sabato 14 novembre 2009

ADDIO UNIVERSITA' PUBBLICA

Mercoledì 28 Ottobre 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Ddl Gelmini per la riforma del sistema universitario, basato su una governance degli atenei autoritaria, manageriale e aperta ai privati, precarietà dei contratti, meritocrazia ed ovviamente riduzione dell'offerta formativa (nell'ottica di rendere tollerabili i tagli).

Tramite tale disegno di legge viene implementato un processo già in atto da molti anni: il prepotente ingresso dei privati nella gestione dell’università pubblica. Questo avviene attraverso la previsione della nuova figura del Direttore Generale, un vero e proprio manager a cui sarà attribuita la”complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo”, e la determinazione della composizione del Consiglio di Amministrazione nel quale si prevede la "non appartenenza di almeno il quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo”. Il ddl introduce una netta distinzione tra le competenze del Senato e quelle del Consiglio, rispettivamente didattica e gestione finanziaria, infatti il Senato avrà il compito di approvare i Regolamenti, previo parere vincolante del CdA. Si va verso l'attribuzione in toto del potere decisionale al Consiglio, svilendo e nullificando il ruolo politico del Senato e sottomettendo la funzione didattica formativa dell'Università pubblica a mere logiche economiche. È chiaro che questa divisione tra le competenze degli Organi non è altro che il superamento del concetto di gestione collegiale verso una gestione da parte di un organo aziendale a partecipazione fondata sul capitale investito. Infatti un organo formato da almeno il 40% di privati sarà preposto a "funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale nonché di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività; della competenza a deliberare l’attivazione o la soppressione di corsi e sedi; della competenza ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, il bilancio di previsione e il conto consuntivo, da trasmettere al Ministero e al Ministero dell’economia e delle finanze".
Parallelamente a questo si avvia un processo di ottimizzazione e razionalizzazione del servizio. L’università-azienda viene, così, amministrata sulla base di valutazioni di mercato che prevedono il taglio di indirizzi scientifico-disciplinari,corsi di laurea, facoltà, accorpamento dei dipartimenti,gli atenei non sufficientemente redditizi saranno commissariati, scatti stipendiali per i professori considerati migliori secondo parametri che non è dato conoscere, licenziamenti del personale tecnico amministrativo in esubero.
Attraverso la gestione e il finanziamento privato (“senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica” è il motto che attraversa tutto il progetto di legge) la ricerca e l’istruzione perdono anche la poca libertà rimasta a favore di un completo asservimento alle necessità dei finanziatori di turno. La sopravvivenza di corsi di laurea e facoltà verrà, così, vincolata ai livelli di produttività ed efficienza con notevoli conseguenze su tutto il mondo universitario: ricerca possibile solo in settori finanziati dal privato e dunque vincolata al raggiungimento di obiettivi concreti e facilmente fruibili; tirocini obbligatori e a titolo gratuito; numero chiuso alle triennali e blocchi all’ingresso di specialistiche e master; licenziamenti e razionalizzazione del personale.
Questo ddl è l'ennesimo provvedimento che si inserisce nel processo di distruzione totale dell'Università Pubblica avviato da oltre 15 anni e passato attraverso le tappe fondamentali dell'autonomia didattica e finanziaria, del processo di Bologna, del 3+2 e della legge 133/08. Il ddl Gelmini rappresenta forse l’atto finale di questo processo, con un attacco gravissimo e drammatico: se questo ddl diventerà legge, l’Università pubblica scomparirà irrimediabilmente, trasformandosi in un'azienda.

Nessun commento:

Posta un commento

yh

yh