giovedì 18 marzo 2010

Boicotta Oxus, la borsa dello stragista Delfo Zorzi

Può capitare, anche se non dovrebbe, di vedere una borsa come un’altra in un negozio per bambine attempate e adolescenti, quasi mimetizzata, ma con etichetta ben in vista fra altri articoli di chiara matrice nipponica, di recente tornati in auge, con delle svampite manga-micine macrocefale e infiocchettate che hanno spopolato negli anni ’80 (guarda il caso) fra le liceali bene di allora, borse frutto di quella griffe Oxus che appartiene a niente di meno che al terrorista Delfo Zorzi. Poiché ci rendiamo conto che la politica non rimane sull’uscio delle nostre case ma siamo a serio rischio da un pezzo di finanziarne inconsapevolmente attività e affari, invito la massa più vasta a chiedersi da dove viene quello o quell’altro prodotto che in maniera quasi innocua fa capolino quasi innocentemente dalle vetrine sgargianti di un negozio. Forse se non avessi dato un’occhiata al marchio ci sarei caduto io stesso, visto che il consumismo ha altre tecniche per catturare l’occhio e veicolare le sue idee cialtrone in maniera infallibile o quasi. Vediamo chi è l’apparentemente anonimo proprietario di Oxus, Hagen Roi alias Delfo Zorzi.

L’ex terrorista nero latitante in Giappone fa affari in Italia. Grazie a una rete di società e di negozi tra Milano, Roma e il Veneto. Con molte ombre e giri di denaro sospetti di Alessandro Gilioli Il negozio di griffe modaiole si chiama Oxus ed è in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, accanto al Biffi. Pochi scaffali eleganti coperti di borsette costose, un paio di commesse carine. Nessuno, passando di lì, immagina che dietro quella vetrina si possa stagliare l’ombra di uno dei latitanti più famosi d’Italia: Delfo Zorzi, già esponente di Ordine Nuovo, condannato per diversi attentati neofascisti in Veneto, imputato per la strage di piazza della Loggia a Brescia (1974, otto morti e quasi cento feriti), assolto – con sentenza definitiva, ma tra mille dubbi e dopo una condanna in primo grado all’ergastolo – per l’eccidio di piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969, 17 morti e 84 feriti).

Da anni Zorzi vive in Giappone con il nuovo nome di Hagen Roi. Su di lui pende una richiesta di arresto confermata di recente dalla Cassazione, ma non può essere estradato in Italia perché ormai ha il passaporto giapponese, acquisito tramite matrimonio. Di lui si sapeva che, dai suoi uffici di Tokyo, controlla una serie di società legate all’import-export, ai duty free e alla moda. Si sapeva anche che è miliardario e vive nel lussuoso quartiere di Ayoama, protetto dal governo giapponese. Ma ora ‘L’espresso’ ha scoperto che gli affari di Zorzi riguardano molto da vicino anche il suo paese d’origine, l’Italia, dove l’ex militante nero continua a svolgere le sue attività, con legami poco chiari che portano al mondo dell’importazione parallela illegale e, secondo alcuni, anche ad ambienti del riciclaggio. Il segreto dei contatti tra Zorzi e l’Italia è custodito tra i dipendenti e nei corridoi della Gru.p. Italia, un’azienda di pelletteria con uffici a Milano e a Roma, formalmente controllata da società anonime con sedi in Svizzera, in Lussemburgo, a Madeira, nell’isola di Mann e nelle Vergini britanniche (vedere riquadro a pag. 64). Gru.p. Italia produce principalmente borse, sia con un marchio proprio (Oxus, appunto) sia come licenziataria di griffe più famose, tra le quali Laura Biagiotti, Luciano Soprani, Gianmarco Venturi e in passato anche Valentino e Antonio Marras.

Oltre al negozio di Milano, Oxus ha boutique anche a Roma (vicino a piazza Fiume) e in Veneto, nelle zone da cui proviene Zorzi: uno a Conegliano e uno a Pordenone. A Mestre c’è invece la Legrenzi boutique, di cui fino a poco tempo fa si occupava il nipote di Delfo, Erik. Anche il deposito dei prodotti è da quelle parti: a Salzano, a poche centinaia di metri dall’ultimo indirizzo italiano di Zorzi e dal magazzino del fratello Rudi, pure lui nel business dei pellami. Curioso che l’unico negozio fuori dall’Italia del gruppo si trovi in Colombia, a Bogotà, capitale non particolarmente nota per il mercato di marchi di moda. In Colombia si era nascosto Martino Siciliano, il pentito che prima aveva accusato Zorzi delle stragi e poi aveva ritrattato dietro compenso.

