione è alta: le scuole sono rimaste chiuse e così come i i negozi.

LA TASK FORCE - Il Viminale ha costituito una task force tra i ministeri dell'Interno, del Welfare e della Regione Calabria con il compito di «affrontare la questione non solo dal punto di vista dell'ordine pubblico, ma anche per quanto riguarda gli aspetti legati allo sfruttamento del lavoro nero e all'assistenza sanitaria». In città gruppi di giovani hanno organizzato ronde spontanee: «Difendiamo la nostra città e le nostre case. Siamo a caccia degli africani: se vogliono lavorare restino, ma se non c'è lavoro, devono andare via», dice qualcuno.
INCONTRO - Nel primo pomeriggio centinaia di extracomunitari, tra i quali alcuni giunti dalle zone vicine, scortati in testa e in coda dalle forze dell'ordine hanno raggiunto in corteo il municipio scandendo slogan di protesta. Una loro delegazione è stata ricevuta dal commissario prefettizio, in quanto il Comune è stato sciolto nel 2008 per infiltrazioni mafiose. Dopo l'incontro, i migranti sono tornati nelle strutture di ricovero in cui sono ospitati («ai limiti del sopportabile», secondo molte testimonianze). Il commissario ha poi ricevuto anche una delegazione di cittadini di Rosarno, i quali chiedono l’immediato allontanamento degli stranieri.
SPARI E SASSAIOLA - In precedenza alcuni abitanti di Rosarno avevano raggiunto la zona antistante il municipio. Erano venuti a contatto con gli immigrati e avevano provato a inseguirli e malmenarli. Un uomo ha sparato dal terrazzo della sua casa due colpi di fucile in aria per difendere la moglie e le figlie che guardavano dal balcone e contro le quali erano stati lanciati sassi da alcuni immigrati che stavano transitando in corteo. Dopo i colpi, alcuni stranieri sono entrati nell'abitazione ma per protestare vivamente. Sassi anche contro una troupe del Tg2 e il giornalista Francesco Vitale, senza conseguenze. Ci sono stati momenti di tensione tra un gruppo di abitanti e le forze dell'ordine dopo che un giovane era stato fermato perché stava litigando con un immigrato davanti al municipio. Gli animi si sono calmati dopo che il giovane è stato rilasciato.
REAZIONI POLITICHE - Molte le reazioni politiche sugli avvenimenti di Rosarno, tra le quali quelle del ministro dell'Interno, Roberto Maroni: «In questi anni è stata tollerata l'immigrazione clandestina che ha alimentato la criminalità e ha generato situazioni di forte degrado». Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha invece lanciato un appello per mettere fine alle violenze







venerdì 8 gennaio 2010

Rosarno, immigrati in rivolta: A scatenare la rabbia degli extracomunitari il ferimento di alcuni di loro oggetto di colpi di fucile ad aria compressa


ROSARNO - Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e rovesciati sull'asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. E' il bilancio di un pomeriggio di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la protesta di alcune centinaia di extracomunitari, lavoratori dell'agricoltura, accampati in condizioni disumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata. Risale a maggio dello scorso anno l'arresto di tre imprenditori, sempre a Rosarno, per "riduzione in schiavitù" di alcuni immigrati. A dicembre del 2008, invece, un episodio simile a quello di oggi: due giovani a bordo di un'auto spararono alcuni colpi di pistola contro due ragazzi africani di ritorno dai campi. Inoltre una fabbrica abbandonata dove vivevano fu bruciata.

Anche in qual caso gli extracomunitari reagirono con una violenta protesta.
A fare scoppiare la rivolta è stato il ferimento con un'arma ad aria compressa, da parte di un gruppo di sconosciuti, di alcuni cittadini extracomunitari. I feriti - tra i quali c'è anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno - non destano particolari preoccupazione, ma la volontà di reagire che covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura in condizioni ai limiti del sopportabile (e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell'Ex Opera Sila) non ci ha messo molto ad esplodere.
Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari in larga parte provenienti dall'Africa hanno invaso la strada statale che attraversa Rosarno mettendo a ferro e fuoco alcune delle vie principali: dalle auto - in qualche caso anche con persone a bordo - alle abitazioni, ai cassonetti dell'immondizia. A nulla è valso l'intervento di polizia e carabinieri in assetto antisommossa, schierati di fronte ai più agguerriti, un centinaio di persone tenute sotto stretto controllo.
In serata sono arrivati i rinforzi e si è tentata una trattativa per far rientrare la protesta. Anche la popolazione ha reagito e, in queste ore, alcuni giovani di Rosarno, circa un centinaio, stanno seguendo l'evolversi della situazione ad alcuni metri dalle forze dell'ordine. Sul posto tutti i dirigenti dei commissariati di Pubblica sicurezza e delle compagnie di carabinieri della Piana.
Tra Rosarno, l'ex fabbrica in disuso, e Gioia Tauro, sono circa 1.500 gli extracomunitari che lavorano come manodopera nell'agricoltura in condizioni al limite dell'umano!!!!!
(07 gennaio 2010)
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/01/07/news/rosarno_immigrati_in_ri...


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Un servizio della Bbc mostra le immagini di una baraccopoli di cartone in cui vivono oltre 600 immigrati, all’interno di una fabbrica dismessa a Rosarno, in Calabria. Corrispondenti.net rilancia l’inchiesta della tv inglese e l’articolo del Sole 24 ore. La baraccopoli è abitata da lavoratori stagionali che ogni anno raggiungono il sud dell’Italia e rappresentano il sostentamento fondamentale alle economie agricole locali.
Come “premio” si trovano a vivere Un inferno sulla terra, nel quale sono entrati gli operatori di Medici Senza Frontiere. «Siamo in Italia, nel cuore dell’ Europa, in un paese sviluppato», sottolinea Saverio Bellizzi di MSF «è una situazione di grande imbarazzo». Non si sono servizi igienici e c’è una sola linea per l’acqua, che tutti utilizzano per cucinare e per lavarsi. «Secondo le Nazioni Unite in un campo sfollati ci deve essere almeno una latrina ogni venti persone. Neanche questo avviene nei luoghi che abbiamo visitato in Calabria, per una popolazione che tra l’altro rappresenta il sostentamento fondamentale alle economie agricole locali», dice Antonio Virgilio, capo missione di Medici Senza Frontiere. L’organizzazione umanitaria ha individuato una popolazione di immigrati di almeno 1500 persone distribuite nei comuni di Rosarno, San Ferdinando e Rizziconi (sempre in provincia di Reggio Calabria) che versano in condizioni spaventose.


...per inquadrare meglio la situazione:

Nella città di cartone, dove 600 immigrati vivono come animali
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/02/Citta-Cartone-...

VIDEO BBCCardboard city for Italy migrants
http://news.bbc.co.uk/2/hi/7908910.stm

VIDEO Medici Senza FrontiereViaggio a Rosarno (RC) nell'inferno degli immigrati.
http://www.youtube.com/watch?v=8dQ8m1AmY4g

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