martedì 22 dicembre 2009

Carceri,Salerno,suicida 45enne-Salgono a 171 i morti nel 2009

I familiari: si apra indagine.Giallo al carcere di Salerno. Tragica fine di un pregiudicato, aveva dato appuntamento alla figlia per Natale. Marco Toriello soffocato da una cinta che non si trova. Quindici giorni fa tentò di togliersi la vita.

Si sarebbe suicidato in carcere (venerdì 18) impiccandosi con una cinta, che ora non si trova, pochi giorni prima di tornare a casa agli arresti domiciliari. E la famiglia chiede chiarimenti su una morte che ritiene sospetta. Soltanto il giorno prima, Marco Toriello, 45 anni, di Eboli, aveva avuto un colloquio con la figlia poco più che diciottenne e le aveva chiesto di portargli capretto e patate per la vigilia di Natale, quindi dei soldi in contanti «per fare la spesa e festeggiare con gli amici anche il mio ritorno a casa». «Mi raccomando – aveva detto alla figlia – mercoledì arriva puntuale, ci facciamo una lunga chiacchiera e gli auguri».Insomma, un comportamento tranquillo che ha spinto la sorella di Toriello, Alfonsina, a presentare al magistrato Marinella Guglielmotti una richiesta di autopsia. La sua famiglia non crede al suicidio. E non ci crede neanche il legale, l’avvocato Nicola Naponiello, che da anni lo assisteva. La famiglia chiede soprattutto di chiarire alcuni punti oscuri dell’intera vicenda. Innanzitutto i segni sul corpo. Segni che, a detta di un perito di parte (il medico legale Panfilo Maiurano), sarebbero incompatibili con una morte persoffocamento.
Quindi i segni lasciati sul suo corpo dalla cinta (il mistero di quella cinta presente nella sua cella torna più volte nella vicenda, soprattutto dal momento che appena 15 giorni prima aveva tentato un altro gesto estremo poi fallito) sarebbero asimmetrici: più larghi avanti e più stretti indietro. E non solo: i segni della cinta non sarebbero all’altezza del mento ma nella parte bassa del collo.
Piedi e mani sarebbero dunque bianchi (altro particolare strano viste le cause del decesso) mentre su tutta la schiena e anche su parte del torace ci sarebbe un’enorme ematoma. Marco Toriello, inoltre, soffriva di uno stato avanzato di cirrosi epatica e, nonostante ciò, sarebbe stato sottoposto (secondo la denuncia presentata dalla famiglia) a un cura con antidepressivi.
A suscitare perplessità sarebbe stata anche la cronologia degli eventi che avrebbero preceduto la sua morte. Alle 19.30 Toriello avrebbe chiesto una coperta a un secondino. Alle 19.50 avrebbe parlato e scherzato con lo stesso secondino sulle condizioni meteorologiche, sull’abbassamento delle temperature.
Alle 20.05 sarebbe stato trovato morto. Secondo la ricostruzione fatta dalla polizia penitenziaria sarebbe salito sul ciglio del letto, avrebbe posizionato la cintura vicino alle sbarre e si sarebbe fatto scivolare fino a soffocarsi. Il tutto pochi minuti dopo essere stato visto vivo dal secondino.
Pochi, secondo la famiglia, viste le sue precarie condizioni di salute. Alle 00.30 la famiglia viene avvisata dai carabinieri. Le autorità penitenziarie danno appuntamento alla famiglia per le 8 del mattino a Fuorni. In realtà il cadavere era stato trasportato alle 23.40 all’obitorio del cimitero di Brignano, in custodia giudiziaria.
Dove tuttora si trova la salma. «Siamo rimasti tutti sconvolti per quanto accaduto – commenta il direttore del penitenziario di Fuorni, Alfredo Stendardo – era un uomo mite e di compagnia. Aveva superato con successo i colloqui psichiatrici. Non ce lo aspettavamo… Mezzora prima aveva chiesto una coperta…». Sulla presenza della cinta in cella, il direttore taglia corto: «Gli psichiatri avevano detto che stava bene, perché non doveva avere una cinta?»
Mercoledì la sorella di Marco Toriello, Alfonsina, alle 10 si presenta al carcere di Fuorni per un colloquio. Ma riesce vedere il fratello soltanto alle 13 e per soli dieci minuti. Le viene detto che Marco è a colloquio con un magistrato. Cosa che le viene confermata anche dall’uomo. «Mi ha chiesto di collaborare», le dice. Poi, dopo dieci minuti, va via: «Devo andare dal medico». «Non capisco il mio assistito di cosa dovesse parlare con il magistrato – commenta il legale della famiglia Toriello, Nicola Naponiello – e soprattutto in mia assenza. Non capisco per cosa dovesse collaborare, abbiamo chiesto di sapere chi sia questo magistrato». Su questo colloquio che ha insospettito la famiglia il direttore del carcere, Alfredo Stendardo, taglia corto: «Non posso rispondere a questo».
«Voglio vedere la cinta, il pm spero l’abbia vista: mio fratello non aveva cinte in cella. Ero io a portargli gli abiti: cinte e lacci non li facevano entrare. Gli avevano addirittura tolto le lenzuola dopo il primo tentativo di suicido, per poi ridargliele. Un tentativo per attirare l’attenzione, ce lo aveva confidato. Non si sarebbe mai tolto la vita. Era imbottito di medicinali antidepressivi e non riceveva le cure che gli spettavano per la malattia che aveva». Alfonsina Toriello è distrutta dal dolore ma molto lucida. «Avevo portato il risultato di alcuni esami che Marco aveva fatto: aveva i marker tumorali elevati, aveva bisogno di fare degli approfondimenti. Sono stati fatti? Chi sono gli psichiatri che lo curavano? Si può imbottire di medicine pesanti un malato di cirrosi epatica? Stamattina (ieri, per chi legge) ci hanno fatto aspettare fuori al carcere quando il suo corpo era già al cimitero. Abbiamo dovuto aspettare che i dirigenti facessero le ”loro cose” prima di poter parlare con loro. Non è normale. Era così contento di tornare a casa…

Published by RedNest dicembre 21st, 2009

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