domenica 14 febbraio 2010

Berlusconi smentito dai dati. Gli immigrati non portano criminalita'

DOSSIER. lo studio della Caritas che sfata luoghi comuni e pregiudizi sugli immigrati e smentisce clamorosamente Berlusconi.

CHI HA PAURA DELL'UOMO NERO
di Pietro Scaglione

La maggioranza dei reati è commessa dai cittadini italiani, mentre gli immigrati regolari non hanno affatto un tasso di criminalità superiore ai residenti. I clandestini proporzionalmente commettono più reati degli immigrati regolari, ma soltanto per la condizione di irregolarità, non per un fantomatico “dna criminogeno”.

A ristabilire la verità e a rendere giustizia ai migranti è una recente indagine “controcorrente”, promossa dall’agenzia “Redattore sociale” e realizzata dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes. Il rapporto (dal titolo “La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi”) sarà pubblicato integralmente all’interno della “Guida per l’informazione sociale 2010”, promossa dal Redattore sociale.
Il dossier della Caritas assume notevole importanza soprattutto dopo la bufera scatenatasi per lo slogan (“meno clandestini, meno reati”) utilizzato dal premier Silvio Berlusconi, durante una recente conferenza stampa sui provvedimenti antimafia del governo.

Il mondo cattolico, i volontari, i partiti del centro-sinistra, gli intellettuali e le associazioni hanno contestato la frase del premier, evidenziando che gli immigrati clandestini commettono un reato per la loro semplice condizione di irregolari (reato introdotto dal centro-destra e sommerso dalle accuse di incostituzionalità). Persino la Conferenza episcopale italiana è intervenuta per ricordare che gli immigrati delinquono, proporzionalmente, quanto gli italiani e che non esiste alcuna predisposizione “etnica” ai reati.

Il dossier della Caritas ridimensiona l’allarmismo sull’immigrazione, sin dalle premesse: non esiste, infatti, alcuna corrispondenza tra l’aumento dei cittadini stranieri e l’aumento dei reati in Italia. Mentre, tra il 2001 e il 2005, le presenze di immigrati regolari sono cresciute più del 100%, le denunce nei confronti degli stranieri sono aumentate soltanto del 45 % (meno della metà).

Nonostante le condizioni sociali e normative sfavorevoli, dunque, il “tasso di criminalità” degli immigrati regolari è sostanzialmente proporzionale al tasso di criminalità degli italiani: risulta superiore soltanto a livello giovanile, ma addirittura inferiore nelle fasce di età superiori ai 40 anni. Pertanto, se si tenesse conto delle condizioni socio-economiche più svantaggiose, la bilancia penderebbe senz’altro dalla parte degli stranieri.

Un discorso a parte meritano gli immigrati clandestini, che rappresentano i ¾ degli stranieri denunciati. Ma ciò non significa affatto che i clandestini siano “antropologicamente” predisposti alla criminalità. Infatti, la maggioranza dei reati commessi dai clandestini è legata alla stessa condizione di irregolarità. Se avessero il permesso di soggiorno, non commetterebbero il reato di immigrazione clandestina, non violerebbero la legge Bossi-Fini e le statistiche sarebbero ben differenti.
In particolare, la più alta incidenza degli stranieri riguarda le denunce per violazioni delle leggi in materia di immigrazione (87%) o per false dichiarazioni sull’identità (74%). Risulta, invece, bassissima l’incidenza degli immigrati nelle denunce per reati gravi come le rapine in banca (3%), gli assalti negli uffici postali (6%) e l’associazione per delinquere (10%).

Un altro capitolo della ricerca della Caritas riguarda la tematica del carcere, sulla base del dato ufficiale in base al quale circa il 35% dei detenuti è di origine straniera. Nonostante sia maggioritaria la presenza di italiani nei penitenziari (65%), il “tasso di incarcerazione” degli immigrati risulta superiore al “tasso di criminalità”, ovvero al numero di reati commessi. Per quale motivo?
La Caritas riconduce il problema sempre al fenomeno della clandestinità: il “tasso di incarcerazione” (similare per italiani e immigrati regolari) risulta più alto per gli stranieri irregolari, in quanto quest’ultimi possono usufruire meno degli arresti domiciliari e delle altre misure alternative alla detenzione.

La funzione “custodialistica” del carcere nei confronti degli immigrati risulta ancora più evidente se si considera l’alta percentuale di stranieri in attesa di giudizio (63%).
Il dossier della Caritas e dell’agenzia Redattore Sociale invita, dunque, ad affrontare il tema dell’immigrazione sotto l’aspetto dell’integrazione, piuttosto che sotto l’aspetto della repressione.

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