mercoledì 12 maggio 2010

Dopo 18 anni la Cassazione assolve tutti gli imputati dell’assassinio di Roberto Calvi

Dopo 18 anni la Cassazione assolve tutti gli imputati dell'assassinio di Roberto Calvi

Roberto Calvi ucciso nel 1992 a Londra: venerdì la Corte d’Assise d’appello di Roma ha assolto, per insufficienza di prove, Calò, Diotallevi e Carboni.

Il pm Luca Tescaroli dopo la sentenza della corte d’assise d’appello che ha confermato l’assoluzione, per insufficenza di prove, di tutti gli imputati dichiara: "La sentenza di oggi, pur assolvendo gli imputati, conferma che Roberto Calvi è stato assassinato. La sentenza va rispettata in quanto espressione di democrazia ma bisogna riflettere perché, nella prospettiva dei familiari del banchiere, questa pronuncia uccide due volte Calvi".

"Ricordiamo che i congiunti di Calvi hanno dovuto attendere 18 anni prima che venisse riconosciuto il reato di omicidio". I familiari di Calvi sono in buona compagnia considerando che altri familiari di altre vittime di stragi di Stato attendo di conoscere la verità sin dagli anni 1972 e a seguire. Parla Flavio Carboni, personaggio controverso e che figura in ogni indagine di spessore contro la mafia, legato allo Ior e alla Banda della Magliana.

"E’ stato un errore giudiziario. Sono più che mai convinto che Roberto Calvi si sia suicidato". Dopo la conferma, anche in secondo grado, dell’assoluzione per il delitto

dell’ex presidente del Banco Ambrosiano, parla a ’Radio 24’ Flavio Carboni, uno dei tre imputati. "Dopo 28 anni, non ci si abitua a sentirsi vomitare addosso accuse orrende", commenta a Radio 24.

Diciamocela tutta, Carboni è un altro perseguitato dalla nostra magistratura, ma anche dalle Polizie, di tutto il mondo. La sentenza emessa dopo appena due ore di camera di consiglio, come una pratica snervante da chiudere il più in fretta possibile, non solo non prende in considerazione la richiesta del pm Tescaroli, il quale chiedeva la massima pena ai 3 imputati, ma addirittura li fa uscire dal tribunale candidi come angeli del paradiso.

Roberto Calvi inizia a scrivere la scenografia della sua morte negli anni ’60, quando conoscerà Sindona Michele, uomo dell’alta mafia, piduista e in rapporti celestiali con importanti prelati. La geometria è lineare, pulita e netta; mafia, politica, lobby occulte, servizi segreti.

Calvi, attraverso Carboni, conoscerà Monsignor Marcinkus, presidente dello Ior, banca vaticana impenetrabile; tutti i giudici e pm che hanno nel corso degli anni seguito la traccia del denaro riciclato hanno sbattuto la testa davanti le imponenti porte dello Ior, la quale, non è soggetta a nessuna legge che la obblighi alla trasparenza, o che ne permetta ispezioni.

Dopo Marcinkus, intreccerà rapporti con Licio Gelli, capo della P2; ogni descrizione del suddetto personaggio risulterebbe vano e banale. Calvi, entrato nel giro che conta e che detta legge in Italia e mezza Europa, nel 1975 diventa Presidente del banco Ambrosiano. La situazione sociale di quegli anni è segnata da fatti di sangue mai del tutto consegnati alla giustizia. Gelli, Sindona e Carboni appartengono, con diversi gradi e compiti, al gruppo anticomunista armato. Una sola regia, fatta di capi di Stato, apparati deviati dello Stato come Gladio in collaborazione con i servizi segreti di mezzo mondo e manovalanza criminale come i killer della Mafia, con la camorra di Raffaele Cutolo e la Banda della Magliana; insieme ed eseguendo gli ordini, prepareranno bombe, sequestri, faranno esplodere aerei, bruciare navi, scoppiare piazze e stazioni ferroviarie. Infine uccideranno procuratori della Repubblica italiana e, senza alcuno scrupolo, assassineranno il Presidente del loro partito, la DC, Aldo Moro. Poi artisti, come Pasolini, giornalisti come Mauro De Mauro. Quest’ultimo colpevole d’aver scoperto, nelle vesti degli assassini di Enrico Mattei, i suoi stessi amici di salotto. Uno Stato parallelo, che ha disegnato morte e piegato la società fino ad assoggettarla e plasmarla a loro immagine e somiglianza. Una società voluto a forma di Piramide.

Una cosa deve essere chiara, al di là, della generosità della nostra giustizia; Calvi viene assassinato perché custode di incredibili verità scomode sulla politica di quegli anni e sul vaticano attraverso lo Ior. Calvi dalla galera minacciò di parlare se non fosse stato aiutato, per questo lo hanno ammazzato.

Che il pm Tescaroli chiami a se ogni altro pm o semplice poliziotto o giornalista che nel corso di tutti questi anni hanno cercato la verità sui fatti di sangue di quegli anni disgraziati, che mettano insieme le piste, i nomi e che infine, chiedano e costituiscono un unico ricorso per un nuovo processo. Bisognerà cercare nel gruppo politico che ha trovato come comun denominatore la lotta al comunismo, tra i fascisti e gli allora repubblichini e gli odierni porta bandiera.

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