sabato 13 febbraio 2010

[GE] Ancora ombre sul G8, tra revisionismo storico e minacce

La notizia è stata già pubblicata nel nodo locale (qui e qui), ma merita maggiore eco...
in grassetto le falsità e le indecenze più lampanti da parte dell'esimio Manganelli (nomen omen), e più in fondo la notizia che gli agenti e i funzionari di Polizia imputati nel processo di primo grado per l'irruzione nella scuola Diaz durante il G8 avrebbero ricevuto pressioni e minacce dall'alto e perciò si sarebbero rifiutati di sottoporsi all'esame dinnanzi al Tribunale: robetta!

la visita del capo della polizia

«Genova fu aggredita e la polizia la difese»
Manganelli sul G8: «basta luoghi comuni sulle violenze». Il numero uno della polizia è arrivato in città insieme con il nuovo questore. Ma è stata una domanda sui due giorni di violenze nel luglio di nove anni fa a innescare la sua reazione

11 febbraio 2010
«Nel 2001, in due giorni di luglio di quell’anno, la città è stata attaccata. Sono stati attaccati i cittadini e le forze dell’ordine. Hanno difeso se stesse e hanno soprattutto difeso la città». Il capo della polizia Antonio Manganelli torna ancora una volta sul G8 genovese di nove anni fa. E lo fa con parole molto nette, molto dure. Lo fa spiegando che «Genova dovrebbe fare uno sforzo per guardare avanti, per non restare prigioniera di quei due brutti giorni». Ma poi non si sottrae alle domande e alle riflessioni su quei giorni. «Perché - spiega - si è data una lettura a senso unico di quel che è accaduto. Ma la realtà è molto più articolata e complessa. E parte da un dato incontrovertibile: nel 2001 Genova fu aggredita e da questa parte, dalla parte della forze dell’ordine, c’era chi l’ha difesa».
Ieri il capo della polizia è arrivato in città. Ha accompagnato il nuovo questore Filippo Piritore nei suoi uffici. Si è fermato a parlare con i suoi uomini. Poi ha parlato con la stampa. Ma è l’ultima domanda, quella sul G8 del 2001, a innescare la sua reazione: «L’aggressione che ha avuto Genova, che hanno subito le forze di polizia a Genova nel 2001, non è certo stata un’aggressione portata dalle forze dell’ordine ai facinorosi. Ma è stata un’aggressione portata dai facinorosi al noi, alla città e ai genovesi».

E i casi della Diaz, di Bolzaneto? «C’è stata forse, in alcuni casi, una risposta che merita il vaglio della magistratura, che saprà chiarire quali, se ci sono stati, comportamenti che hanno violato il codice penale. Noi aspettiamo con serenità l’esito degli accertamenti. Durano da nove anni, quindi non posso immaginare che siano accertamenti sommari e superficiali. Sono stati assolutamente approfonditi». Ma nello sforzo di guardare avanti, e non indietro, spiega il capo della polizia, «bisogna evitare che Genova resti prigioniera di qualche luogo comune e anche di qualche comunicazione mediatica sopra le righe. Che rischia di far dimenticare che Genova in quei giorni è stata devastata da migliaia e migliaia di persone. Persone che hanno messo paura. Che hanno seminato il terrore. Che hanno fatto guerriglia urbana. Non hanno solo avvelenato l’ordine pubblico: hanno fatto guerriglia».
Tutto avviene in un momento storico molto particolare: «Siamo nel 2001, siamo prima dell’attacco di Bin Laden alle Due Torri, siamo in periodo di grande preoccupazione riportate dai servizi di tutto il mondo su quel che poteva accadere. Ebbene: Genova è stata difesa. Se poi ci sono stati degli eccessi, se la magistratura giudicherà qualcuno colpevole, rispetteremo le sentenze. Così come sapremo gioire se altri nostri colleghi saranno assolti».

