lunedì 23 novembre 2009

Speculazione e Terremoto dell'Irpinia. Per non dimenticare!!!!


23 novembre 1980,ore 19:34 per televisione stanno mandando in onda la replica dell’incontro di calcio Inter-Juventus,all’improvviso una forte scossa di terremoto,un sussulto durato poco più di un minuto ma sembrano un’eternità e in effetti lo sono.Dopo si verrà a sapere che il magnitudo è di 6.9 sulla scala Richter parte da 30 chilometri di profondità,colpisce 5 province ed interessa diverse regioni.
Dalle prime frammentarie notizie si sa che la zona maggiormente colpita è l’Irpinia e l’intera
Campania.
Fin da subito si ha la sensazione della gravità ed infatti i numeri lo confermano:
2.914 morti, 8.848 feriti, 280.000 sfollati. Non piu' di un minuto ma di Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Torella dei Lombardi, Conza della Campania, Teora, Laviano, Baronissi non rimane piu' nulla. A Balvano il terremoto non si ferma nemmeno davanti alla messa che si sta celebrando nella chiesa di S.Maria Assunta. Non si ferma e schiaccia 77 persone, 66 sono bambini e ragazzini che stanno pregando. A Napoli, in Via Stadera, nel quartiere di Poggioreale la scossa inghiotte un palazzo: 52 morti. Dei 679 comuni che costituiscono le otto provincie di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia cui passa addosso il sisma, ben 506, il 74%, sono danneggiate. Il terremoto dell'Irpinia costa al Paese 30 miliardi di euro. Una cifra riferita a stime del 1980 che se prova a fare i conti con l'inflazione alza e di molto gli effetti economici. Per quelli umani c'e' gente che ancora piange.
Dopo quella tragedia in Italia viene costituita la Protezione Civile,ma 29 anni fa i soccorsi furono maledettamente lenti,gli alpini li avevamo visti solo per televisione durante le parate del 2 giugno ed ora li avevamo li a portata di mano.
Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi” affermava il Presidente della Repubblica Sandro Pertini all’edizione straordinaria del TG2 del 27 novembre.
Al di là del patrimonio edilizio, già fatiscente e datato a causa dei terremoti del 1930 e 1962, un altro elemento che aggrava gli effetti della scossa è il ritardo dei soccorsi. I motivi principali sono due: la difficoltà di accesso dei mezzi di soccorso nelle zone dell'entroterra, dovuta al cattivo stato della maggior parte delle infrastrutture, e la mancanza di un'organizzazione come la Protezione Civile che fosse capace di coordinare risorse e mezzi in maniera tempestiva e ottimale. Il primo a far presente questa grave mancanza è il presidente della Repubblica Sandro Pertini. Il 25 novembre nonostante il parere contrario del presidente del Consiglio Forlani e altri ministri e consiglieri il capo dello Stato si reca in elicottero sui luoghi della tragedia, ritrovando l'allora Ministro degli Esteri e potentino Emilio Colombo. Di ritorno dall'Irpinia, in un discorso in tv rivolto agli italiani, denuncia con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi che arriveranno in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni. Le dure parole del presidente della Repubblica causano l'immediata rimozione del prefetto di Avellino Attilio Lobefalo, e le dimissioni dell'allora Ministro dell'Interno Virginio Rognoni.
A Laviano, paese in cui i morti per il sisma furono un quinto della popolazione (300 deceduti su 1500 abitanti), le prime case in legno (una ventina) con servizi compresi arrivarono già nel febbraio 1981. Il 25 aprile 1981, a 122 giorni dal terremoto, gli alloggi in legno tipo chalet realizzati dal Gruppo Rubner - che si insediò in Irpinia con uno stabilimento di produzione a Calitri - diventano 150, per un totale di 450 persone ricoverate. La ricostruzione fu, però, anche uno dei peggiori esempi di speculazione su di una tragedia. Infatti, come testimonia tutta una serie di inchieste della magistratura, per le quali sono state coniate espressioni come Irpiniagate, Terremotopoli o il terremoto infinito durante gli anni si sono inseriti interessi loschi che hanno dirottato i fondi verso aree che non ne avevano diritto, moltiplicando il numero dei comuni colpiti: 36 paesi in un primo momento, che diventano 280 in seguito a un decreto dell'allora presidente del Consiglio Arnaldo Forlani nel maggio1981, fino a raggiungere la cifra finale di 687
