giovedì 21 gennaio 2010

Fatti di Pistoia: stamani la prima udienza in un clima di ridimensionamento dei fatti



Ieri presso il tribunale di Pistoia si è tenuta la prima udienza del processo attinente ai fatti dell'11 ottobre scorso relativi all'incursione all'interno del circolo Agogè-Casapound. Il procedimento, ricordiamo, vede coinvolti sette imputati, accusati di devastazione e saccheggio, lesioni e danneggiamenti. Accuse sempre respinte dagli imputati che si sono dichiarati fin dall'inizio della vicenda "completamente estranei ai fatti".

In questa prima udienza, davanti al giudice sono comparsi Alessandro Della Malva (segretario regionale dei CARC), l'unico degli imputati ad essere detenuto in carcere, e Juri Bartolozzi, difesi entrambi dall'avvocato Leone. Non erano invece presenti i quattro imputati livornesi, Alessandro Orfano, Elisabetta Cipolli, Selvaggio Casella e Vittorio Colombo (tutti agli arrestati domiciliari) che l'avvocato difensore Silvia Davini ha preferito non sottoporre alla seduta odierna in quanto seduta "tecnica" e di "calendarizzazione" del processo.
In sintesi i passaggi principali di questa prima udienza, a cui seguiranno le sedute del 27 e 29 gennaio prossimi.

CasaPound parte civile

Il processo ha avuto inizio con la comunicazione dell'avvocato dell'accusa che ha annunciato la volontà del circolo CasaPound e del militante di estrema destra Massimo Dessì di costituirsi parte civile nel processo. Dopo alcune rilevazioni fatte dagli avvocati della difesa, il giudice ha accolto solo in parte la richiesta, limitandola a due dei quattro reati contestati.

Testimoni. Il giudice (ma già prima gli avvocati difensori avevano manifestato disponibilità in tal senso) ha ridotto il numero dei testimoni della difesa, in particolari quelli che avrebbero aiutato a fornire un profilo morale degli imputati. E' emersa la volontà di accelerare i tempi del dibattimento. Nel caso che conosciamo meglio, ovvero quello dei livornesi, questa operazione può dirsi in effetti superflua vista la grandissima solidarietà ricevuta dal comitato nato in loro difesa che in poche settimane ha raggiunto oltre 500 firme. Una solidarietà che allude ai meriti per l'impegno sociale svolto nel tessuto cittadino.

Della Malva

L'unico degli imputati ancora in carcere (nonostante anch'egli sia incensurato) ha chiesto di poter leggere un proprio documento, nel quale ha ribadito la sua estraneità ai fatti di Pistoia. Di seguito ha manifestato la propria preoccupazione rispetto a dei procedimenti altamente restrittivi nei suoi confronti che sembrano derivare dalla valutazione della sulla sua attività politica di segretario del partito dei Carc piuttosto che dall'analisi dei fatti oggettivi.

Devastazione? L'accusa non regge

Buona parte dell'udienza è servita agli avvocati della difesa per cercare di inquadrare il processo all'interno dei fatti oggettivi. Premettendo l'estraneità ai fatti degli imputati e sottolineando come le procedure detentive siano risultate incomprensibili rispetto a soggetti incensurati, gli avvocati hanno cercato di ridimensionare l'accusa più grave del processo, quella di devastazione e saccheggio (capo di imputazione gravissimo, che prevede dagli 8 ai 15 anni di carcere). E' l'accusa che, secondo chi ha condotto le indagini preliminari, "ha giustificato" in buona parte le strettissime misure detentive a carico degli imputati. "Ma siamo certi - hanno affermato all'unisono gli avvocati - che, al di là dell'estraneità degli imputati, all'interno di quella sede è stato commesso un reato del genere?" Per dimostrare l'infondatezza di tale accusa, tra i materiali che l'avvocatessa Davini ha sottoposto al pm, ci sono alcune pagine riguardanti una conversazione tra esponenti di CasaPound avvenute la sera dei fatti rintracciata in un forum frequentato appunto dai militanti dell'estrema destra pistoiese. Nel forum uno di loro spiega che la sede nel pomeriggio aveva subito un'infrazione, ma che - poche ore dopo i fatti, quindi - era agibile e pronta ad accogliere un'assemblea alla quale invitava gli altri militanti a partecipare. Difficile che in una sede "devastata" sia "tutto a posto in poche ore" e si possa accogliere un regolare assemblea.

Richiesta di scarcerazione

Fatta la premessa rispetto al reato che di fatto costringe alla detenzione gli imputati ("è come un cane che si morde la coda", ha ribadito la Davini, "caduto quello cadono i presupposti per le restrizioni"), gli avvocati hanno chiesto l'immediata scarcerazione degli imputati, richiesta che sarà valutata e per la quale verrà data una risposta nei tempi previsti dalla legge (entro 5 giorni). Intanto è stata accolta la richiesta di poter lavorare per un altro degli imputati livornesi, Vittorio Colombo, che da febbraio potrà intraprendere un part-time con la sua università.

Prossime udienze

Il processo è stato riaggiornato al 27 e 29 gennaio prossimi. In entrambe le occasioni saranno presenti gli imputati e i testimoni dell'accusa il 27 e quelli della difesa il 29.

Presidio fuori dal tribunale. Per tutta la durata dell'udienza, fuori dal tribunale si è svolto un presidio a cui hanno partecipato militanti dei CARC e della Rete Antifascista di Pistoia che hanno distribuito volantini e intonato slogan in favore degli arrestati. Il Movimento Antagonista Livornese e il Comitato familiari e amici degli arrestati livornesi per i fatti di Pistoia, come già annunciato nei rispettivi comunicati, in questa fase del processo hanno scelto di non partecipare alle iniziative all'esterno del tribunale. Il Comitato familiari e amici ha precisato: "In questo momento riteniamo opportuno che siano messi in evidenza i dati tecnici del processo che dimostreranno l'assoluta innocenza di tutti gli imputati coinvolti. Pertanto preferiamo non alimentare tensioni politiche che già hanno condizionato la fase delle indagini".

Non è facile offrire delle impressioni durante una seduta "particolare" come quella di oggi ma in ogni caso c'è la sensazione che il teorema politico sul quale la Questura di Pistoia ha spinto a favore degli arresti verrà completamente ridimensionato dai dati oggettivi del processo. Come ripetuto più volte, nessuno compie un'azione come quella avvenuta contro CasaPound per poi sedersi tranquillamente in riunione a pochi metri dal luogo del fatto. Una considerazione che gli inquirenti hanno tentato di omettere puntando su altre ragioni in modo tale da aggiudicarsi subito qualche colpevole. Ora, davanti al giudice, con prove oggettivamente "fumose" (per non dire altro) e accuse non sostenibili (vedi il reato di devastazione), le cose potrebbero decisamente cambiare e con maggiore serenità raggiungere quello che sostengono dal primo giorno gli imputati e chi ha offerto loro solidarietà: la completa estraneità ai fatti.


da: senza soste

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