giovedì 26 agosto 2010

Immigrazione: se lo straniero ha l’aids non ha diritto al permesso di soggiorno


Affetto da Aids, ma non può restare in Italia per cure specifiche: è un clandestino e, per questo, dovrà tornare in Cina, la propria terra d’origine, ed è lì che riceverà l’assistenza sanitaria necessaria. Nessuna dispensa, nessuno strappo alle norme, nessuna pietà, nessuna scappatoia, nessuna concessione all’abusivo, seppure si trovi bloccato nel letto del reparto infettivi di un ospedale. Lo hanno stabilito i giudici del Tar (Tribunale amministrativo regionale) dell’Abruzzo, sezione di Pescara, respingendo la richiesta di permesso di soggiorno di un extracomunitario da 9 anni nel nostro Paese e ora ricoverato a Chieti.
L’uomo era arrivato bypassando le leggi. Facendo ricorso all’arte di arrangiarsi e degli espedienti, anche con il lavoro. Irregolare, da lungo tempo, e finché le condizioni di salute glielo hanno consentito ha tirato avanti. Adattandosi, sistemandosi alla bell’e meglio. Ma, lentamente, il virus dell’Hiv ha fatto il proprio corso. Lui è peggiorato ed è stato costretto a rivolgersi ad una struttura sanitaria pubblica. Non può più nascondersi, adesso. Non può più servirsi di stratagemmi. Non può sfuggire ai controlli. La sua vicenda, che si snoda tra illegalità e povertà, è emersa appena ha messo piede in ospedale. Da qui un tentativo, ovvero il ricorso alla magistratura per non essere espulso. Per non incappare nei guai che già s’intravedevano. “Devo curarmi -, ha fatto presente - e, per ciò, devo rimanere dove sono e dove vivo da un pezzo”. Ci ha provato. Ma il collegio giudicante, presieduto da Umberto Zuballi, non ha accolto l’istanza. Richiesta respinta. “Le ragioni della solidarietà - , dice il dispositivo del Tar - non possono essere sancite al di fuori di un bilanciamento dei valori in gioco. Tra questi, la difesa dei diritti umani, la tutela dei perseguitati e l’asilo, ma anche, e non di minore rilevanza, il presidio delle frontiere (nazionali e comunitarie), la tutela della sicurezza interna del Paese, la lotta alla criminalità e lo stesso principio di legalità per cui chi rispetta la legge non può trovarsi in una posizione deteriore rispetto a chi la elude”.
Aiuto sì, fratellanza sì, sostegno sì, ma i sentimenti e la benevolenza non gli consegneranno i documenti di cui ha bisogno e nei quali sperava, facendo appello alla gravità della patologia che lo consuma e al dramma che lo accompagna. Dalla scure della denuncia e del rimpatrio non lo salveranno neppure la disperazione e la malattia, che si sono insieme acuite. Perché prima del suo bene - hanno decretato sostanzialmente i giudici - c’è il bene comune, nelle sue molteplici sfaccettature, e c’è la legge. La Costituzione garantisce anche ai clandestini l’assistenza medica indispensabile. “Tuttavia, - evidenzia il Tar - , la concessione di un permesso per cure è prevista solo per speciali ragioni umanitarie, quando cioè quel tipo di cure non sia possibile nella patria d’origine”.
“E - aggiunge - in questo caso, risulta da accertamenti effettuati dai Consolati italiani in Cina che le cure dell’Aids siano praticabili e disponibili anche in quel Paese”. I giudici dunque tracciano un solco preciso nella concessione dei permessi di soggiorno e fissano i princìpi imprescindibili, intorno ai quali deve ruotare l’ingresso in Italia dei cittadini extracomunitari.
“Questo collegio - viene ancora spiegato - si rende ben conto che il rilascio di un permesso di soggiorno a qualsivoglia titolo farebbe uscire il ricorrente dalla clandestinità, rendendogli più agevole la permanenza in Italia, ma allo stato, ferme restando le possibilità di cura, l’ordinamento non consente di tenere conto di questi interessi, in assenza dei requisiti di legge per ottenere un permesso di soggiorno per ragioni di lavoro o simili”.
Il Manifesto, 25 agosto 2010

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