sabato 9 gennaio 2010

Sulmona (Aq): 28enne suicida, era internato in Casa di Lavoro


Un detenuto del supercarcere di Sulmona, in provincia dell’Aquila, si è suicidato nella sua cella. Si chiamava Antonio Tammaro, aveva 28 anni ed era originario di Villa Literno, in provincia di Caserta. Il cadavere è stato scoperto in serata dagli agenti di custodia. L’uomo era sottoposto alla misura restrittiva della libertà personale per accertata pericolosità sociale.
Tammaro, che occupava una cella da solo, era tornato in carcere mercoledì dopo un permesso premio. Si è impiccato, legando le lenzuola alla grata della sua cella. Sulla vicenda il sostituto procuratore della Repubblica di Sulmona, De Siervo, ha avviato un’inchiesta. Il detenuto è stato soccorso dagli agenti di polizia penitenziaria, che lo hanno portato all’infermeria del carcere dove poco dopo sono arrivati i sanitari del 118, ma ormai l’uomo era già morto.
Il supercarcere di Sulmona - oltre 500 detenuti - è tragicamente conosciuto come "il carcere dei suicidi": dieci, in quindici anni. Fra i quali anche quello della direttrice del penitenziario Armida Miserere, che si tolse la vita il 19 aprile del 2003 sparandosi un colpo di pistola alla testa, e quello del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini, trovato nella sua cella il 16 agosto del 2004 soffocato da un sacchetto di plastica stretto alla gola da lacci per le scarpe. In tutti gli altri casi, i detenuti sono morti impiccati, come il giovane di Villa Literno.

Ha usato i lacci delle scarpe
È quanto emerso dai rilievi della Polizia scientifica di Sulmona effettuati ieri nel tardo pomeriggio, attività coordinata dal vice questore Egidio Labbro Francia consistente in un minuzioso rilievo fotografico già depositato sul tavolo del sostituto della Procura della Repubblica di Sulmona, Federico De Siervo. Il pm notificherà domani alle ore 10 l’incarico all’anatomopatologo Ildo Polidoro che dovrà effettuare l’autopsia sulla salma del detenuto, esame che si svolgerà all’obitorio dell’ospedale di Sulmona tra domani e domenica. Amato Tammaro soffriva di disturbi psichici.

Verona: detenuto di 48 anni si suicida, era accusato di omicidio

Quarto suicidio nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno: Giacomo Attolini, 49 anni, detenuto comune nel carcere di Verona, si è impiccato utilizzando una maglietta legata alle sbarre della finestra del bagno in cella. L’uomo - secondo quanto si è appreso - si è tolto la vita nella tarda sera di ieri, attorno alla mezzanotte.
In otto giorni, dunque, sono già quattro i detenuti che hanno deciso di farla finita: il 2 gennaio, ad Altamura (Bari) si è ucciso Pierpaolo Ciullo, 39 anni: tre giorni dopo si è impiccato nel carcere Buoncammino di Cagliari, Celeste Frau, 62 anni; ieri sera, nel supercarcere di Sulmona è stato trovato senza vita Amato Tammaro, 28 anni, di ritorno in cella dopo un permesso premio; sempre ieri sera, infine, il suicidio a Verona di Attolini.
Era accusato di omicidio premeditato Giacomo Attolini, 48 anni, il pizzaiolo di origini siciliane, ma residente a Villafranca di Verona, che questa notte si è impiccato alle sbarre dell’infermeria nel carcere di Montorio (Verona).

Attolini era in carcere dal 29 marzo scorso dopo avere sparato e ucciso a Mozzecane (Verona) Andrea Sutik, 25 anni, romena, e ferito il marito Tiberio, 23. L’uomo era stato denunciato dieci giorni prima per violenza sessuale ai carabinieri dalla giovane donna, che aveva lavorato nella sua pizzeria a Villafranca. La donna aveva raccontato ai carabinieri che Attolini l’aveva trascinata in una stanza della sua pizzeria, scaraventandola su un letto e cercando di violentarla.
"Piuttosto che restare sette anni in galera per la denuncia che avete fatto vi ammazzo, faccio la galera per qualcosa", aveva detto il pizzaiolo prima di sparare ai due davanti al figlio di 5 anni della coppia, residente a Roverbella (Mantova). L’incontro era stato chiesto dallo stesso pizzaiolo - che sosteneva di essere stato vittima di una estorsione - per trovare un accordo. La donna, colpita alla testa, era morta dopo due giorni di agonia, mentre il marito, ferito all’addome, era stato dimesso dopo pochi giorni di degenza in ospedale.
Nella perizia depositata in Tribunale lo scorso novembre lo psichiatra incaricato dal Gip lo aveva ritenuto in pieno possesso delle facoltà mentali: uno "stato emotivo-passionale" avrebbe dato origine al gesto omicida.

Aveva già tentato uccidersi
"Una morte annunciata, che poteva essere evitata": non ha dubbi l’avvocato Guido Beghini, difensore di Giacomo Attolini, il pizzaiolo di Villafranca (Verona) che si è impiccato nel carcere di Montorio. "Purtroppo non sono affatto sorpreso di quello che è successo. Attolini era in infermeria non a caso: aveva già tentato di uccidersi e mi avevano assicurato che era sottoposto ad una sorveglianza molto stretta".

Il legale racconta che "era stato privato delle lenzuola e di ogni altro materiale che potesse consentirgli un gesto estremo. Si è strappato la maglia e si è impiccato approfittando di un cambio di turno". Il difensore del pizzaiolo che il 29 marzo 2009 sparò e uccise Andrea Sutik, 25enne romena che lavorava nel suo locale come donna delle pulizie e che lo aveva denunciato per violenza sessuale, sottolinea che "la partita non era chiusa".
"L’indagine era ancora aperta - prosegue - avevo chiesto un nuovo interrogatorio a fine mese, anche perché attendevo la perizia di parte per il riconoscimento della semi-infermità mentale". "Avevo visto il mio cliente l’ultima volta prima di Natale - conclude l’avvocato - non era la vicenda processuale ad affliggerlo, ma piuttosto i suoi problemi personali: pensava alla sua famiglia, alla moglie e alle figlie. È stata la vergogna ad armare la sua mano".


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