C’è tempo ancora per un flash. L’inchiesta che più crea imbarazzo alla polizia genovese, quella sugli agenti cocainomani in questura. «Mi auguro - conclude Manganelli- che si raggiunga presto la verità, perché servirebbe ad individuare le mele marce. Purtroppo nessuna categoria é indenne da questa piaga». Manganelli lo ripete tre volte, a voce alta: «Nessuna categoria». Poi riprende il filo: «Nell’eventualità che ci siano stati illeciti, firmerei con grande soddisfazione un provvedimento di destituzione per chi avesse fatto cose del genere. Perché la polizia non è questo, la polizia e’ un’istituzione trasparente che sa fare il suo lavoro».

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Agnoletto: «Da Manganelli parole gravi»

«Le dichiarazioni del capo della polizia Antonio Manganelli sono di una gravità inaudita, sia per il momento nel quale vengono effettuate, sia per il loro contenuto»: lo afferma Vittorio Agnoletto, ex portavoce del Genoa Social Forum, commentando quanto affermato ieri dal capo della polizia in merito al G8 di Genova. «Le parole di Manganelli - dice Agnoletto - arrivano infatti subito dopo le dichiarazioni del procuratore capo di Genova Pio Macchiavello e sembrano proprio confermare i gravissimi timori del magistrato, il quale, secondo quanto riportato da molti media, ipotizza che il rifiuto di testimoniare in aula da parte di molti dei 29 rappresentanti delle forze dell’ordine sotto processo per la mattanza della Diaz, sia il frutto di “una situazione generale di coartazione della volontà” e l’acquisizione a fini di prova dei verbali dei loro interrogatori avrebbe riguardato infatti anche e soprattutto le gravissime responsabilità dei loro diretti superiori gerarchici, fino ai massimi livelli della polizia».

«Manganelli - continua Agnoletto - finge di ignorare che decine di rappresentanti delle forze dell’ordine sono stati condannati in primo grado per le violenze della Diaz e di Bolzaneto, e che alcuni sono stati condannati in modo definitivo per episodi di violenza consumati nelle strade genovesi».
«Giustificando tutta l’azione delle forze di polizia .- conclude Agnoletto - conferma quanto come movimento abbiamo sempre affermato: non si trattava di qualche mela marcia, ma di un’azione pianificata dai vertici della polizia, con una ferocia e una violenza inaudita, che oggi infatti ne rivendicano la paternità».

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G8, processo appello Diaz: "Imputati minacciati"

Gli agenti e i funzionari di Polizia imputati nel processo di primo grado per l'irruzione nella scuola Diaz durante il G8, avrebbero ricevuto pressioni e minacce e per questo motivo si sarebbero rifiutati di sottoporsi all'esame dinnanzi al Tribunale. E' quanto ha detto il procuratore generale Pio Macchiavello, durante la lettura della relazione nel processo di secondo grado.

"Il rifiuto degli imputati di sottoporsi all'esame - si legge nel testo - è stato determinato da una situazione generale di coartazione della volontà: l'acquisizione a fini di prova dei verbali dei loro interrogatori avrebbe riguardato infatti anche e soprattutto le gravissime responsabilità dei loro diretti superiori gerarchici, fino ai massimi livelli della polizia. Tale rifiuto durante il dibattimento di primo grado - prosegue - avrebbe determinato l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in precedenza ai pm".
Al termine della lettura, il procuratore ha quindi chiesto la riforma della sentenza di primo grado, con pene più gravi per tutti i reati contestati. In primo grado, lo scorso nel novembre 2008, il tribunale pronunciò 13 condanne e 16 assoluzioni (tutti i vertici della polizia). Tra i vertici della polizia assolti ci sono Giovanni Luperi, ex vicedirettore Ucigos e oggi all'Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna); Francesco Gratteri, ex direttore dello Sco e attuale dirigente dell'Antiterrorismo.

La Corte si è riservata e comunicherà la decisione all'udienza del 17 febbraio





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