Più di 70 centri sono stati integralmente distrutti o seriamente danneggiati e oltre 200 hanno avuti consistenti danni al patrimonio edilizio. Centinaia di opifici produttivi e artigianali sono stati cancellati con perdita di migliaia di posti di lavoro e danni patrimoniali per decine di migliaia di miliardi.
Il numero dei comuni colpiti, però, è stato alterato per losche manovre politiche e camorristiche lievitando nel corso degli anni. Alle aree colpite, infatti, venivano destinati numerosi contributi pubblici (stime del 2000 parlano di 58.640 miliardi nel corso degli anni), ed era interesse dei politici locali far sì che i territori amministrati venissero inclusi in quest'area. La ricostruzione, nonostante l'ingente quantità di denaro pubblico versato, è stata per decenni incompleta. A Torre Annunziata esistono due quartieri, Penniniello e il Quadrilatero delle Carceri, distrutti dal terremoto del 1980, ma malgrado le ingenti somme di denaro che si continuano a stanziare – 10 milioni di euro per il primo nel Il 7 aprile 1989, con la Legge n.128, Oscar Luigi Scalfaro viene messo a capo della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'attuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti dai terremoti del novembre 1980 e del febbraio 1981 della Campania e della Basilicata: è un organismo bicamerale con gli stessi poteri della magistratura, costituito da venti deputati e altrettanti senatori con il compito di accertare quanto realmente lo Stato ha speso, sino a quel momento, per la ricostruzione delle aree terremotate. Nella "relazione conclusiva" che verrà stilata, la somma totale dei fondi stanziati dal Governo italiano raggiungerà la cifra di 50.620 miliardi di lire, così suddivisi: 4.684 per affrontare i giorni dell'emergenza; 18.000 per la ricostruzione dell'edilizia privata e pubblica; 2.043 per gli interventi di competenza regionale; 8.000 per la ricostruzione degli stabilimenti produttivi e per lo sviluppo industriale; 15.000 per il programma abitativo del comune di Napoli, e le relative infrastrutture; 2.500 per le attività delle amministrazioni dello Stato; 393 residui passivi2007 1,5 milioni di euro per il secondo nel 2009– ancora non è stata completata la loro ricostruzione. Questi quartieri oggi sono diventati un cancro che ha contaminato l'intera città, divenendo la principale roccaforte della camorra (il Quadrilatero delle Carceri è ancora oggi il quartier generale del clan Gionta) ed una delle più agguerrite piazze di spaccio della regione Campania.
Circa l'inchiesta del filone Mani Pulite denominata "Mani sul terremoto", pubblicata su Panorama nel 1992, Daniele Martini scrive: «in Irpinia la Guardia di Finanza scoprì fienili trasformati in piscine olimpiche mai ultimate, o in ville. Individuò finanziamenti indirizzati a imprenditori plurifalliti e orologi con brillanti regalati con grande prodigalità ai collaudatori dello Stato»Nel marzo del 1987 alcuni giornali, tra cui l'Unità e L'Espresso, rivelarono che le fortune della Banca Popolare dell'Irpinia erano strettamente legate ai fondi per la ricostruzione dopo il terremoto in Irpinia del 1980. Tra i soci che traevano profitto dalla situazione c'era la famiglia di De Mita con Ciriaco proprietario di un cospicuo pacchetto di azioni che si erano rivalutate grazie al terremoto. I titoli erano posseduti anche da altri parenti. Seguì un lungo processo che si concluse nell'ottobre del 1988 con la sentenza: «Secondo i giudici del tribunale romano chiamato a giudicare sulla controversia, era giusto scrivere che i fondi del terremoto transitavano nella banca di Avellino e che la Popolare è una banca della Dc demitiana». Appresa la sentenza, l'Unità pubblicò il 3 dicembre un articolo in prima pagina dal titolo eloquente: «De Mita si è arricchito con il terremoto». Nell'inchiesta Mani sul terremoto saranno coinvolte 87 persone tra cui l'on. Ciriaco de Mita(allora Presidente del Consiglio), l'on. Paolo Cirino Pomicino il sen. Salverino De Vito, l'on. Vincenzo Scotti, l'on. Antonio Gava l'on. Antonio Fantini, l'on. Francesco De Lorenzo, l'on. Giulio Di Donato e il commissario on. Giuseppe Zamberletti.Nonostante l'ingente numero di persone coinvolte, l'inchiesta terminerà con la prescrizione della maggior parte dei capi di imputazione e la totale assoluzione degli altri imputati.


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