giovedì 4 febbraio 2010

Carceri. In 5 casi fratture giustificate con rianimazione

Carceri/ Manconi: In 5 casi fratture giustificate con rianimazione



Morti nei penitenziari, riportavano lesioni gravi

Negli ultimi anni sono cinque i casi in cui una frattura rilevata sul corpo di un detenuto morto in carcere è stata giustificata come l'effetto dei tentativi di rianimazione. A denunciarlo è stato Luigi Manconi del Comitato verità e giustizia per Stefano Cucchi, incontrando la stampa oggi in Senato. "E' stata depositata - ha spiegato Manconi - una nuova consulenza sul caso di Marcello Lonzi, morto a 29 anni nel carcere di Livorno nel 2003. Il nuovo documento lascia completamente irrisolti i profondi dubbi legati alle ferite al volto, alle tracce di sangue sullo stipite della porta e alle fratture alle costole e allo sterno. Secondo la consulenza le fratture sarebbero dovute ai tentativi di rianimazione. E' penoso - ha sottolineato Manconi - fare ironia su queste cose, ma o i rianimatori italiani sono molto pericolosi, oppure l'attività di rianimazione viene utilizzata per giustificare gli effetti di altro. Sono state spiegate in questo modo negli ultimi anni le fratture di cinque persone morte in carcere". "La vicenda di Lonzi - ha proseguito Manconi - potrebbe a questo punto arrivare all'archiviazione. Noi - ha annunciato - seguiremo con scrupolo tutti questi casi". "Quello delle carceri - ha continuato Manconi - è un sistema in crisi: nel 2009 si è registrato il numero più elevato di morti in carceri di tutta la storia repubblicana, oltre metà della quali dovute a cause da accertare. I soli suicidi sono stati 72, anche questo il numero più alto nella storia della Repubblica, e il 2010 si è aperto in modo altrettanto drammatico. Sette si sono tolti la vita in un solo mese". "Queste cifre - ha aggiunto - indicano il fallimento totale del sistema delle pene nel nostro paese, che è diventato una macchina di morte che non fa altro che riprodurre crimini e criminali".

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