lunedì 14 giugno 2010

L'imbroglio del debito pubblico

http://www.resistenze.org/ - osservatorio - economia - 03-06-10 - n. 322
da Marxist Leninism Today -http://mltoday.com/en/subject-areas/commentary/the-debt-scam-844-2.html
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

di Zigedy Zoltan

28/04/2010
Martedì 27 aprile 2010 è stata una giornata da festeggiare per i profeti del disastro creditizio. Questa data segna la prima riunione della nuova Commissione Nazionale per la Responsabilità e la Riforma Fiscale, una commissione istituita dal Presidente Obama per stabilire i tagli della spesa pubblica e per ridurre il debito nazionale.

Per dare il via a questa campagna di taglio della spesa pubblica, la Peter G. Peterson Foundation - organizzazione che Gerald F. Seib, giornalista del Wall Street Journal ha definito "la bisbetica del disavanzo e del debito statunitense" - terrà una conferenza mercoledì. Sono invitati luminari del calibro dell'ex Presidente Clinton, l'attuale Segretario del Bilancio Peter Orszag, i presidenti della Commissione, Allan Simpson e Erskine Bowles, e il genio decaduto della prosperità, Alan Greenspan, che faranno i loro predicozzi al pubblico sulle conseguenze disastrose del disavanzo pubblico e il debito nazionale.

Tutto questo fa parte di una grande campagna orchestrata per convincerci tutti quanti che la spesa pubblica ci porterà alla rovina. Ma si noti che non è contro le spese militari, le guerre in Medio Oriente, gli aiuti agli stati clientelari o i sussidi alle imprese. E notate anche che non hanno alcuna intenzione di attingere più entrate federali dai ricchi o dal mondo di impresa.


Che cosa hanno in mente?

Scaglieranno un attacco contro i programmi di welfare sociale e gli altri programmi di spesa di cui beneficia la collettività. Ci spiegheranno che c'è molto "spreco" e abuso nei programmi più popolari e necessari come Social Security (sistema pensionistico), Medicare (programma federale di copertura sanitaria per anziani) e Medicaid (programma federale di copertura sanitaria per i bisognosi). Ci rassicureranno che queste riduzioni non influiranno sull'accesso o la qualità dei servizi. I loro volti simpatici sorrideranno dai media, esaltando la virtù della prudenza fiscale a coloro che vivono in quartieri degradati dove mancano i servizi pubblici, a chi paga le conseguenze di una rete sociale lacerata.


La Grande Menzogna

La paura di un disavanzo e del debito pubblico è, come tanti altri spauracchi, fatta ad arte e promossa dai ricchi e potenti. E' una fantasia. Un disavanzo pubblico o la crescita del debito nazionale non portano ad alcuna conseguenza disastrosa, né a breve, né a lungo termine, come l'economista Dean Baker ribadisce da anni. Paragonando il disavanzo e il debito nazionale al bilancio familiare, questi sapienti creano cinicamente le paure che aprono la strada alle spietate politiche di "taglio e azzeramento" abbracciate da entrambi i partiti politici. D'altra parte, ci sono spesso impellenti ragioni di interesse sociale per aumentare la spesa pubblica e accumulare debiti: ridurre la disoccupazione, la povertà e migliorare l'assistenza sanitaria e sostenere l'istruzione, le infrastrutture, l'edilizia abitativa e altri servizi pubblici, per esempio.

Grazie ad un grafico utilmente fornito dal Wall Street Journal (il 27 aprile, 2010), possiamo smascherare le tattiche allarmistiche usate dai profeti dell'apocalisse. Il grafico traccia dimensione e traiettoria del debito pubblico, espresso come percentuale del prodotto interno lordo, nell'arco di oltre settant'anni, con una proiezione fino al 2020. Anche con un solo sguardo al grafico si coglie l'esplosione del debito durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale: un picco senza precedenti attorno al 1945, da allora mai nemmeno avvicinato.

I sapienti ci spiegano questo fenomeno semplicemente come una necessità imprescindibile creata dallo sforzo bellico. Con l'eccezione di alcuni studiosi della Grande Depressione, nessuno aggiunge che questa spesa massiccia ha ridato qualche vitalità e speranza all'economia degli Stati Uniti. Il New Deal ha un po' smorzato il dolore e stabilizzato il crollo, ma soltanto l'impeto di spesa degli anni della guerra ha evitato un ritorno alla stagnazione nel periodo post-bellico.

Ciò che alcuni proclamano "l'epoca d'oro" del capitalismo statunitense – gli anni cinquanta – è stata possibile solo a causa della precedente "era di sprechi" e di spesa "oltre le disponibilità". Mentre il grafico apparso sul WSJ mostra un calo del debito pubblico lungo tutti gli anni cinquanta, il livello del debito pubblico alla fine di quel decennio è rimasto comparabile al livello attuale. Un'ulteriore riduzione del debito interessava solo qualche fanatico destroide.

