lunedì 7 dicembre 2009

Piacenza antifascista in piazza per dire no alle intimidazioni

Nando Mainardi* Roberto Montanari**


Sabato 28 novembre a Piacenza un migliaio di persone ha sfilato per le vie del centro per manifestare il proprio sdegno e la propria incazzatura antifascista: qualche giorno fa un noto fascista della città ha accoltellato due ragazzi che avevano l'unica colpa, insieme a tanti altri, di stazionare davanti all'ingresso della Cooperativa Infrangibile, storico luogo della sinistra piacentina. Manuel Foletti, l'autore dei tentati omicidi, è stato arrestato poche ore dopo mentre i due ragazzi, fortunatamente, non hanno riportato ferite gravi. Dopo poche ore è stata convocata, presso i locali della Cooperativa, un'assemblea per decidere il da farsi. In questi anni, a Piacenza, c'è stata una vera e propria escalation nazifascista: si è cominciato con le scritte e gli atti vandalici (spesso e volentieri anche alla sede provinciale del Prc, che si trova nella stessa palazzina della Cooperativa Infrangibile), per poi passare alle aggressioni e alle botte e approdare alle coltellate. Avere vent'anni oggi a Piacenza e frequentare gli spazi e i luoghi della socialità di sinistra significa esporsi e rischiare. Si è deciso di organizzare in pochi giorni una manifestazione antifascista per dire basta alla violenza e alle intimidazioni.

Sabato 28 si è rivista la "sinistra diffusa" piacentina: tante facce e tante storie che, in questi anni, hanno intrecciato la propria militanza e la propria passione per poi, in alcuni casi, separarsi e allontanarsi. Ma sarebbe sbagliato leggere quel corteo con le lenti della politica "tradizionale". E anche una cosa immediata e facile, come una manifestazione in risposta all'ennesimo atto fascista, diventa in questa fase complessa e non scontata. Nelle riunioni e nei corridoi della sinistra istituzionale e moderata è cresciuta la richiesta di togliere la parola "antifascista" dai contenuti della manifestazione, perché l'aggressione sarebbe stata, secondo lorsignori, un atto violento generico e apolitico. La proposta non passa, ma la dice lunga sulla sconnessione tra il Pd - malgrado la "cura" Bersani - e i luoghi dell'opposizione sociale. Il sindaco di Piacenza Roberto Reggi si è presentato alla manifestazione e ci ha chiesto di riporre le nostre bandiere rosse perché, a suo dire, davano un colore politico all'evento. Udita la nostra risposta, il sindaco ha girato i tacchi e se n'è andato. Degno di maggior attenzione e riflessione l'atteggiamento di una parte dei manifestanti che, a sua volta, chiedeva che le forze politiche fossero visibili il meno possibile e che prendeva le distanze - così dicevano - da "ogni strumentalizzazione". Come pure l'insofferenza di alcuni settori del corteo verso gli slogan e i cori che evocavano una risposta violenta alla violenza fascista. Insomma: la frantumazione e le distanze attraversavano anche la manifestazione piacentina di sabato. Ma intanto eravamo in tanti.

Ora sta a tutti quelli che c'erano lavorare per la maturazione di un movimento antifascista ampio, accogliente e diffuso. E sta a noi di Rifondazione Comunista provare a capire qualcosa di più delle diversità presenti in quel corteo, perché la ricostruzione di un nesso con i movimenti e con i conflitti passa anche attraverso di qui.

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