lunedì 25 gennaio 2010

Come affidare un bene comune (l'acqua) a una società per azioni e poi privatizzarlo facendo finta di niente.

Cinque anni di Abbanoa e le responsabilità della politica
L'analisi de IlMinuto
(IlMinuto) – Cagliari, 23 gennaio - "La Regione non intende andare ad una forma di privatizzazione spinta". Non sono state rassicuranti come avrebbero voluto essere le parole in puro "politichese" dell'assessore regionale della Programmazione, Giorgio La Spisa, al termine di un incontro con i rappresentanti sindacali e di Abbanoa a fine dicembre. Ciò che s'intende privatizzare - secondo quanto previsto dal decreto 135 del 2009 - è infatti la gestione del servizio idrico regionale, dell'acqua. Una risorsa che la risoluzione del 15 marzo 2006 del Parlamento europeo aveva dichiarato "bene comune dell'umanità" e "diritto fondamentale della persona umana".Eppure il segretario della Cgil sarda, Enzo Costa, contrario alla privatizzazione, ha giudicato "positivi gli impegni presi su Abbanoa da Cappellacci" nel corso dell'incontro di fine anno con la Giunta e l'azienda. E, nella contrarietà alla privatizzazione, il comitato direttivo regionale della Cgil aveva però respinto un ordine del giorno presentato nel novembre 2009 dalla Fiom, dalla Funzione pubblica e dalla Flc per una ripubblicizzazione senza compromessi. Il testo chiedeva "di procedere con urgenza alla soppressione e alla trasformazione della società per azioni Abbanoa in un ente di diritto pubblico interamente della Regione, attraverso la costituzione dell'Agenzia regionale dell'Acqua pubblica".In Sardegna il carattere giuridico di
Abbanoa - Spa, di proprietà pubblica, creata dalla maggioranza di centrosinistra guidata da Renato Soru in adempimento alla legge "Galli" del 1994 - favorisce l'ingresso dei privati nella gestione dell'acqua. La società - contestatissima in questi anni dai sindaci cosiddetti "ribelli", dai cittadini e dai lavoratori precari del settore - è infatti un soggetto di diritto privato sottoposto alle leggi di mercato. Ed è qui che sta la principale responsabilità del centrosinistra: la legge Galli imponeva di riorganizzare il servizio idrico in ambiti territoriali "ottimali", ma non prescriveva in alcun modo di affidare la gestione dell'acqua ad una società per azioni.I rischi di "privatizzazione facile" legati alla nascita di Abbanoa erano stati denunciati da più parti già diversi anni fa. "La creazione di una Spa - si poteva ad esempio leggere in un documento di minoranza presentato al congresso straordinario del Prc alla fine del 2006 - che governa tutto il sistema idrico della Regione, seppure attualmente completamente pubblica, mantiene intatto il rischio di privatizzazione della risorsa acqua".Infatti, tre anni dopo, la privatizzazione dell'acqua e della sua gestione è quasi realtà, prescritta dal decreto legislativo 135 del 2009, che fa del servizio idrico un "servizio pubblico locale di rilevanza economica". Ora, le stesse forze che avevano dato il via libera ad Abbanoa in Consiglio regionale, cercano di correre ai ripari. A fine novembre i consiglieri del centrosinistra in via Roma hanno presentato una mozione con l'obiettivo di sbarrare la strada alla privatizzazione.Nonostante l'oscuramento mediatico, l'opposizione al decreto Ronchi cresce e si diffonde: il Forum italiano dei movimenti per l'acqua ha lanciato in tutto il paese la campagna "L'acqua è del sindaco (e di tutti i cittadini). Vota la modifica dello Statuto comunale per mantenerla pubblica!". Il Medio Campidano si è già pronunciato. All'inizio del 2010 il Consiglio provinciale ha infatti approvato un ordine del giorno per chiedere al Governo nazionale "di cancellare la privatizzazione dell'acqua".

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