sabato 28 agosto 2010

Tessera del tifoso, Maroni cola a picco senza saperlo

La pesante contestazione di Bergamo al ministro degli Interni Roberto Maroni è stata metabolizzata dai media nella maniera migliore possibile. Taglio di prima, sia nei giornali che in tv, ma sempre entro una gerarchia di notizie la più bassa che si possa dare in questi casi.

Eppure non è che in Italia siano stati tanti i ministri degli interni contestati a quel modo e, praticamente in casa loro, alla festa del proprio partito di riferimento. Roberto Maroni è inoltre riuscito in una impresa, e su scala globale, fino ad oggi inarrivabile per un ministro degli interni: farsi contestare duramente e spettacolarmente, con tanto di disordini e macchine incendiate alla sua presenza, da una tifoseria di calcio. Immaginiamo cosa sarebbe successo in Inghilterra se, dopo le leggi che seguirono alla tragedia dell’Heysel, il segretario dell’home office britannico (corrispondente al nostro ministero degli interni) avesse subito una contestazione simile da parte degli hooligans. Tra proteste della stampa e dell’opposizione il governo sarebbe caduto in poche ore perché debole, inetto e incapace di governare l’ordine pubblico su un tema all’ordine del giorno. Ma nell’Italia di oggi basta far scivolare prima possibile le notizie in tv verso i titoli di coda e, complice un’opposizione inerte, tutto velocemente scompare fino ai prossimi incidenti. Resta però la netta impressione che la tessera del tifoso contribuisca seriamente a formare la Caporetto del ministro Maroni Roberto.

La cronaca, ma non il caso, ha voluto che la contestazione di Bergamo sia andata in contemporanea con la bomba sotto la casa del Procuratore Generale di Reggio Calabria. E qui hai voglia di retorica ma chi deve decodificare le notizie sa cosa tutto questo significa: il ministero degli interni ha un controllo piuttosto basso del territorio dal (solo miticamente) compatto nord a Reggio Calabria. Dal punto di vista capitalistico non potrebbe essere altrimenti visto che i tagli agli organici di polizia hanno effetto proprio sul controllo del territorio. La strategia aggressiva sugli stadi, che richiede controllo del territorio, mostra quindi dei deficit strutturali dovuti a mancanza di risorse. Anche quella d’immagine, l’ultima che oggi politicamente tiene, è una strategia che comincia a non pagare: un ministro che aizza e provoca le tifoserie e si ritrova preso a sberle in casa propria (la Bérghem fest leghista) decisamente non regala proprio un’impressione di forza. Cossiga, quando era ministro dell’interno, provocava ma mandava i carri armati per le strade. Maroni si trova invece impigliato tra disfunzioni amministrative, tornelli, tessere, dichiarazioni roboanti e impotenza reale. Mentre dall’altro capo della penisola la ‘ndrangheta fa capire chi comanda sul territorio in Calabria (la ‘ndrangheta lo controlla con una struttura di oltre 150 clan, un fatturato di 50 miliardi di euro ed è definita dalle polizie di tutto il mondo come una delle più efficienti mafie globali. Mentre Maroni, assieme a Berlusconi, dice in tv “sconfiggeremo la mafia in 3 anni”.).

La tessera del tifoso si rivela così uno strumento non tanto utile per nuovi dispositivi repressivi, almeno non oggi. Resta in piedi solo per uno scopo: come un tentativo di creare nuovi flussi di cassa per gli istituti bancari, tramite la tessera, con il pretesto della sicurezza. Da questi flussi si dovrebbero creare marketing aggiuntivi, anche di prodotti finanziari (la tessera funziona anche come carta revolving). L’ideologia della sicurezza diventa la killer application per giustificare questi prodotti. Se non sei d’accordo con la tessera parte un coro, da Repubblica al Giornale come dal tg3 al tg5, per dimostrare sei dalla parte dei violenti e quindi degno di emarginazione.

La parentela diretta del presidente della Figc con il presidente dell’associazione bancaria italiana è il miglior suggello reale di tutta questa operazione. A Maroni è toccato il lavoro sporco di liberare le parti in affari dagli effetti collaterali di questo accordo, oltretutto familiare. Ma così facendo si è infilato in una vera e propria prova dell’ordalìa.

Molte misure legate alla tessera, come abbiamo visto nelle stagioni recenti, potenzialmente rischiano di creare incidenti anche maggiori rispetto all’epoca del vecchio ordinamento (come la proibizione dell’acquisto di biglietti in trasferta nei settori ospiti in alcune partite. Che ha messo molte tifoserie a contatto perché chi va in trasferta non va nel settore ospiti che è chiuso). Lo scioglimento dei gruppi ultras, a seguito della tessera del tifoso, può poi creare un effetto “guerriglia inafferrabile” proprio perché vengono a mancare i gruppi storici di riferimento ai quali attribuire responsabilità in caso di incidenti. Inoltre la tessera del tifoso ha comportato un ribasso del 20% degli abbonamenti, un flusso di cassa in negativo non male per le società, e crea quell’effetto “stadio vuoto” che rende il prodotto meno vendibile in televisione. Il che è grave quando si sposta una partita della domenica alle 12,30 per il mercato asiatico. Al momento, come prodotto televisivo, tra Premier League e Serie A non c’è gara e di questa inferiorità ne sono consapevoli anche gli italiani. Ma soprattutto lo sono i pubblicitari. Può finire così che per riempire gli stadi, una volta finita l’esperienza Maroni, si cambi strada rispetto a questo vicolo cieco. Uno dei tanti creati dal mito dell’efficienza padana che, non è un caso visto che siamo parlando di soggetti terminali della politica, ha trovato sterminate file di creduloni anche a sinistra.

L’impressione quindi è che la carriera politica di Maroni come ministro degli interni sia al declino. Tra contestazione sulla tessera del tifoso, problemi strutturali di controllo del territorio, contributo demenziale allo svilimento del calcio come cultura e come prodotto. D’altronde solo il PD, come fa, può credere che la Lega sia efficienza e radicamento sul territorio. Quanto al radicamento sul territorio l’abbiamo visto alla Bérghem fest, si sono fatti contestare un ministro in casa e alla presenza di altri due, mentre per l’efficienza la vicenda tessera del tifoso mostra che la l’unica cosa che la Lega oggi sa fare è la propaganda. Che, come abbiamo visto, alla fine è destinata ad incontrarsi con i problemi reali ed a svanire come neve al sole. Probabilmente Maroni non si accorge di tutto questo, essendo preso dal ruolo di ministro di polizia e dal fatto di essere mentalmente prigioniero della stessa propaganda della Lega. Fino a che si troverà un’opposizione così inerte può però dormire tranquillo. Anche se, da segnali come quello di Bergamo ed altri ben più istituzionali, si comprende come la sua stagione al Viminale possa aver imboccato il viale del tramonto. Sarebbe l’ora: un ministro dell’interno che va alle feste del suo partito con addosso i simboli secessionisti, quelli dai quali dovrebbe difendere il paese che rappresenta, è un’altra perla rara che, al momento della sua scomparsa, è certo destinata a non essere rimpianta.

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