lunedì 14 giugno 2010

Sentenze Corte Costituzionale sul tema dei migranti

 La Corte Costituzionale, con sentenza n. 187/2010 del 26 maggio, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 80, comma 19, L. 388/2000, nella parte in cui richiede il possesso della Carta di soggiorno ai fini della concessione agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell'assegno mensile di invalidità.

 Per ottenere la Carta di soggiorno la legge sull'immigrazione richiede il possesso di un reddito minimo ed il soggiorno in Italia da almeno 5 anni. Di recente, la Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittimo ed illogico che si richiedesse indirettamente la disponibilità di un reddito per l'erogazione di misure mirate a supplire all'incapacità della persona di produrre reddito. Rimaneva, però, il requisito di soggiorno quinquennale.

Ora la Corte dichiara illegittimo (in materia di assistenza destinata a garantire il sostentamento minimo della persona), qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive. Ciò contrasta con il principio sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, per come esso e' interpretato dalla Corte di Strasburgo.

 La sentenza dà quindi un colpo definitivo ad una norma (art. 80, comma 19, L 388/2000) che usava la Carta di soggiorno (introdotta per semplificare la vita burocratica di chi soggiorna in Italia da più di 5 anni), per escludere molti cittadini immigrati dal diritto alle misure di assistenza sociale. Tale norma è stata introdotta, appunto, nella legge finanziaria del 2000.

Allora non governavano Bossi e Fini ma un governo di centro sinistra (Ulivo, PDCI, UDEUR, Indipendenti): presidente del consiglio Giuliano Amato, ministro della solidarietà sociale Livia Turco, ministro della Economia e delle Finanze Ottaviano del Turco. Questo spiega il grande ritardo della politica sull'immigrazione e la grande fatica che incontra l'integrazione nel nostro paese.

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Altolà della Consulta al governo:Illegittimo aumentare le pene se compie il reato uno straniero presente in Italia illegalmente

Le accuse di incostituzionalità rivolte ai due pacchetti sicurezza varati dal governo Berlusconi nelle estati del 2008 e del 2009 sono state su per giù le stesse mosse oggi dall´opposizione all´indirizzo del ddl intercettazioni. La coincidenza ha voluto che, proprio mentre al Senato andava in scena lo scontro sul provvedimento del Guardasigilli Angelino Alfano, a Palazzo della Consulta si sia deciso il destino di due misure alla base del giro di vite sui clandestini voluto dal ministro dell´Interno Roberto Maroni. La Corte Costituzionale, con un voto a maggioranza in camera di consiglio, da un lato ha bocciato l´ aggravante di clandestinità(pene aumentate di un terzo se a delinquere sia un immigrato presente illegalmente in Italia), mentre dall´altro ha dato un sostanziale via libera alla legittimità del reato di clandestinità (punito con l´ammenda da 5mila a 10mila euro).

Le ragioni della deliberazione si conosceranno solo quando i due giudici relatori, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, le metteranno nero su bianco nel corso delle prossime settimane. Nel frattempo, maggioranza e opposizione plaudono a una decisione che, proprio per la sua doppia natura, sembra accontentare tutti.

 A cadere sotto la scure dell´illegittimità è stata l´aggravante di clandestinità introdotta nel luglio 2008 dal primo pacchetto sicurezza. Innanzitutto per irragionevolezza (art.3 della Costituzione) perchè - sarebbe stato questo il ragionamento dei giudici della Consulta - in base al principio del "ne bis in idem" l´aggravamento della pena andrebbe a collidere con il reato di clandestinità del secondo "pacchetto sicurezza", entrato in vigore nell´estate del 2009.

Inoltre, nell´accogliere alcune delle questioni sollevate dai Tribunali di Livorno e Ferrara, la Corte avrebbe ritenuto che l´aumento di pena violi il principio costituzionale del «fatto materiale» quale presupposto della responsabilità penale, nel senso che l´aumento di pena sarebbe collegato esclusivamente allo status del reo (il trovarsi irregolarmente in Italia) e non alla maggiore gravità del reato o alla maggiore pericolosità dell´autore (il caso dei recidivi o dei latitanti)

Disco verde invece al reato di clandestinità, contestabile dall´estate 2009 dopo il varo del secondo "pacchetto sicurezza": la Consulta avrebbe dichiarato infondate diverse questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Pesaro e da numerosi giudici di pace (Orvieto, Lecco, Torino, Cuneo, Vigevano e Gubbio). In ambienti dell´Alta Corte viene fatto notare che tocca comunque attendere e leggere attentamente le motivazioni della decisione, scritta in questo caso dal giudice Frigo. Dalla Corte, infatti, dovrebbe arrivate un´indicazione ben precisa e cioè che spetta al giudice di pace valutare, caso per caso, la grave entità del fatto, così da escludere eventuali giustificati motivi che possano aver indotto l´immigrato a trattenersi illegalmente in Italia.

Ed è proprio sul sostanziale via libera al reato di immigrazione clandestina che si concentra la soddisfazione del presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, secondo cui «appare secondaria la circostanza riguardante l´aggravante di clandestinità Quel che conta davvero in quelle norme S avere sancito che entrare illegalmente in Italia è un reato».

Di tutt´altro avviso l´opposizione: Luigi Li Gotti (Idv) plaude alla bocciatura dell´aumento di pena per i clandestini («si torna così al diritto, che troppo spesso per i capricci della Lega e per grossolanità propagandistica viene messo in discussione»), e altrettanto fa Livia Turco (Pd) che sottolinea il punto messo dalla Consulta «su una questione di grossolana incostituzionalità di una norma animata solo da furore ideologico che introduceva l´aggravante di clandestinità».

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