sabato 5 dicembre 2009

“No B.Day” or Not “No B.Day”?

“No Berlusconi Day”… un nome rombante per una manifestazione che ha fatto molto rumore nel panorama politico nazionale già dalle prime fasi organizzative. Scalpore dovuto non certo ai contenuti (se il nome tradisce il tema principale, ci saranno anche i “classici” lavoro, ambiente, sanità, giustizia, istruzione, missioni internazionali) quanto a chi e a come ha dato alla luce questo vasto e variegato “movimento”: gli organizzatori, riuniti nel comitato “No Berlusconi Day”, sono un gruppo di “blogger democratici” (per auto definizione) di Facebook, l’icona per eccellenza dei social network ; e proprio su Facebook è stata lanciata l’iniziativa di una piattaforma nazionale che portasse in piazza la richiesta “popolare” delle dimissioni di premier e governo.


La scommessa è stata vincente: il gruppo conta oltre 355 mila adesioni e la piattaforma ha incontrato il gradimento delle forze politiche (o presunte tali) di centrosinistra e sinistra radicale: IdV, Sinistra e Libertà, PRC, PdCI e PCL le sigle che hanno garantito partecipazione e appoggio ai blogger. Grande assente il PD: per essere precisi, non è arrivata l’adesione ufficiale della segreteria Bersani, che ha deciso di lanciare piattaforme alternative (11 e 12 dicembre) con il criptico slogan “sempre problemi suoi, mai i problemi nostri” (da intendersi nella volontà di focalizzare problemi che non siano quelli personali del Cavaliere). Il partito non ha però vietato la partecipazione “a titolo personale” dei propri militanti, di modo che durante la manifestazione si vedranno vari e variegati dirigenti PD (come Ignazio Marino e Dario Franceschini, giusto per fare due nomi a caso) in ordine sparso. Le considerazioni sulle decisioni di Bersani possono essere molteplici e discordi (in dipendenza di interpretazioni e punti di vista), ma in definitiva l’operato della segreteria ha lasciato l’idea di un partito non identitario e liquido, con un gruppo dirigente confuso che naviga a vista.

Aldilà di chi riesce a metterla sotto la propria bandiera (qualsiasi riferimento a Di Pietro non è puramente casuale), la manifestazione rappresenta il tentativo di un’opposizione che scavalca il sistema tradizionale dei partiti, per riempire il vuoto politico venutosi a creare nel campo delle sinistre, per esprimersi direttamente in piazza, dove a guadagnare il palco saranno (o dovrebbero essere) persone, esperienze e problemi, con la volontà di affermare che democrazia e giustizia sociale devono andare insieme.

Fin qui, tutto lineare ed ammirevole. Se non fosse che questa strana piazza ha dimostrato fino in fondo a quale livello sia scesa la sensibilità politica degli italiani: l’unico valore collante di un fronte di opposizione può forse essere l’anti-berlusconismo? Essere anti-berlusconiano è condizione necessaria e sufficiente per potersi dire di sinistra? Il dipolo “unto del signore (Berlusconi) vs anticristo (Di Pietro)” è l’unico scenario politico possibile? È Berlusconi la causa, diretta ed indiretta, dei mali che affliggono il Paese? O egli, piuttosto, incarna le conseguenze di un sistema politico-economico basato su profitto e speculazione coniugato all’“italian way of life”?? Le risposte a queste domande sono certamente personali, ma dovrebbero dare una chiave di lettura dell’insieme, di poter distinguere tra un fare politico passivo e tra l’intraprendere un percorso alternativo, finalizzato a cambiare (e abbattere ove necessario) le fondamenta di un sistema marcio e parassitario.

Giulio

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