domenica 14 febbraio 2010

Il ritorno delle tangenti Milano

Soldi dentro a un pacchetto di sigarette intascati a due passi da palazzo Marino. Camillo Pennisi non si faceva problemi. Lui, che da consigliere comunale del Pdl fino a ieri presiedeva la Commissione urbanistica, intascava tangenti per agevolare pratiche edilizie. Lo hanno arrestato, ma davanti ai finanzieri non ha parlato. Solo si è limitato ad ammettere quello che un video ha reso evidente. Per il resto ha negato. Il sistema prima di tutto. Anche se il sospetto dei magistrati di Milano è che Pennisi, sfegatato tifoso del Milan, recluso in isolamento al quinto raggio di San Vittore, potesse contare su una rete di consiglieri amici. Bisognerà attendere.

Eppure in città oggi si annusa un'aria pesante che tanto ricorda quella del febbraio di diciotto anni fa, quando, dopo l'arresto di Mario Chiesa, franò la politica locale e a catena quella nazionale. Allora molti parlarono. Prima di tutto gli imprenditori costretti a pagare. Particolare sul quale attualmente fa affidamento la procura.

La vicenda Pennisi, però, appare oggi solo come l'ultimo atto di un brutta partitura che da tre anni lega tangenti a strani comitati affaristici-politici che toccano consiglieri comunali, assessori regionali e in alcuni casi personaggi vicini alla criminalità mafiosa. Ma c'è di più: c'è Expo 2015, torta golosa verso la quale le cosche hanno già iniziato i lavori di avvicinamento. Come? Sfruttando la politica, ovviamente, e aprendo società ad hoc per inglobare i ricchi appalti dell'Esposizione univerale. Un bel progetto che oggi sta prendendo corpo proprio in Consiglio comunale dove da mesi maggioranza e opposizione si danno battaglia sull'approvazione del Piano di governo del territorio. In poche parole: il vecchio piano regolatore che da queste parti non viene cambiato dal lontano 1984. Un fatto storico attorno al quale si addensano molteplici interessi.

L'ordine, dunque, è quello di vigilare. Anche perché la giunta cittadina presieduta da Letizia Moratti non è nuova agli scandali. Ad esempio le consulenze d'oro. Inchiesta del 2007 che apre la stagione nera della politica milanese. Allora, l'accusa nei confronti del sindaco fu quella di abuso d'ufficio per aver nominato troppi consulenti esterni. Oltre cinquanta rispetto a un limite di dieci e con stipendi enormi. Il 30 luglio scorso il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha chiesto per la seconda volta l'archiviazione.

Le falle dentro palazzo Marino, però, continuano ad aprirsi e così nel dicembre 2008 scoppia lo scandalo Zincar, società a partecipazione pubblica nata con il compito di investire nelle energie alternative. In quell'inverno la società fallisce lasciando un buco da 20 milioni di euro. Un crack dovuto a investimenti sbagliati e a costosissime consulenze fatte agli amici degli amici. Attualmente sul caso pesano tre esposti. Uno di questi porta la firma dello stesso ex presidente della Zincar e consigliere comunale del Pdl, vale a dire quel Vincenzo Giudice pizzicato ad alcuni incontri con il calabrese Giovanni Cinque, legato alle cosche della 'ndrangheta di Isola Capo Rizzuto. Il fatto, che fa parte di un'inchiesta in corso, apre inquietanti interrogativi anche sulla gestione della stessa Zincar, alla cui corte si sono abbeverati strani personaggi, come quel Fabio Ghioni, ex capo del Tiger team che lavorò per la security di Telecom ai tempi di Giuliano Tavaroli.

L'onda lunga della corruzione coinvolge anche la regione Lombardia. Ombre e sospetti si addensano su uomini della giunta presieduta da Roberto Formigoni, attualmente indagato per l'inquinamento in città. La vicenda è quella che fa capo all'imprenditore Giuseppe Grossi, il re delle bonifiche lombarde finito in carcere il 20 ottobre scorso con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alla frode fiscale e alla corruzione di pubblici ufficiali. In sostanza i pm lo accusano di aver accumulato in paradisi fiscali oltre venti milioni di euro di fondi neri provenienti dagli appalti per le bonifiche. Nella rete giudiziaria ci finisce anche l'assessore Pdl alla provincia di Pavia Rosanna Gariboldi, accusata di riciclaggio. Ma non è finita: la Gariboldi, oltre a essere moglie di Giancarlo Abelli, parlamentare Pdl e capo della segreteria politica del coordinatore del Popolo della Libertà Sandro Bondi, fino a poco mesi fa risultava in società (imprese immobiliari) con due assessori regionali della maggioranza, vale a dire Massimo Ponzoni (Ambiente) e Massimo Buscemi (Sviluppo sostenibile).

Per ora i rapporti tra Ponzoni e Buscemi con il comitato d'affari di Grossi restano solo sospetti. È ormai una certezza invece la corruzione dell'assessore regionale allo Sport e Turismo, Pier Gianni Prosperini, arrestato nel dicembre scorso per aver preso una tangente da 230.000 euro dall'imprenditore televisivo Raimondo Lagostena. Denaro fatto viaggiare estero su estero e finito su un conto svizzero. E tutto per un appalto da sette milioni di euro dato alla Profit group dello stesso Lagostena, patron di Odeon tv.

Nella vicenda si intreccia anche la campagna elettorale dell'attuale ministro della Difesa Ignazio La Russa che in parte sarebbe stata finanziata dallo stesso Prosperini. A confermarlo le intercettazioni di Giovanni Stornaiuolo, attuale consigliere provinciale del Pdl e storico bracciodestro in città di La Russa fin dai tempi del Fronte della Gioventù. Oltre vent'anni fa, la Digos di Milano così definiva Stornaiuolo: «Noto estremista di destra, violento, più volte indicato per il soggiorno obbligato».

Eccoli, dunque, i fatti e i misfatti della ex capitale morale d'Italia. Messi in fila fanno impressione. Eppure la città resta silente, quasi che la stagione di Tangentopoli abbia prodotto mortiferi anticorpi all'indignazione civile. A Milano oggi tutto si può fare, tutto si può corrompere. E così anche il gravissimo episodio del consigliere Pennisi rischia di infrangersi contro questo muro di gomma.

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