martedì 2 febbraio 2010

Il nero dell'Alcatel

Una baracca di 50 metri quadrati nella zona industriale di Battipaglia. Tetto in lamiera e muffa sulle pareti, una patina verde-marrone intorno alle strette finestrelle fuori norma e nei bagni. Un unico piccolo varco d'accesso e dentro dieci postazioni di lavoro, materiale altamente infiammabile vicino a stufette elettriche e cartoni, scatole di pasta e di tonno tra circuiti stampati e componenti elettroniche, aspiratori difettosi che diffondono nella stanza fumi di stagno. Non è un laboratorio clandestino fuori dai confini della «civile» Europa ma il luogo di lavoro per operai del salernitano o, meglio, per la parte più debole, il terminale di un percorso che dai contratti a tempo all'Alcatel-Lucent li ha portati al lavoro nero alla Meditec srl di Claudio Rinaldi. Un blitz dei carabinieri giovedì scorso ha avviato l'inchiesta, a cui stanno lavorando anche la Guardia di finanza e l'Asl, ma a portarla alla luce sono stati gli stessi lavoratori dell'Alcatel e la Cgil di Salerno. Al momento del blitz all'interno c'erano quattro operai, due dei quali fuggiti alla vista delle divise, che assemblavano schede con il marchio della multinazionale franco-statunitense accanto ad altri siglati Meditel.
La dismissione e i nuovi soci
La storia comincia a settembre quando cinque operai si barricano nello stabilimento Alcatel con delle taniche di benzina. La casa madre sta progressivamente abbandonando gli impianti europei per delocalizzare in Cina. «Ha già venduto lo stabilimento di Maddaloni, nel casertano - racconta Antonio, trentasettenne laureato in informatica - e gli operai sono finiti tutti a casa, poi è toccato ai 450 dipendenti di Frosinone e anche in quel caso la vicenda si è conclusa con la chiusura dello stabilimento. Adesso tocca a noi e ai colleghi di Rieti». A Battipaglia sono in oltre 200 con il contratto a tempo indeterminato: 120 lavorano nel centro di ricerca e sviluppo, 85 circa alla produzione dei componenti per la trasmissione di informazioni attraverso la banda larga, adsl ma anche la tecnologia wi-max, cioè reti di telecomunicazioni senza fili. Lavoratori specializzati, affiancati da ingegneri e informatici in grado di sviluppare un mix di hard e software per British Telecom, Orange Telecom, Wind, per aziende israeliani, spagnole, norvegesi e persino cinesi. Una produzione che assicura utili per 80milioni di euro all'anno. Accanto a loro ruotano circa 150 interinali, alcuni di loro precari da oltre dieci anni, con contratti rinnovati ogni tre mesi. Nell'ultimo periodo il loro numero si è ridotto e i rinnovi, per i pochi fortunati, sono cadenzati ogni mese.La multinazionale vuole vendere. Così dai vertici milanesi viene messo a punto il piano utilizzando il management byout: una cordata composta per il 40% da sette manager dello stabilimento di Battipaglia, a cui l'azienda in alcuni casi si dice che presti i capitali in cambio dei futuri guadagni, e al 60% dall'imprenditore Pierluigi Pastore, che già in precedenza aveva concluso un affare simile con la stessa impresa, rilevando un ramo d'azienda per poi ricevere commesse dalla ditta madre, mettendo a lavorare gli operai a cottimo. Con il tempo il ramo d'azienda è diventata la Meditel, l'unica società a cui l'Alcatel fornisce i materiali in conto lavorazione nel salernitano. Per Pastore e soci il nuovo affare frutterebbe 250 milioni di euro in commesse per quattro anni, quando decrescono c'è sempre la vendita di strutture e suoli, all'orizzonte i progetti per la costruzione dell'interporto, intorno a cui dovrebbe ruotare la logistica dello scalo marittimo di Salerno, che dovrebbe spostare le attività commerciali verso Battipaglia e Pontecagnano. «Noi produciamo e facciamo ricerca - raccontano - ma le merci che girano, tra traffici e ditte di trasporto, sono un affare migliore per la camorra».
La scoperta della Meditec
A settembre, a protestare davanti ai cancelli Alcatel sono in tanti, quando la tensione diminuisce le ore d'attesa passano chiacchierando. Così cominciano a girare voci sempre più insistenti di colleghi precari che si arrangiano in uno strano capannone a duecento metri da loro. A portarli alla Meditec c'è un mediatore interno alla struttura, in agricoltura si direbbe un caporale, che li seleziona a partire da un requisito fondamentale, avere il sussidio di disoccupazione, condizione utile a tappare loro la bocca per evitare grane. Un requisito che impedisce di raccontare cosa significa lavorare tra muffe e fumi di piombo, senza alcun presidio antincendio, nemmeno un elementare estintore, in un prefabbricato con un'unica piccola porta, con un plaid sulle gambe per ripararsi dal freddo. La paga è di 25 euro al giorno in nero, come per i braccianti di Rosarno. I prodotti finiscono impacchettati nelle scatole di cartone Alcatel-Lucent e via sul mercato.Servono le prove e allora i lavoratori si organizzano per infiltrare una «spia», un collega con orgoglio professionale e consapevolezza dei diritti in un paese dove i controlli sul lavoro sono un diritto di là da venire. È la «talpa» che apre le porte ai colleghi con telecamere e macchine fotografiche, supportati dal sindacato, per documentare lo stato dei luoghi, mentre i carabinieri finalmente avviano l'indagine. «La cosa assurda - spiega Franco Tavella, segretario generale Cgil Salerno - è che tutto questo accadeva da tempo e nessuno ha fatto nulla. Mi domando dove fossero le istituzioni, perché chi è delegato al controllo non sia intervenuto prima. In quelle condizioni era probabilissimo che capitassero incidenti, anche molto gravi».In attesa che la Finanza chiuda l'inchiesta, si può provare a valutare i fatti, e i fatti sembrano dire che l'Alcatel paga, in base al costo di mercato, una serie di servizi alla Meditel ma l'azienda fa fare una parte del lavoro, a poco prezzo, a un laboratorio che sfrutta il lavoro nero (di proprietà della Meditec), violando le norme di sicurezza e di igiene. Una vicenda che sembra prefigurare cosa potrà accadere con la cessione totale della struttura al gruppo guidato da Pastore. «Non abbiamo nessuna intenzione di fare la fine dei lavoratori Meditec» ripetono i colleghi, agguerriti e preparati, e chi lo sa cos'altro possono escogitare per proseguire la ricerca nelle telecomunicazioni. La multinazionale è avvertita.
fonte:il manifesto

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