A Gru.p. Italia fanno capo anche un paio di fabbriche all’estero: una a Seia, in Portogallo, dove vengono prodotte le prime linee, e una a Uzgorod, in Ucraina, dove una quarantina di ragazze locali tagliano e cuciono borsette di cuoio in un ex mobilificio . Fino a due anni fa gli affari della ditta nell’ex repubblica sovietica erano curati da Alberto Caner, amico di lunga data di Zorzi, poi un litigio per una questione di capi mancanti (forse rivenduti sui mercati minori) ha messo fine al rapporto tra i due.

Gli uffici amministrativi e il laboratorio di conceria in cui si creano i prototipi sono invece a Milano, in via Riva di Trento 13, dietro corso Lodi. È in questa anonima palazzina marrone su due piani, controllata da una videocamera, che opera Daniela Parmigiani, che ha 58 anni come Zorzi, di cui in gioventù sarebbe stata fidanzata. Nata a Mantova, abita a Milano, non lontano dall’azienda, ma possiede una villa a Mendrisio, in Svizzera, e risulta residente a Lugano. Oggi è una signora dal look eccentrico e in evidente sovrappeso, con i capelli tinti e alcuni chili di gioielli addosso. Al polso, un cellulare a conchiglia incastonato in una fascia di pelle rossa: è a quel telefonino che, raccontano alcuni degli impiegati del gruppo, ogni sera Zorzi la chiama dal Giappone per avere il rendiconto della giornata, il venduto, i nuovi contatti. È lei l’amministratrice unica di quasi tutte le società italiane della galassia, battezzate con nomi della mitologia pagana tanto cara all’ex estremista nero: Oxus, appunto, come il fiume-dio nato, secondo una leggenda, dalla bocca di un cavallo di lapislazzuli; o Ygg drasil, albero sacro della tradizione vichinga. In stretti rapporti con Gru.p. Italia è anche la Hobbit, che ha sede a Marsiglia: un omaggio allo scrittore di fantasy John Tolkien, amato dai ragazzi di estrema destra negli anni ‘70. Zorzi non ha mai fatto mistero della sua passione per la cultura indoariana, anche nelle sue declinazioni germaniche: il nome che ha scelto per sé, Hagen, è quello dell’eroe che nei Canti dei Nibelunghi si fa uccidere piuttosto che rivelare i suoi segreti; la figlia di Zorzi si chiama Sigfrida; il maschio Eginardo.

E sono proprio i due ragazzi, insieme alla madre, a rappresentare uno dei tramiti del latitante con l’Italia: le loro visite in azienda a quanto pare non sono rare, dato che studiano in Inghilterra e non hanno problemi con la giustizia. In Gru.p. Italia, raccontano alcuni degli impiegati, si è vista spesso anche la moglie del super latitante, Shimoji Yoko, originaria di Okinawa, una donna minuta dai capelli neri, che veste all’occidentale e parla un discreto italiano. Lo stesso Zorzi non avrebbe resistito alla tentazione di venire più volte in Italia nonostante il rischio di essere arrestato: in azienda si dice che un fattorino del gruppo lo vada a prendere un paio di volte l’anno a Mendrisio e gli faccia attraversare il confine nel modo più sicuro possibile. Altre volte Zorzi e Parmigiani si darebbero appuntamento a Hong Kong, uno degli epicentri delle attività dell’ex ordinovista, o direttamente in Giappone, dove Zorzi è sospettato di essere uno dei maggiori burattinai del mercato delle griffe falsificate: un giro che in Estremo Oriente fattura ogni anno parecchi miliardi di euro e per il quale l’ex estremista italiano è stato denunciato più volte. Insieme a Daniela Parmigiani, Zorzi è stato denunciato anche in Italia, nel ‘95, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e usura, per un finanziamento offerto a Maurizio Gucci (l’imprenditore poi assassinato dall’ex moglie) in cambio dello sfruttamento della sua griffe sui mercati asiatici.

