lunedì 15 marzo 2010

Giustizia: un malato muore in carcere domande senza risposta

La Repubblica
Il caso di Angelo Russo, sofferente psichico, che si è tolto la vita nel carcere di Poggioreale, pone una serie di interrogativi a cui bisognerebbe dare risposta. Innanzitutto perché questa morte riguarda una persona che, nel bene e nel male, era presa in carico dai servizio sanitario pubblico prima e dall’amministrazione penitenziaria poi. Angelo Russo, schizofrenico, era stato accusato di aver usato violenza a un’altra paziente, all’interno del dipartimento di salute mentale presso il quale entrambi erano in cura.

È entrato in carcere, quindi, con una diagnosi precisa, con una storia clinica nota e con l’evidente carico di complessità che comporta la presa in carico di un sofferente psichico. È entrato in un carcere, in questo caso Poggioreale (ma la storia si sarebbe potuta ripetere in una qualsiasi delle nostre carceri), affollato oltre ogni possibile criterio di capienza (2.500 detenuti su una capienza di 1.300 posti), con i limiti strutturali e di personale che sono ormai noti a tutti.

In un carcere dove, come in ogni altro carcere, a partire dalle 18 la vita si sospende, il personale civile va via, i blindati si chiudono e gli agenti si riducono a poche unità per centinaia di reclusi. Angelo Russo, a quanto ci risulta, ha dato nel corso della giornata segni di crisi, ma ciò non è stato sufficiente per determinare una sorveglianza a vista. Ma la catena di responsabilità non finisce qui.

A partire dall’aprile 2008 la sanità penitenziaria è entrata di diritto nel sistema sanitario regionale. Si doveva, così, garantire il pieno rispetto del diritto alla salute. Ciò significa che un detenuto che, in condizioni di libertà, è seguito dai servizi di salute mentale non dovrebbe vedere interrompersi né la continuità né la qualità di assistenza. Ma questa riforma, che tarda a concretizzarsi anche per il ritardo con cui il governo ha trasferito le risorse per la sanità, non ha inciso sui reali assetti dell’assistenza sanitaria all’interno delle carceri.

Gli psichiatri, persino nei manicomi giudiziari, rimangono convenzionati per un numero di ore insufficienti alla platea di detenuti e, per di più, la notte nei reparti rimane, in genere e se va bene, solo un medico generico di turno. Sulla questione salute mentale e sullo stato dei servizi nella nostra regione occorrerebbe una riflessione seria e ragionata. Bisognerebbe capire quale è il livello di assistenza che i sofferenti psichici e le loro famiglie realmente ricevono. E bisognerebbe anche comprendere come garantire che il filo dell’assistenza non si spezzi una volta varcata la soglia di un carcere o di un manicomio.

Non si tratta di cercare colpe, ma di individuare responsabilità, politiche e istituzionali. Sulla morte di Angelo Russo la magistratura aprirà un’inchiesta e nessuno vuole rivestire il ruolo di Cassandra, dicendo che si concluderà come tutte le altre aperte e poi archiviate in questi casi. Si può anche, giustamente, imputare al governo nazionale la responsabilità del sovraffollamento, chiedendo che faccia qualcosa in più che una politica di annunci. Ma si ha il dovere morale di impedire che simili episodi si ripetano, che a seguito di un caso del genere si costruiscano reali percorsi di presa in carico e protocolli operativi in grado di assicurare l’assistenza psichiatrica anche all’interno di un carcere.

E sarebbe anche opportuno che nel pieno di una campagna elettorale, in cui francamente è difficile comprendere idee e programmi, si affrontasse il tema della salute mentale. Sergio Piro, in occasione delle elezioni regionali del 2000, a nome degli operatori democratici di salute mentale e dei sofferenti della Campania, chiedeva, proprio dalle pagine di "Repubblica", un programma di civiltà, di giustizia e di libertà che fosse finalmente il punto di partenza per il riscatto della Campania. Perché, ci ricordava allora, "una società si giudica anche dal modo con cui tratta i suoi malati mentali". Sono trascorsi dieci anni e queste parole, oggi, sono più che mai attuali.



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