martedì 16 febbraio 2010

Denuncia un poliziotto del Cie, ora rischia l'espulsione in Nigeria

«Stavo dormendo nella mia stanza quando l'ispettore Addesso è entrato, si è avvicinato al mio letto e si è letteralmente steso sopra di me. Mi toccava dappertutto, mi palpava. Ho cominciato ad urlare: "Cosa stai facendo?"». Così comincia il racconto di Joy, la ventottenne nigeriana che accusa di violenza sessuale un poliziotto del centro di identificazione ed espulsione di Milano.

Tutto risale alla scorsa estate, pochi giorni prima della rivolta al Corelli del 13 agosto, scatenata dai detenuti quando furono informati che per legge la permanenza nel centro si allungava da due a sei mesi, che ha portato Joy e altri tredici migranti in carcere per incendio doloso, lesioni, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale.

Di quelle molestie pesanti Joy aveva parlato durante il processo per la rivolta. «In stanza con me c'era Hellen, che ha visto tutto. Le mie urla hanno fatto accorrere il direttore del centro. Quando è arrivato ha chiesto al poliziotto: cosa stai facendo? E Addesso ha risposto: stavo solamente scherzando...».

Hellen, nigeriana, ha confermato la versione dei fatti. Il capo della Croce Rossa, invece, ha smentito. Ecco perché Joy ed Hellen sono state controdenunciate per calunnia. Il giudice non ha creduto alle loro parole.

E ieri gli avvocati di Joy hanno depositato alla Procura di Milano una denuncia per violenza sessuale a carico di Vittorio Addesso. E' la prima volta che una detenuta nei Cie osa rivolgere una simile accusa agli agenti impegnati a mantenere l'ordine nei centri di identificazione ed espulsione.

Joy doveva uscire dal carcere di Como nella mattinata di ieri, scadeva il termine della pena a sei mesi comminata in primo grado. Ad attenderla c'era il comitato antirazzista milanese. E invece, forse per evitare questo incontro, la direzione penitenziaria ha deciso di anticipare la sua liberazione alle due del mattino. Una volante l'ha condotta direttamente alla questura di Como dove ha ricevuto un provvedimento di espulsione, infine al Cie di Modena dove nelle prossime ore dovrà affrontare l'udienza di convalida per l'allontanamento dall'Italia.

Con lei, ieri, sono uscite le altre quattro donne implicate nella rivolta al Corelli, e tutte, come Joy, sono state disperse in vari Cie: Hellen, la testimone della tentata violenza sessuale, e Florence sono state portate a Ponte Galeria; Debby a Torino; Priscilla nuovamente al Corelli. «Vogliono dividerle», commentano indignati gli antirazzisti milanesi, «e soprattutto vogliono dividere Joy da Hellen».

Fortunatamente i legali hanno potuto incontrare Joy qualche ora prima della scarcerazione dopo lunghi giorni di attesa, in quanto secondo la direzione del pentitenziario di Como la ragazza, improvvisamente, aveva revocato l'incarico agli avvocati Losco e D'Alessio - che la seguono dalla scorsa estate - per nominare due avvocati d'ufficio a lei completamente sconosciuti. Il cambio di nomina, però, non appariva in nessun registro o cancelleria di tribunale. Losco e D'Alessio hanno chiesto chiarimenti ai dirigenti del carcere comasco. Giovedì, finalmente, era stato chiarito l'equivoco - se di equivoco si trattava: Joy non aveva mai revocato l'incarico, era stato semplicemente un errore burocratico. Così ha potuto incontrare l'avvocato Losco, che ha verbalizzato il racconto sulle presunte molestie da parte dell'ispettore Addesso e che chiederà per la donna un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Il problema, infatti, è che Joy potrebbe subire l'espulsione in qualsiasi momento, nonostante debba affrontare il processo d'appello per la rivolta di agosto, il processo per calunnia e l'eventuale processo per violenza sessuale.

Gli antirazzisti hanno organizzato sit-in di protesta davanti ai Cie di Milano, Modena e Torino. L'eco della vicenda di Joy, che da Modena ha fatto sapere di stare bene, si è sparsa nei centri di identificazione ed espulsione e per questo alcuni migranti sono entrati in sciopero della fame a Milano, Torino e Ponte Galeria.

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