Sulle attività locali di Gru.p. Italia e delle sue consociate la nebbia è piuttosto fitta. Il bilancio parla di un fatturato di una decina di milioni di euro e di un leggero attivo, ma è il modo in cui il denaro entra ed esce dalle casse aziendali a destare qualche perplessità. Come licenziataria di grossi marchi, Gru.p. Italia si impegna a vendere nei suoi negozi o a terzi un minimo garantito di capi che non viene mai raggiunto. Per pagare fornitori e debiti l’azienda farebbe allora ricorso a una serie di prestiti assai ingenti – dai cinque ai dieci milioni di euro a botta – che vengono erogati dalla Vega, una società giapponese (il cui nome rimanda a un battaglione della X Mas repubblichina) che a Tokyo è nota per far capo allo stesso Zorzi. A questo punto, per far quadrare i bilanci, Gru.p. Italia cederebbe a questa generosa società nipponica le borse invendute come saldo del prestito precedentemente ottenuto. Si tratta di collezioni vecchie e fuori mercato, almeno in Europa. In questo modo Gru.p. Italia raggiunge il minimo garantito con i grandi marchi e può continuare ad esserne licenziataria, ma soprattutto fa girare una tale quantità di denaro tra Milano, Tokyo e la Svizzera da rendere plausibile l’ipotesi che l’azienda serva anche a qualcosa d’altro rispetto alla semplice produzione e vendita di pellami.

Del resto sono alcuni degli stessi impiegati del gruppo a raccontare come Daniela Parmigiani abbia chiesto loro di effettuare frequenti consegne a mano di buste piene di contanti, a Roma o in Canton Ticino, a intermediari e faccendieri che danno appuntamenti agli angoli delle strade e mai in una sede. Unico recapito accertato di questi passaggi, gli uffici di Lugano della Vega, dove opera tale Milena, contabile in Svizzera della società giapponese. Il clima nell’azienda a Milano, a quanto pare, non consente di ribellarsi a questo tipo di impegni e chi non dimostra di accettare la situazione viene presto allontanato. In compenso, la numero uno Parmigiani non si sforza più di tanto di far mistero sui suoi stretti contatti con Zorzi, tanto che alla notizia della sua assoluzione in appello per la strage di piazza Fontana, raccontano, è uscita entusiasta dal suo ufficio per annunciare la buona nuova a tutti e ha festeggiato con i dipendenti offrendo caraffe di Negroni al bar accanto all’azienda. Unico accorgimento: nessuno deve mai nominare mai l’ex esponente di Ordine Nuovo né con il suo nome italiano né con quello giapponese. Sicché per tutti, in via Riva di Trento, lui è soltanto ‘il Gm’: acronimo di una carica (quella di General manager) che naturalmente Zorzi non ricopre ufficialmente. È per il ‘Gm’, ad esempio, il primo pensiero mattutino delle segretarie, che – si racconta – appena arrivate in ufficio hanno il compito di infilare in una busta gialla di tipo ‘airball’ una copia fresca del ‘Corriere della Sera’, che viene immediatamente spedita in Giappone. Accanto alla Parmigiani, in Gru.p. Italia opera un dirigente di rilievo, Giuseppe Olivero, uomo di fiducia per creare e liquidare società e partecipazioni. Un altro manager, Davide Del Grano, già direttore amministrativo, fino a qualche anno fa si occupava della parte contabile ed è oggi un consulente.

A Zorzi non mancano, nonostante il trentennio di latitanza, anche amici in altre aziende del settore: come Paolo Giachini, un marchigiano oggi cinquantacinquenne, vicino a Zorzi tanto nella militanza di estrema destra quanto nel lavoro (anche lui commerciava in pellami). Giachini è uno dei pochi che, parlando con ‘L’espresso’, ammette di aver fatto affari “con aziende di Zorzi tra cui Gru.p. Italia”, e quindi rivela che – almeno nel suo ambiente – i reali rapporti tra l’azienda di Milano e l’ex ordinovista non erano un mistero. Tra l’altro Giachini è noto per essere l’uomo che nella sua casa di Roma ospita agli arresti domiciliari Erich Priebke, l’ex ufficiale tedesco corresponsabile della strage delle Fosse Ardeatine (335 civili uccisi, nel 1944). Strani intrecci davvero, quelli tra il commercio della pelletteria e il vecchio giro fascista. Legami che hanno del resto origini assai lontane. Anche Massimiliano Fachini, il neonazista veneto esperto di esplosivi condannato per associazione sovversiva e banda armata, faceva affari internazionali con capi di cuoio e borse. E nell’ambito delle indagini sulla strage di piazza Fontana è emerso che Delfo Zorzi nascondeva un esplosivo, la gelignite, proprio in un laboratorio di pelletteria di famiglia, sulla strada tra Spinea e Mirano, sempre nel mestrino. Tutti particolari che all’epoca delle inchieste sulle stragi erano sembrati di relativa importanza, ma che oggi possono gettare una luce diversa sulla storia e sugli affari di un ex terrorista che custodisce tanti segreti. E che come il suo eroe nibelungico, il mitico Hagen, non ne rivelerà mai neanche uno.

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