Altrettanto degno di nota, è il fatto che il periodo con il disavanzo e il debito pubblico più basso negli ultimi settanta anni – gli anni settanta – è stato un decennio di "stagflazione": una stagnazione economica accompagnata da un alto tasso di inflazione con una conseguente e inedita crescita del costo della vita. La vulgata comune imputa l'inflazione alla spesa militare per la guerra del Vietnam, ma i fatti – documentati dal grafico – smentiscono questa interpretazione.

Il debito nazionale – in percentuale sul PIL – è infatti diminuito negli anni della guerra del Vietnam. Senza dubbio, parte della stabilità del debito degli anni settanta è dovuta ai più bassi tassi d'interesse che erano una conseguenza dell'inflazione, ma in ogni caso la spesa pubblica non ha in alcun modo alimentato questo periodo di inflazione alle stelle.

Ironia della sorte, tutti i più agguerriti nemici del disavanzo – quelli che prevedevano apocalittiche conseguenze dalla crescita del debito pubblico – ai nostri giorni tristemente pronosticano un'inflazione astronomica a causa della crescita del debito.

Negli anni ottanta, il Presidente Reagan ha elargito fondi federali, principalmente per l'esercito e le aggressioni statunitensi. La crescita esplosiva nella spesa pubblica ha tirato l'economia fuori dalla profonda recessione causata dalla sua amministrazione (con l'aiuto del precedente Presidente Carter e la terapia d'urto di Volker, Presidente della Federal Reserve, Banca Centrale). Questo modo di spendere con le mani bucate ha anche aperto la strada alla ampia crescita degli anni novanta.

Mentre il regno dell'amministrazione Clinton godeva dei benefici di stimolo dell'era reaganiana, Clinton decideva di equilibrare il bilancio e ridurre il debito pubblico nel suo secondo mandato, dichiarando la fine "dell'era del governo assistenziale come l'abbiamo finora conosciuto". Come le proposte dei fanatici anti-disavanzo attuali, la riduzione della spesa pubblica è venuta a scapito del sistema di sussidi per i bisognosi, dell'occupazione, e dei programmi sociali. Probabilmente, questo esercizio di "responsabilità e di riforma" ha contribuito al declino economico dell'ultimo decennio.

Per dirla schietta, niente nella storia lontana del debito nazionale suggerisce una connessione necessaria e diretta tra un aumento del disavanzo di spesa e l'inflazione dei prezzi o altre gravi conseguenze economiche. Vi è, tuttavia, la forte suggestione che un disavanzo possa contribuire alla ripresa economica.

D'altra parte, vi è una correlazione plausibile tra crisi economica e una tassazione federale bassa o inesistente per la fascia dei redditi più alti, mentre, al contrario, i periodi di crescita del PIL e di forte ripresa coincidono spesso con aliquote fiscali alte o in aumento per gli straricchi. Prima della Prima Guerra Mondiale le imposte sui ricchi erano inesistenti o molto basse e sono state aumentate sostanzialmente nel 1917, portando al boom economico del dopoguerra. Sono diminuite altrettanto drammaticamente pochi anni prima del crollo del 1929.

Quando i programmi del New Deal hanno stabilizzato l'economia, salirono a livelli senza precedenti e sono rimaste elevate fino all'amministrazione Reagan. Le tasse sui ricchi sono precipitate dal 1982 con un solo modesto rialzo durante gli anni di Clinton. Questo drastico calo – come la diminuzione prima della Grande Depressione – ha portato alle molteplici crisi economiche del ventunesimo secolo, culminate nel caos economico attuale. Penso che ci siano poche possibilità che gli egregi membri della commissione creata da Presidente Obama esaminino questa tendenza.

Si potrebbero anche trarre insegnamenti interessanti dallo studio del rapporto storico tra occupazione, tenore di vita, tasso di povertà, parametri di assistenza sanitaria e altre misure del progresso umano e il livello di spesa in disavanzo. Certamente questi parametri sono più importanti per la stragrande maggioranza delle persone che la stantia e accademica misurazione del debito nei confronti del prodotto interno lordo che ossessiona i mercati obbligazionari, i profittatori dei derivati e gli altri speculatori che hanno portato l'economia in ginocchio.

Ora i nostri nobili politici vogliono venderci l'idea che è nel nostro interesse ridurre il debito nazionale, consentendo loro di sventrare validi ed essenziali servizi e programmi sociali.

Non credo che i nostri compagni in Grecia e in altri paesi che si trovano davanti questi tagli draconiani la bevono. E credo che neppure noi dobbiamo cascarci.

Nessun commento:

Posta un commento

yh

yh