mercoledì 20 gennaio 2010

«La Corte europea non difende i diritti dei respinti in Libia»

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha archiviato il ricorso di 84 migranti sbarcati a Lampedusa nel 2005 e respinti in Libia. La denuncia dell'avvocato Anton Giulio Lana: «I giudici non sono entrati nel merito delle violazioni commesse. Siamo sgomenti per le rispercussioni che ci potrebbero essere in materia di violazioni dei diritti fondamentali».

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha archiviato, con una sentenza emessa oggi, il ricorso di 84 immigrati sbarcati a Lampedusa nel 2005 e successivamente espulsi verso la Libia dal governo italiano. I giudici di Strasburgo, dopo aver esaminato tutti i dati in loro possesso per quattro anni e aver dichiarato ammissibile il ricorso nel 2006, sono giunti alla conclusione che il caso doveva essere archiviato. Innanzitutto, in base ad un esame effettuato da un grafologo è risultato che molte firme sono state fatte da una stessa persona, smentendo così l’affermazione secondo cui un avvocato avrebbe raccolto tutte le firme da «persone reali ed esistenti». Inoltre, i giudici hanno rilevato che negli ultimi cinque anni è stato perso il contatto con i diretti interessati, il che ha impedito l’approfondimento della vicenda. La Corte ha quindi ritenuto che continuare a esaminare il ricorso non sia ‘giustificato’. Il pronunciamento di Strasburgo non entra mai nel merito della questione sulla legittimità o meno dei respingimenti.«In materia di immigrazione la Corte europea dei diritti dell’uomo assume una posizione tanto ambigua da sembrare venir meno al suo compito di tutelare in maniera effettiva i diritti sanciti dalla Convenzione europea per quanto riguarda i respingimenti collettivi». Lo dichiara Anton Giulio Lana, consigliere dell’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo e coordinatore del gruppo di legali che ha curato il riscorso. «La Corte non è entrata nel merito delle violazioni commesse dal governo italiano – spiega Lana – ma si è limitata a prendere atto dell’interruzione dei rapporti tra i ricorrenti e i loro difensori. Quest’ultimi, infatti, hanno perso contatto con i migranti nel momento in cui sono stati respinti in Libia. La Corte ha sollevato perplessità su alcune procure, ma le motivazioni del rigetto non hanno nulla a che vedere con questo, poiché la Corte ha chiaramente indicato di non poter esaminare nel merito le violazioni denunciate dai ricorrenti per l’impossibilità di acquisire informazioni concernenti da un lato, il luogo dove in Libia tali ricorrenti sono stati inviati e, dall’altro, le condizioni di accoglimento degli stessi. Difficile capire – conclude – come sia possibile per un legale assolvere un tale compito, soprattutto in circostanze così drammatiche come quelle in cui si trovano i migranti in Libia. Paradossalmente, quindi, se le persone vengono fatte sparire in un carcere o addirittura mandate a morire di fame e sete nel deserto, come è stato documentato recentemente anche da l’Espresso, non sarebbe più possibile fare ricorso alla Corte di Strasburgo. Sorprende inoltre – conclude Lana – che per prendere atto di una tale circostanza, la Corte stessa abbia impiegato più di quattro anni. Siamo sgomenti per le ripercussioni che vi potrebbero essere in materia di violazioni dei diritti fondamentali».

fonte:CARTA

Nessun commento:

Posta un commento

yh

yh