sabato 3 aprile 2010

Centri sociali...quale futuro?

Le ultime elezioni hanno reso ancor più evidente l’incapacità della sinistra (…) di rapportarsi ai problemi sociali che rendono oltremodo soffocante il vivere quotidiano di larghi strati della popolazione.

Di fronte ad una crisi economica che sarebbe potuta essere una possibilità di rilancio della sinistra e del movimento comunista, ci si è chiusi nella logica del non dialogo, nella logica delle siglette volte a portare ognuna acqua al proprio mulino, dimenticando gli interessi delle masse e senza avere nemmeno un momento di autocritica e di riflessione sugli errori commessi in passato e sul come rilanciare per l’avvenire un progetto di lotte che sia davvero incisivo.

Come diceva un vero rivoluzionario:”Riconoscere apertamente un errore, scoprirne le cause, analizzare la situazione che lo ha generato, studiare attentamente i mezzi per correggerlo: questo è indizio della serietà di un partito(o organizzazione); questo si chiama fare il proprio dovere, educare ed istruire la classe e, quindi, le masse. Quando non si compie questo dovere, quando non si procede con attenzione allo studio degli errori evidenti, si dimostra con ciò, di non essere il partito(o organizzazione) della classe, ma un circolo…un gruppo di intellettuali e di operai poco numerosi che imitano i peggiori aspetti dell’intellettualismo” (Lenin-L’estremismo malattia incurabile del comunismo-strategia e tattica del partito comunista pag. 85).

Di fronte ad uno scenario politico, economico e sociale al dir poco disastroso, le realtà autorganizzate avrebbero potuto svolgere un ruolo centrale di riaggregazione e di avanguardia nella lotta contro questo sistema economico e sociale che da anni critichiamo.

Purtroppo non si è fatto nulla per evitare una sconfitta(non solo quella istituzionale) che è sotto gli occhi di tutti, molti si sono rapportati alla bagarre elettorale come ad un qualcosa di estraneo,che ha a noi non dovrebbe interessare, (vedi tutti gli appelli non voto) dimenticando che la lotta implica prima di tutto la necessità di porre in essere una tattica , una strategia seria che “deve essere fondata sul calcolo ponderato e rigorosamente obbiettivo di tutte le forze di classe dello Stato in questione, come pure sulla valutazione dell’esperienza dei movimenti rivoluzionari. Manifestare il proprio spirito rivoluzionario unicamente vituperando l’opportunismo parlamentare, unicamente respingendo la partecipazione al parlamento, è molto facile; ma appunto perché è troppo facile, non è una soluzione del difficile e difficilissimo compito…..Temere di aggirare le difficoltà saltando il duro compito dell’utilizzazione dei parlamenti reazionari a scopi rivoluzionari è semplicemente puerile” (Lenin-L’estremismo malattia incurabile del comunismo- strategia e tattica del partito comunista pag.95-96).

Ciò ovviamente non significa cadere nel gioco dell’opportunismo parlamentare,né fare come ha fatto Rifondazione che nel momento in cui avrebbe potuto fare qualcosa negli interessi della gente ha mostrato la sua subalternità ,né creare un nuovo partito politico che non servirebbe a nulla, ma capire in che modo organizzarsi per rendere possibile un cambiamento, per piegare il potere a vantaggio della gente.

E’ ovvio che ciò implicherebbe un’organizzazione tra le varie realtà territoriali o almeno il cenno di un dialogo , un po’ di volontà cose di cui oggi non se ne vede nemmeno l’ombra; i centri sociali sono diventati punti di ritrovo per l’altermovidismo, non esiste una rete tra le varie realtà che sia in grado di coordinare l’azione nei singoli territori, che renda possibile un confronto serio e che sia in grado di porre in essere un progetto politico altrettanto serio. Niente di tutto ciò si fa o si cerca di fare, anzi si scatena in questo momento di vuoto politico una competizione tra chi è più rivoluzionario, più puro e casto facendo passare in secondo piano quelli che sono i veri problemi su cui riflettere e facendo in questo modo gli interessi del nostro nemico che non può che farsi due risate e ringraziarci per lo svolgere una azione che favorisce la sua legittimazione e allontana la gente dalle nostre idee.

Arroccarsi sulla difesa dei propri spazi senza porre in essere politiche incisive ci rende dei semplici spettatori di una sconfitta che è palpabile giorno dopo giorno, visto che assistiamo alla chiusura di spazi sociali un giorno sì e l’altro pure; affrontare poi il problema della chiusura o mancanza di spazi politici dando la colpa solo alle istituzioni che ci reprimono è da bambini, in quanto se i centri sociali chiudono la colpa è nostra perché significa che stiamo facendo poco o niente, anzi abbiamo trasformato questi spazi che avrebbero potuto svolgere un ruolo importantissimo in semplici locali abbandonando le uniche armi serie che avevamo ossia quelle della critica e della politica diretta con i quartieri e con i territori.

Mentre le istituzioni che ci reprimono svolgono un’azione ,sicuramente repressiva e insopportabile, ma che è coerente con il loro compito di difesa degli interessi del potere; NOI oggi che compito svolgiamo o potremmo svolgere?

Senza una minimo di dialogo di autocritica, di organizzazione, senza un minimo di progetto politico comune quale sarà il nostro futuro?
Davide

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